Vi è mai capitato di sognare qualcosa di veramente bello? Diciamo anche di piccante. Essere lì a un passo… E poi all’improvviso scoprire che la principessa che sta per cadervi tra le braccia è una strega con un porro enorme sul naso adunco. Insomma il classico sogno che si tramuta in incubo…
Fuor di metafora: finalmente è accaduto quel che sognavamo da tempo: è uscita la nuova edizione della Sociologia del partito politico nella democrazia moderna di Roberto Michels (Oaks Editrice). Evvai… No contrordine.
Diciamo subito che parlare di nuova edizione è parola grossa. Perché il testo è pari pari quello del 1966, uscito per i tipi del Mulino, Officine grafiche il Resto del Carlino. Anche l’introduzione è quella che uscì allora, opera di Juan José Linz, politologo insigne per carità, ma si tratta di un testo scritto quasi sessant’anni fa, quando andava in scena il dibattito tra funzionalisti e comportamentisti. Per capirsi: si cerca la fermata di una linea di autobus che hanno soppresso da anni. Come direbbe il Belli: “anticaja e petrella”.
Però una novità c’è: il porro sul naso adunco. Ossia l’ inconsistente nuova introduzione di Gennaro Sangiuliano. Capito? Si gareggia con Linz. Anzi ridicola: si arruola Michels tra i nemici del “cancel culture” e tra gli amici del presidenzialismo, solo per dirne due.
Un giornalista che di scienza politica e sociologia non sa nulla. E infatti se la sbriga in poche pessime paginette. Ma che cosa attendersi da chi ha scritto due biografie celebrative di Trump e Putin? Roba da un euro al pezzo al mercatino sotto casa?
Sangiuliano è di provenienza missina e post missina, già vicino a uomini rappresentativi di An, e da qualche anno organico direttore del TG2, quindi non sgradito a Meloni e Salvini. Altri due che conoscono Michels a memoria… Presi tutti e tre è una bella lotta.
Nell’introduzione, visto che il Gatto e la Volpe vanno sempre insieme, Gennaro Sangiuliano alla sociologia di Michels affianca la socio-astrologia di Marcello Veneziani, evidenziando la profondità – roba da ridere…- delle ipotesi formulate dall’intellettuale di Bisceglie in quel capolavoro della scienza politica mondiale che è La rivoluzione conservatrice in Italia: un confuso libercolo statalista ritoccato tre o quattro volte da Veneziani in base alle alchimie interne, prima al Movimento Sociale, poi alle maggioranze di centrodestra che si sono succedute negli anni.
Gli specialisti sanno che esistono due Michels, lo studioso delle oligarchie politiche, autore della Sociologia del partito politico, e il successivo (dieci anni dopo) ammiratore di Mussolini e del fascismo come sostituzione di una aristocrazia politica a una oligarchia corrotta, ovviamente liberale. Ed è questo, l’ultimo, il Michels che piace a fascisti, neofascisti e post fascisti. Che ora si cerca di contrabbandare quale antesignano della repubblica presidenziale, come pretendono Sangiuliano e Veneziani, il Gatto e la Volpe.
Per contro la sociologia liberale scorge in Michels un teorico della circolazione delle élites politiche, nel senso dell’alternanza parlamentare ed elettorale tra maggioranza e opposizione come antidoto al potere oligarchico: questa appunto la lezione di Sartori nemico giurato, e giustamente, di ogni forma di cesarismo, mussoliniano e non.
Tuttavia, altra cosa nota agli specialisti, tra primo e il secondo Michels esiste un trait d’union: quello di una visione costruttivista della politica, cesarista. quindi antiliberale, fondata sul ruolo interventista dello stato. Visione che accomuna fascisti e comunisti, come pure i molti sostenitori post fascisti e post comunisti dello stato sociale e della spesa pubblica o gogò . E qui si chiude il cerchio della “rivoluzione conservatrice”: nelle sale d’aspetto della Case della Salute delle ASL. Con Giulio Cesare pugnalato dagli assistiti, sudati e stanchi di attendere.
Insomma, comunque la si metta, una pessima operazione editoriale, se si pensa a due gioielli come gli Scritti Politici di Mosca, curati dal compianto Giorgio Sola, o al Trattato di sociologia generale di Pareto, approntato da Giovani Busino. Michels è un pensatore della stessa levatura e non si meritava un Sangiuliano qualsiasi: un analfabeta politologico. E poi servono le note critiche, gli aggiornamenti bibliografici, insomma tutto quel corredo scientifico che impone un classico della scienza politica. Non la corte dei miracoli di una destra incompetente e superficiale che persevera nello sprecare occasioni del genere.
Un Michels da incubo. Che vergogna.
Carlo Gambescia
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