giovedì 19 giugno 2025

Il mondo brucia, il Papa tace

 


Tutti i riflettori sono accesi su Trump. Che farà? Entrerà in guerra contro l’Iran affiancando Israele? Oppure no?

La foto di un obeso ( o quasi), violento e prepotente, ghignante, con un ridicolo berrettino Maga, calcato in testa, campeggia su tutte le prime pagine.

E il Papa, Leone XIV, fisicamente l’opposto di Trump, che sembra scomparso dalle cronache, che fa? I cattolici, poverini, a chi possono indirizzare i messaggi di pace?

Dicono, che il Papa riposi. Che passeggi addirittura tra i giardini di Castel Gandolfo. Ieri, sembra abbia accennato alla necessità della pace, ma in un contesto generalista. Come se su Teheran piovessero ciambelle zuccherate. In realtà si è trattato solo di una breve visita alla storica residenza estiva dei papi. Un micro presa di possesso. Dopo i furori pauperistici di Francesco, forse Leone XIV vi trascorrerà un periodo di riposo in estate.

A Los Angeles, le proteste si trasformano in scontri violenti tra manifestanti e forze dell’ordine. L’ICE conduce operazioni che suscitano interrogativi non secondari sul rispetto della dignità umana. In Medio Oriente, Israele e Iran sono ormai in guerra. Conflitto che potrebbe incendiare l’intera regione, coinvolgendo attori globali. Trump, come dicevamo pensa di intervenire… E il Papa? Tace. Oppure parla d’altro.

Attenzione, non siamo pacifisti, come il lettore ben sa. Qui non si tratta di aspettarsi da Leone XIV discorsi infiammati. Nessuno pretende che si riduca a un Don Chisciotte della diplomazia morale. Ma, ecco il punto interessante, una istituzione sociale — e la Chiesa cattolica lo è, e tra le più antiche — ha un compito funzionale, una finalità storica. Per usare una parola grossa: offrire una cornice di senso, e se possibile, di giustizia a milioni cattolici. La “cornice” può non piacere, a noi non piace, però, sociologicamnete parlando, deve esservi. Soprattutto, quando la storia si incupisce.

Perché non parlare? Perché non nominare ciò che accade? Perché questa astensione, questa cautela eccessiva? Si dirà: prudenza diplomatica, quella tradizionale. Ma allora che differenza c’è tra un Pontefice e un Segretario generale dell’ONU? O peggio, tra un Vicario di Cristo e un consigliere privato di un governo?

C’è una cosa che si chiama dilemma delle istituzioni. Cioè una istituzione non può essere altro che se stessa. Per capirsi, magari brutalmente: sei Chiesa, devi comportarti da Chiesa, quindi predicare la pace sempre, o almeno salvare le apparenze. Non si può essere al tempo stesso Chiesa e dicastero degli Esteri di Castelgandolfolandia. Si deve scegliere. E una Chiesa, che sia tale, deve sempre scegliere di essere Chiesa. Altrimenti si finisce per dare ragione al grande scrittore ucronico Guido Morselli che in Roma senza papa, si inventa un papa Giovanni XXIV, un prete irlandese che abbandona Roma e si trasferisce a Zagarolo, favorendo intorno alla Chiesa un clima di smobilitazione.

Insomma, il Papa – e la Chiesa ovviamente – non può essere il semplice notaio silenzioso del nulla. Se la guerra incalza ha il dovere di parlare di pace. Non nel senso ingenuo del “Peace and Love” ma del riconoscimento del diritto e del limite, di ciò che può ancora essere salvato in termini di umanità, ordine e giusta pace.

Alla notazione sociologica qui sviluppata dell’istituzione che, se non vuole snaturarsi (essere altra cosa), deve restare tale, ne va aggiunta un’altra che rinvia al realismo politico. Quale? Che non esiste neutralità assoluta. Esiste invece il senso di responsabilità. E se la Chiesa vi abdica, rifugiandosi nell’impenetrabilità, magari addolcita con il postmoderno glucosio del simbolismo e della metafora, rinnega se stessa.

Qui non contano le buone intenzioni. Conta capire quale ruolo intende assumere la Chiesa nel mondo di oggi. Perché se Leone XIV continuerà a tacere mentre la storia torna a farsi tragica, sarà legittimo chiedersi se Castel Gandolfo — anche simbolicamente, anzi soprattutto — non rischi di diventare l’eremo dorato di un’istituzione che ha smarrito il senso del proprio ruolo.

E allora sì, con amara ironia, qualcuno inizierà a chiamare Leone XIV “il cappellano di Trump”. Ma non perché benedica direttamente le guerre o le deportazioni stellate. Piuttosto perché, tacendo, lascia che altri dicano sempre l’ultima parola.

Si dirà che sarebbero sempre e comunque solo “parole”. Certo, però non siamo stati noi ad asserire che l’uomo non vive di solo pane, ma uno dei "Padri fondatori", Matteo: Vangelo, 4, 4, dove si legge: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.

Carlo Gambescia

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