Sblocco delle pensioni/ I debiti pubblici, in Italia, non si pagano
Cattive
abitudini
di Teodoro
Klitsche de la Grange
Non ha torto Renzi a sostenere che buona parte
dei problemi che affliggono oggi l’Italia sono frutto di scelte errate e/o
miopi e/o inopportune dei suoi predecessori. Il debito pubblico è frutto in
misura prevalente delle politiche distributive della “prima repubblica”; come
la mancata riduzione di quello, la de-industrializzazione, l’incremento della
disoccupazione dell’inadeguatezza della classe dirigente della “seconda
repubblica”.
La mancata riscrittura della Costituzione e la
mancata riforma dell’amministrazione e della giustizia poi, sono costanti,
ascrivibili ai governi sia della prima che della seconda repubblica.
Ma mentre il Presidente del Consiglio diceva
(parte) di quanto prima scritto, era pubblicata da “Panorama” un’intervista
dell’ambasciatore americano in Italia, il quale spiegava che la riottosità degli
imprenditori americani ad investire in Italia era dovuto al pessimo
funzionamento della giustizia italiana, alla scarsa efficienza
dell’amministrazione, alla cavillosità e complessità della normativa
tributaria. In sostanza tutte riconducibili all’inefficienza globale del potere
pubblico. Occorre tuttavia chiedersi se la terapia di Renzi sia coerente alla
diagnosi.
Proprio in questi giorni abbiamo a che fare con
un problema – quello della sentenza 70/2015 della Corte Costituzionale sul
blocco dell’aggiornamento delle pensioni – risultato di (uno dei) comportamenti
spesso ripetuti in passato, ovvero che i debiti pubblici, in Italia, non si
pagano, ma se ne rinvia il pagamento. Per cui ovviamente crescono o riappaiono,
come nel caso del blocco pensionistico. Disposto da un governo (quello Monti)
che la stampa aveva spacciato come la versione attuale della sofarchia di
Platone, e che invece si è rivelato cultore della prassi del rinvio, del tirare
a campare, della miopia finanziaria-amministrativa, di guisa da rivalutare gran
parte dei governi della prima repubblica.
Le indiscrezioni comparse sulla stampa dei modi
per pagare il debito pensionistico “sommerso” dal Governo Monti e “riemerso”
sotto quello Renzi, appaiono purtroppo assai coerenti con trent’anni di
finanza, occulta quanto allegra.
Secondo alcuni il maltolto sarebbe restituito a
solo una parte dei pensionati (le pensioni più basse tra quelle bloccate);
secondo altri si dilazionerebbe il pagamento in due (o tre?) esercizi (in fondo,
se non se ne abusa, è la soluzione più ragionevole e “corretta”); secondo altri
(ed è la soluzione peggiore) non si darebbe nulla, aspettando che i pensionati
facciano causa (in massa). Soluzione che, guarda caso, sfrutta a “beneficio”
(strettamente momentaneo) del potere pubblico l’inefficienza della giustizia
italiana. Uno Stato debitore è il primo “avvantaggiato” da una giustizia civile
ed amministrativa lenta, che ha interesse, quindi, a mantenere tale.
Ma se le soluzioni sono queste, la “terza”
Repubblica di Renzi somiglia troppo alla seconda ed alla prima.
Teodoro
Klitsche de la Grange
Teodoro Klitsche de la Grange è avvocato, giurista,
direttore del trimestrale di cultura politica “Behemoth" ( http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi
libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il
Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003),
L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009), Funzionarismo (2013).
Nessun commento:
Posta un commento