Declino e caduta del discorso pubblico in Italia
"Dio, quanto ti odio!"
Gli insulti tra Grillo e Orfini non sono che uno dei tanti segni di declino del discorso pubblico in Italia. Anche se, onestamente, da noi, il discorso pubblico, nel senso di civile legittimazione
dell’avversario e di condivisione delle istituzioni, non è mai decollato. Ad esempio, il Parlamento, come sede di confronto e compromessi,
non ha mai avuto molti simpatizzanti. Si potrebbe parlare di una vita stentata fin dagli
inizi. Piccolo ripassino? Sì.
L’Italia
liberale, visse, anzi sopravvisse, accerchiata da rossi e neri (socialisti e
cattolici). Fascisti e comunisti introdussero una visione bellica della
politica. Idem, gli antifascisti, soprattutto di sinistra. I democristiani, a loro volta, nel Dopoguerra,
smorzarono i toni, ma
non avevano senso dello stato, che
invece occuparono. Infine, negli Novanta e Duemila, con l’insorgere
dei populismi la situazione è
precipitata: praticamente si è ritornati alla visione bellica della politica, tipica degli anni Venti del Novecento, totalmente
estranea alla dialettica delle istituzioni rappresentative. Per dirla con i nonni latini, il populista (come il fascista e il comunista) agisce all’insegna
del mors tua vita mea, invece dell’idem sentire de re publica… Insomma, ci si muove come se il proprio partito
dovesse agguantare il potere per sempre, ricominciando da capo ogni volta dopo aver passato a fil di spada i prigionieri. Ad esempio, oggi, il M5S, come la Lega qualche anno fa, parla di rivoluzione - altro che medesimo concetto dello stato... - affiancato, nell'opera di distruzione sistematica dell’avversario
trasformato in nemico assoluto, anche da post-fascisti, post-berlusconiani, post-tutto.
La visione bellica della politica, a differenza di quella polemica del politico
(Freund), rifiuta l’idea di continuità istituzionale (attenzione, non solo costituzionale...) e
di contestualizzazione dell’avversario, confondendo il nemico del campo di battaglia con l’avversario del
conflitto politico-parlamentare.
Sotto
questo aspetto, Renzi resta l’unico politico che può incarnare, pur imperfettamente, un’alternativa
moderata e civile, a questa visione bellica della politica. Certo, lo stesso Renzi, talvolta esagera. Purtroppo, il declino del discorso pubblico, come civile confronto, è giunto così in basso, che nessuno sembra
restarne indenne.
Inoltre,
l’effetto (collettivo) di ricaduta di un discorso
pubblico di tipo bellico è fatalmente rappresentato, come sta avvenendo, da un elettorato in parte estremista e in
parte passivo perché disgustato o deluso. Ciò significa che minoranze violente, per ora solo verbalmente, potrebbero impadronirsi del potere addirittura
con il consenso indiretto di un
elettorato nella stragrande maggioranza anaffettivo, emotivamente “imbambolato”, come quelle
popolazioni civili, post-bombardamento aereo, che si aggirano frastornate tra le
macerie, incapaci di reagire. Nel nostro caso, macerie mediatiche. Perché i
mass media (social network inclusi) non fanno nulla per attenuare i toni, anzi... Per non parlare dei danni, in termini di psicologia collettiva, provocati dalla deriva giustizialista di parte della magistratura...
Certo, non sarà per domani. Però l’odio e il disprezzo per l’avversario non promettono nulla di buono.
Certo, non sarà per domani. Però l’odio e il disprezzo per l’avversario non promettono nulla di buono.
Carlo Gambescia
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