Una puntualizzazione sul referendum irlandese e sul matrimonio gay
Costruttivismo vs Spontaneismo?
Il mio post sul sì irlandese ai matrimoni gay ha
suscitato un interessante, vivace e tutto sommato civile dibattito (*). Che tuttavia, come capita su Fb, si è “sfilacciato”
in corso d'opera. Per quale ragione? Perché si è usciti dal “seminato” sociologico (descrittivo) per andarsi a incagliare in quello etico (normativo). Vorrei invece qui dimostrare che il "livello" sociologico consente di porre alcuni problemi fondamentali, sui quali è necessario riflettere.
Piccola premessa: sul piano
sociologico, possiamo individuare due precisi approcci alla conoscenza e all’’agire
sociale, costruttivismo e spontaneismo.
L’approccio costruttivista, come
dice la parola stessa, non crede nell’autonomia
del sociale: la società non è un farsi (da sola) ma un fatto (calato dall’alto). Ciò che è bene per il singolo
viene deciso e implementato dall’alto
verso il basso.
L’approccio spontaneista, come dice il termine stesso, si fonda sull’autonomia del sociale: la
società è un farsi, attraverso un processo evolutivo-selettivo. Ciò che è bene per
il singolo viene deciso e veicolato dal basso verso l’alto.
Diciamo che l’approccio
costruttivista, sul piano economico, corrisponde all’economia di comando mentre lo spontaneista alla mano invisibile.
Ora, dietro le culture (opposte)
che si scontrano sui matrimoni gay, quali tipi di approcci è possibile individuare?
Siamo dinanzi a due visioni
costruttiviste? Fino a un certo punto. Perché ad esempio la cultura di genere
indica nel divenire sociale la
riprova delle trasformazioni avvenute circa il giudizio delle persone sulle
famiglie omo Tuttavia, anche la cultura avversa, ad esempio la cattolica, designa nel divenire sociale, la prova provata dell’impermeabilità
della famiglia etero.
Allora? Diciamo che sono due costruttivismi che si dichiarano interpreti ultimi ( o "utilizzatori finali") dello
spontaneismo sociale. Un mix di
costruttivismo-spontaneismo. Detto
altrimenti, il processo evolutivo-selettivo del sociale (spontaneismo) viene in qualche modo piegato
all’implementazione dall’alto (costruttivismo).
Stando così le cose, dare ragione
agli uni o agli altri resta questione di valori e credenze personali nel senso
( e significato) della storia. Anche se - onestamente - va fatta un’osservazione, di non secondaria importanza. Il costruttivismo allo
stato puro non gode di buona fama, soprattutto
nella nostra epoca ( come mostrano gli orrori
del totalitarismo), dove i poteri dello stato tendono a dilatarsi in misura
crescente, favoriti dallo sviluppo tecnologico
e supportati dal principio di
legittimità democratica ancorato al voto di maggioranza.
Di qui, la necessità di tutelare
le minoranze dissenzienti, evitando derive costruttiviste. Ma come? Si pensi al referendum irlandese, i vincitori lo considerano una specie di giudizio di dio, inappellabile,
come quelli medievali. Già Tocqueville, come è noto, mise in
guardia contro i pericoli insiti nella tirannia della maggioranza. Però, si dirà, meglio i voti che le pallottole. Giusto. Tuttavia si dovrebbe avere il buon
senso (penso alle élite dirigenti) di non forzare, di evitare le forti contrapposizioni e soprattutto di non
porre - un minuto prima o un minuto dopo - la macchina statale dei diritti al servizio, per così dire, dello spoils system dei vincitori. Per contro si dovrebbe confidare nella spontaneità del sociale e nella capacità
dei singoli di capire liberamente, senza interventi dall’alto e politicizzazioni, ciò che è bene per se stessi.
Si tratta di un processo più
lento, complicato, e in definitiva più liberale.
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