giovedì 7 maggio 2015

Il libro della settimana: Michel Houllebecq, Sottomissione, Bompiani 2015, pp. 252,  Euro 17,50 (recensione a cura di Teodoro Klitsche de la Grange).

http://www.bompiani.eu/libri/sottomissione/



Questo romanzo è distopico. Si ambienta in una Francia con un Presidente musulmano eletto, per accordi di partito, nella Nazione simbolo della rivoluzione borghese. La descrizione della società occidentale moderna è puntuale: ed è difficile distinguere, se non per l’inefficienza pubblica italiana, la Francia del 2022 dall’Italia del 2015. E’ ispirato, come in altri romanzi di Houllebecq, da una visione nihilista della tarda modernità.
Il protagonista è un professore universitario solo (si direbbe disperatamente – ma non è così): in fondo si è adattato alla sua condizione di solitario, che da quindici anni non vede i genitori, è scapolo e dedito a rapide avventure con le proprie studentesse. Miryam, un’allieva ebrea che pare interessargli di più anche che per la sua abilità nel sesso orale, scappa con i genitori e va a vivere a Tel Aviv non appena si profila la vittoria del candidato musulmano. Rimasto ancora più solo il protagonista fa un giro nel sud della Francia: capita in un antico luogo di pellegrinaggio, Rocamadour “uno dei più famosi della cristianità” frequentato nel Medioevo da Re e Santi.
Alla vista della statua della Madonna si accorge che “ben altro si rappresentava, in quella statua severa, rispetto all’attaccamento a una patria, a una terra, alla celebrazione del coraggio virile del soldato; o anche al semplice desiderio infantile di una madre. Lì c’era qualcosa di misterioso, di sacerdotale e di regale che Péguy non era in condizioni di capire..”.
Tornato a Parigi e dopo essersi dimesso dall’Università, François, il protagonista, ci ripensa e dopo un lungo colloquio col nuovo Rettore (musulmano) della Sorbona, comincia a pensare di rientrare in servizio e convertirsi. Alla fine diviene musulmano.
Il romanzo è stato giudicato – ed è evidente -  una descrizione critica del nihilismo occidentale: la narrazione di Houllebecq è un’inequivocabile rappresentazione della decadenza della società contemporanea.
La causa del cambiamento (la Francia che diventa gradatamente musulmana) non è tanto la quantità degli immigrati o il fascino della religione islamica, ma che la civiltà occidentale abbia esaurito ogni capacità (pubblica, in primo luogo, ma anche privata) di coesione, aggregazione e motivazione sociale.
L’umanesimo occidentale, nella sua forma terminale ha un effetto demolitorio del “pubblico”    ossia della comunità, della di essa rappresentazione e della sua forma istituzionale: l’uomo non è più tale ma consumatore/contribuente/cittadino. Rivela ciò da un lato la descrizione nel romanzo dei centri commerciali e dei supermercati e di come cambino gli uni e gli altri dopo la vittoria del candidato musulmano, di guisa che il primo sintomo sensibile dello “changement” è quello: “l’abbigliamento femminile si è trasformato: le donne erano tutte in pantaloni. Il rilevamento delle cosce femminili, la proiezione mentale tesa a ricostruire la fica nella loro intersezione, processo il cui potere di eccitazione è direttamente proporzionale alla lunghezza delle gambe scoperte… gonne e vestiti erano scomparsi. Ma il consumatore è necessariamente un contribuente-amministrato (più che cittadino). Sempre al ritorno a Parigi François trova la  buca della posta “zeppa di varie comunicazioni amministrative, alcune delle quali avrebbero richiesto una risposta rapida. Il mantenimento di una vita amministrativa corretta esige una presenza pressoché costante, ogni spostamento prolungato rischia di mettervi in crisi con questo o quell’altro organismo, sapevo che mi sarebbero stati necessari diversi giorni di lavoro per rimettermi in carreggiata”  che è un piccolo gioiello sul tipo di rapporto intercorrente e pervasivo tra lo Stato amministrativo e l’utente. Nel contempo il contribuente - amministrato è sempre meno cittadino: il Presidente musulmano è espressione di una minoranza ed è eletto per accordi tra i politici. L’Europa destinata ad inglobare la Francia non ha i connotati istituzionali di democrazia.  Il lato attivo del rapporto di cittadinanza è venuto meno. L’opinione pubblica è manipolata in misura crescente “mi rendevo tuttavia conto, e oramai da anni, che lo scarto crescente, divenuto abissale, tra la popolazione e chi parlava in suo nome, politici e giornalisti, era destinato a portare a  qualcosa di caotico, violento e imprevedibile”.
Mancando una politica “forte” e vincoli comunitari sentiti il rapporto governanti/governati è soprattutto quello burocratico - amministrativo. Ma ciò priva di senso la vita pubblica più ancora di quella individuale: uno Stato ridotto ad esattore/amministratore è la realizzazione di quello che Tocqueville chiamava il dispositivismo mite e descriveva efficacemente, anticipando Houllebecq “vedo una folla innumerevole di uomini simili ed uguali che non fanno che ruotare su sé stessi, per procurarsi piccoli e volgari piaceri con cui saziano il loro animo. Ciascuno di questi uomini vive per conto suo ed è come estraneo al destino di tutti gli altri.” Il lungo colloquio di François col rettore della Sorbona Rediger (che lo convince a convertirsi) è decisivo. Sostiene Rediger che solo in Occidente Dio è morto “nel resto del mondo è in nome di tali questioni che gli esseri umani muoiono, si uccidono, scatenano guerre sanguinose, e questo sin dalle origini dell’umanità: è per questioni metafisiche che gli uomini si battono”. Occorre trovare un “mezzo per uscire dall’umanesimo ateo”: questo mezzo è l’Islam, dato che l’Europa è già da un secolo in decadenza “Quell’Europa che era il massimo della civiltà umana si è letteralmente suicidata nel giro di qualche decennio… e allora, da un capo all’altro dell’Europa, ecco i movimenti anarchici e nichilisti, l’appello alla violenza, la negazione di ogni legge morale”. Ma più ancora l’esito del romanzo, la conversione di François, ricorda la concezione di un altro intellettuale francese, il grande giurista Maurice Hauriou.
Si può leggere,al riguardo, questo romanzo come una delle opere sulla “morte di Dio”; ossia sulle conseguenze dissolutorie per la comunità della perdita del sentimento religioso. Hauriou scriveva oltre un secolo fa che i fattori di decadenza sociale sono due: il denaro e lo spirito critico.  Oggi avrebbe scritto il consumismo e il relativismo (o il nihilismo) adattandosi alla terminologia corrente ed alle relative sfumature di senso. Al termine di un’era (di una civiltà o una cultura, avrebbero sostenuto Toynbee o Spengler) il rinnovamento (l’inizio di una nuova era) avviene per due fattori di ricostruzione: la migrazione dei popoli e il rinnovamento religioso. Tale tesi ricorda proprio lo svolgimento del racconto di Houllebecq: la migrazione dei popoli (l’immigrazione musulmana è largamente minoritaria ma lo erano anche i Franchi e i Burgundi che occuparono la Gallia) e la conversione del protagonista. Anche perché, ritiene uno dei personaggi, i musulmani non possano abbracciare l’ateismo, e aborriscono la mancanza di una religione. Contrariamente a quello che molti credono, la perdita del sentimento e della identità di una comunità non può essere colmata da uno scetticismo dilettantesco (come lo definisce Hauriou). A ricostituire l’appartenenza e la solidarietà comunitaria può essere non “l’abolizione” del sacro, ma solo una rinnovata credenza in questo. Una nuova religione con innovante senso del sacro; il che cementa l’esistenza e la conservazione dell’ordine comunitario. Che si possa fare a meno di ciò, non solo Hauriou ma anche René Girard, tra gli altri, lo ritengono impossibile, perché la fede nell’assoluto fa parte della natura umana, così come l’assoluto c’è in ogni ordine politico (sovranità). Quindi uno scetticismo “ideologico” non può fondare e mantenere una comunità, al contrario di quanto pensano in tanti.
Sempre Rediger dice al protagonista, parlando di Histoire d’O, che tale racconto è percorso da una «passione, da un afflato che trascina. “È la sottomissione”….. L’idea  sconvolgente e semplice, mai espressa con tanta forza prima di allora, che il culmine della felicità umana consista nella sottomissione più assoluta… per me c’è un rapporto tra la sottomissione della donna all’uomo come la descrive Histoire d’O e la sottomissione dell’uomo a Dio come la contempla l’Islam”». È la sottomissione che salvaguarda l’ordine sociale.
Nel complesso   una distopia “politologica”, o meglio teologico – politica:
da una fede si passa solo ad un’altra fede, se si vuole andare da un tipo di comunità a uno diverso. Senza fede non c’è comunità politica.
                                                                                                            Teodoro Klitsche de la Grange


Teodoro Klitsche de la Grange è  avvocato, giurista, direttore del trimestrale di cultura politica “Behemoth" (  http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009),  Funzionarismo (2013).

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