martedì 7 giugno 2016

Il successo del M5S
Estremismo, malattia infantile della politica italiana




Quando si invoca una democrazia normale a proposito del sistema politico italiano,  si solleva una questione storica  di notevole peso. Quella della storica assenza di una sinistra e di una destra normali, dal linguaggio pacato, mature,   in grado di presentare proposte ben caratterizzate all’elettorato e capaci di alternarsi al potere  nel reciproco rispetto dei ruoli.   
Si penserà, ecco il solito patito  - chi scrive -   del  mitico  modellino politico britannico.  E sia.  Ammissione di “colpevolezza”,  la nostra,  che però non sposta di una virgola  la questione.  
Si pensi solo al linguaggio, fattore importantissimo nel discorso pubblico delle democrazie rappresentative.  Prendiamo ad esempio  le amministrative di domenica. Chi ha vinto? Il M5S,  un partito estremista dal linguaggio apocalittico, teso a delegittimare l’avversario, regolarmente trasformato in nemico politico, da cancellare. Ma cosa dire di personaggi come Salvini, disposti a favorire la vittoria dei grillini a Roma  in odio a Renzi? Che l'Italia ha la destra che si merita. Del resto, oggi, si tratta del "nemico assoluto"  Renzi, che a dire il vero nelle sue repliche è altrettanto duro.  Ieri, toccava a  Craxi, liquidato dai comunisti berlingueriani come fascista e quindi costretto, anch’egli, a difendersi da attacchi pesantissimi.  Purtroppo, la logica del linguaggio antisistemico, o se si preferisce dell’estremismo verbale,  una volta adottata, assume forza propria ed è difficile liberarsene. Per tutti.   
Vogliamo fare un altro passo indietro? La destra di Berlusconi era una destra normale?  No. Il linguaggio del Cavaliere, era altrettanto "delegittimizzante".  Ma che dire del linguaggio apocalittico della sinistra che lo contrastava?   E cosa pensare della Democrazia Cristiana e del  Partito Comunista? Per i primi, i comunisti erano al soldo  di Mosca;  per i secondi, i democristiani erano servi degli americani.  Insulti, che a prescindere, dalla loro falsità o meno, hanno sempre innervato il linguaggio politico dell’Italia repubblicana,  caratterizzato dalla delegittimazione dell’avversario e dalla  sua trasformazione   in nemico pubblico.
Per contro,  la democrazia parlamentare, proprio per funzionare,  aveva (e ha)  una sua logica, quella del pacato  confronto e, quando occorre,  del compromesso.  Sicché agli insulti pubblici non potevano ( e non possono) affiancarsi, come la vita parlamentare impone - soprattutto nel lavoro delle commissioni, come dire, in “privato” -   mediazioni e  accordi tra forze politiche,  in “pubblico”, come  invece si impone da noi,  nemiche assolute.
Tuttavia - ecco il punto fondamentale -  il doppio registro,  per così dire, tra  virtù pubbliche (dell’insulto feroce)-vizi privati(dell’accordo, forzatamente, sotto banco),  ha impedito la legittimazione, come dire “ufficiale” dell’avversario (accettato però, obtorto collo,  in via “ufficiosa”).  E,  ciò che è peggio, ostacolato la normalizzazione  del sistema politico e  in particolare dell’elettore italiano,  sempre in bilico  tra persistente estremismo verbale da partito politico anti-sistema  e crescente astensionismo, frutto  avvelenato  dell'inevitabile sdegno verso partiti che, come spesso capita di  sentire,  “dicono una cosa e ne fanno un’altra”.  Come se conciliare Lenin con Giolitti fosse la cosa più normale del mondo...   
Concludendo, in Italia la democrazia parlamentare (del resto siamo gli inventori del fascismo…),  fondata sulla legittimazione dell’avversario, non è mai stata  compresa, accettata e condivisa. L’estremismo, malattia infantile della democrazia,  e l’inevitabile disgusto per il “tradimento” di promesse irrealizzabili,  sembrano purtroppo essere ancora la norma.  E il successo del M5S e  le divisioni tra i suoi avversari  ne sono l’ultima dimostrazione. 

Carlo Gambescia

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