Il successo del M5S
Estremismo, malattia infantile della
politica italiana
Quando
si invoca una democrazia normale a proposito del sistema politico italiano, si solleva una questione storica di notevole peso. Quella della storica assenza
di una sinistra e di una destra normali, dal linguaggio pacato, mature, in grado di presentare proposte ben caratterizzate
all’elettorato e capaci di alternarsi al potere
nel reciproco rispetto dei ruoli.
Si
penserà, ecco il solito patito - chi
scrive - del mitico modellino
politico britannico. E sia. Ammissione di “colpevolezza”, la nostra, che però non sposta di una virgola la questione.
Si
pensi solo al linguaggio, fattore importantissimo nel discorso pubblico delle
democrazie rappresentative. Prendiamo ad
esempio le amministrative di domenica.
Chi ha vinto? Il M5S, un partito estremista
dal linguaggio apocalittico, teso a
delegittimare l’avversario, regolarmente trasformato in nemico politico, da cancellare. Ma cosa dire di personaggi come Salvini, disposti a favorire la vittoria dei grillini a Roma in odio a Renzi? Che l'Italia ha la destra che si merita. Del resto, oggi, si
tratta del "nemico assoluto" Renzi, che a dire il vero nelle sue repliche è altrettanto duro. Ieri, toccava a Craxi, liquidato dai
comunisti berlingueriani come fascista e quindi costretto, anch’egli, a difendersi da attacchi pesantissimi. Purtroppo,
la logica del linguaggio antisistemico, o se si preferisce dell’estremismo verbale, una volta adottata, assume forza propria ed è
difficile liberarsene. Per tutti.
Vogliamo
fare un altro passo indietro? La destra di Berlusconi era una destra normale? No. Il linguaggio del Cavaliere, era
altrettanto "delegittimizzante". Ma che
dire del linguaggio apocalittico della sinistra che lo contrastava? E cosa pensare della Democrazia Cristiana e del
Partito Comunista? Per i primi, i comunisti erano al soldo di Mosca; per i secondi, i democristiani erano servi degli americani. Insulti, che a
prescindere, dalla loro falsità o meno, hanno sempre innervato il linguaggio
politico dell’Italia repubblicana, caratterizzato dalla delegittimazione
dell’avversario e dalla sua trasformazione in nemico pubblico.
Per
contro, la democrazia parlamentare,
proprio per funzionare, aveva (e ha) una sua
logica, quella del pacato confronto e, quando occorre, del compromesso. Sicché
agli insulti pubblici non potevano ( e non possono) affiancarsi, come la vita
parlamentare impone - soprattutto nel lavoro delle commissioni, come dire, in “privato”
- mediazioni e accordi tra forze politiche, in “pubblico”, come invece si impone da noi, nemiche assolute.
Tuttavia
- ecco il punto fondamentale - il doppio
registro, per così dire, tra virtù pubbliche
(dell’insulto feroce)-vizi privati(dell’accordo, forzatamente, sotto banco), ha impedito la legittimazione, come dire “ufficiale”
dell’avversario (accettato però, obtorto
collo, in via “ufficiosa”). E, ciò
che è peggio, ostacolato la normalizzazione del sistema politico e in particolare dell’elettore
italiano, sempre in bilico tra persistente estremismo verbale da partito
politico anti-sistema e crescente astensionismo, frutto avvelenato dell'inevitabile sdegno verso
partiti che, come spesso capita di sentire, “dicono
una cosa e ne fanno un’altra”. Come se conciliare Lenin con Giolitti fosse la cosa più normale del mondo...
Concludendo,
in Italia la democrazia parlamentare (del resto siamo gli inventori del
fascismo…), fondata sulla legittimazione
dell’avversario, non è mai stata compresa, accettata e condivisa. L’estremismo,
malattia infantile della democrazia, e l’inevitabile
disgusto per il “tradimento” di promesse
irrealizzabili, sembrano purtroppo
essere ancora la norma. E il successo del M5S e le divisioni tra i suoi avversari ne sono l’ultima dimostrazione.
Carlo Gambescia
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