venerdì 27 giugno 2025

L’urlo di Hegseth: quando il potere (paranoide) teme la parola





Vorremmo richiamare l’attenzione su un fatto importante.

Il vero punto da prendere in considerazione, in merito al recente attacco ai siti atomici iraniani, non è tanto quello dei danni arrecati – dunque della giustificazione militare in senso stretto – quanto la giustificazione, per così dire, metafisica fornita da Trump e corifei.

Parliamo di una spiegazione che non si fonda sull’esperienza, sulla logica, come accade in una conferenza stampa tecnica, dove – come ieri – il generale Dan Caine, capo dello Stato maggiore congiunto, ha illustrato al pubblico, “alla lavagna”, la dinamica dell’operazione.

No, qui siamo su un altro piano: quello di una comprensione più profonda e, per certi versi, più inquietante della realtà. Sempre ieri, il Segretario alla Difesa Pete Hegseth, al fianco di Caine, ha alzato la voce – fino a gridare come un ossesso – puntando il dito contro i giornalisti: “Voi, proprio voi, mentite su Trump. Non potete farne a meno, ce l’avete nel Dna, nel sangue. Sperate che fallisca” (*).

Ecco la metafisica. Una metafisica del male. Una condanna a priori del ruolo critico – e diremmo naturale – che la stampa, soprattutto negli Stati Uniti, esercita nei sistemi liberal-democratici.

Il problema, insomma, non è solo l’attacco, proditorio o meno, all’Iran. Il vero punto è il contesto illiberale al quale i trumpiani si richiamano per troncare ogni forma di critica, persino l’interrogativo più timido: il contesto della negazione, aperta e spudorata, della libertà di stampa.

Biden, Obama, i due Bush, Clinton, Reagan, Carter, Ford: nessuno di loro si è mai spinto a tanto. Nemmeno Nixon – pur con le sue ben note propensioni illiberali – arrivò a bollare, in un contesto formale, la stampa come nemica della democrazia. Anzi, si dimise. Accettò, da “cattivello”, le regole del gioco.

E volendo andare ancora più indietro, si scopre come, pur con tutti i limiti, l’establishment americano abbia sempre mostrato, quantomeno formalmente, rispetto verso la libertà di stampa. Quando sbagliava, tornava sui propri passi, sotto la spinta delle prime reazioni politiche e giornalistiche.

Tutto bene, dunque? No, perché accanto alla grande tradizione liberal-democratica americana ne esiste un’altra: più sotterranea, minoritaria, ma pericolosissima.

Una tradizione che riaffiora nei momenti di crisi reale o percepita: l’odio verso la stampa libera, alimentato da un immaginario populista, complottista, e di estrema destra. Quel filone che il grande storico Richard Hofstadter definì “politica paranoide” (**).

Hofstadter cita – tra gli altri – l’anti-massoneria ottocentesca, l’anticattolicesimo, il maccartismo, la John Birch Society, e certe forme di populismo radicale.

Fenomeni che riconduce a un preciso paradigma, che si regge su cinque pilastri: 1)Sospetto ossessivo verso presunti complotti; 2)Dualismo morale (bene assoluto contro male assoluto);3)Retorica apocalittica e tono messianico;4)Personalizzazione del nemico, con tratti demonizzanti; 5)Paura della perdita del controllo da parte del gruppo dominante (di solito reazionario, antimoderno).

Non è difficile cogliere come l’odio verso la libertà di stampa – vera pietra angolare della modernità politica – espresso da Pete Hegseth, rientri in pieno in tale cornice paranoide.

Un odio che ci riporta a un evento emblematico di questa “metafisica paranoide”: l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, compiuto da sostenitori di Trump e da lui stesso istigati.

Un’azione motivata dalla convinzione – delirante – di un’elezione rubata da una cospirazione globale. Un incubo politico, nutrito da una narrazione messianica (“salviamo l’America”), da simboli millenaristici, bandiere confederate, croci cristiane, slogan di QAnon.

In sintesi: il conservatorismo sano rispetta le istituzioni. La politica paranoide le respinge, le considera corrotte. Ed è in quest’ultima che si collocano Trump e seguaci. Non è un caso che molti conservatori classici si siano dissociati da lui.

Dunque, lo ripetiamo: il trumpismo, lungi dall’essere un’anomalia, è perfettamente in linea con lo stile paranoico analizzato da Hofstadter già negli anni Sessanta.Le vere novità sono altre: 1) La volontà di potenza strabordante di Trump; 2) La potenza dei media digitali (TV, social, algoritmi); 3) La radicalizzazione online; 4) La trasformazione dello stile paranoide in elemento dominante del Partito Repubblicano.

Pertanto è di questo che bisognerebbe parlare: della metafisica paranoide. Non (o almeno, non solo) delle superbombe del generale Caine.

Per dirla con una metafora (quasi) classica: guardare alla Luna, non al dito.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.dire.it/26-06-2025/1162862-le-bombe-sono-esplose-la-surreale-conferenza-del-pentagono-che-non-puo-smentire-trump-video/ .
(**) R. Hofstadter, Lo stile paranoide nella politica americana, in A. Campi e L. Vasarano (a cura di), Congiure e complotti. Da Machiavelli e Beppe Grillo, Rubbettino Università, Soveria Mannelli (CZ), 2016. Ora, anche Adelphi, Milano 2021.

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