sabato 17 settembre 2022

“Bombe d’acqua”, statalismo e socialismo

 

 


 

Ciò che stiamo per dire può apparire cinico, comunque fuori luogo perché sono morte alcune persone. Per carità, massimo rispetto per le dieci vittime – come si legge – della “bomba d’acqua” di Senigallia. Le nostre sincere condoglianze alle famiglie.

Per inciso, l’uso del termine “bomba d’acqua” molto diffuso, fa pensare a una guerra climatica in corso… Quando si dice il caso… Ovviamente, per le guerre vere citofonare agli ucraini.

E qui veniamo al punto: i clamorosi titoli dei giornali di questa mattina (per non parlare della Rete). Sembra che su tutta l’Italia si sia abbattuta una tragedia epocale. Per carità, non è stata una passeggiata per i residenti. Però 150 sfollati, a livello di cifre, non sembra un dato epocale.

Perché questo atteggiamento?

In primo luogo, la propaganda ambientalista ed ecologista è così capillare che qualsiasi forte precipitazione piovosa, anche se localizzata, si trasforma in caso nazionale.

In secondo luogo, viviamo in una società socialista senza saperlo. Vivere in una società socialista significa appellarsi in ogni momento all’intervento dello stato.

Pertanto, ambientalismo e statalismo dettano legge. Il che significa che la gente comune, se ci si passa la semplificazione, non apre più l’ombrello da sola, ma pretende che lo stato, in nome della difesa dell’ambiente, lo apra a ogni singolo cittadino, anche nel solo caso della minaccia di pioggia.

Si rifletta. Per dirla in “amministrativese”, le autorità locali – parliamo di Senigallia – hanno subito criticato le autorità centrali perché non sono state allertate. In altri casi, quando le autorità centrali – il prefetto per capirsi – hanno dichiarato in anticipo lo stato di allerta, subito, da parte delle autorità locali, si è gridato all’esagerazione.

Il vero punto però non è la tempistica dell’allerta, ma la pretesa che si possano prevedere le “bombe d’acqua”. Il male socialista è nell’ l’idea, assistenzialista che lo stato debba dire al cittadino quando aprire l’ombrello o no. Il che è praticamente impossibile. Eppure l’idea che circola – idea socialista, ripetiamo – è che è giusto che lo stato eccetera, eccetera.

E lo stato, come la sciagurata monaca di Monza, risponde, felice di poter allungare gli artigli sulla società civile. Poi magari non succede nulla. Però intanto la società si statalizza: si approvano, regolamenti, si istituiscono controlli, eccetera, eccetera. Ci si preoccupa dell’applicazione dei regolamenti e non della libertà sempre più ridotta dei singoli, che ormai da perfetti schiavi considerano le catene come un fatto normale, addirittura a fin di bene. Si chiama socialismo delle vittime inconsapevoli.

Inoltre, come del resto sta avvenendo, anzi è già avvenuto, quanto più si enfatizza la questione ambientale-ecologica, tanto più si favorisce l’ulteriore estensione dei poteri dello stato e, ripetiamo, del socialismo degli inconsapevoli.

Un circolo vizioso, alimentato dal tono apocalittico dei mass media tradizionali e non, come ben mostrano le prime pagine di oggi.

Poveri noi, non moriremo annegati. Moriremo di statalismo. E di socialismo.

Carlo Gambescia

 

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