La riflessione
Il corpo del cittadino
di Giuliano Borghi
Il consolidarsi dello Stato Moderno
Europeo, mentre da un lato riesce a porre fine alle guerre a giustificazione
religiosa e a normalizzare il conflitto civile, da un altro lato afferma la
concezione personale e patrimoniale
della Sovranità. Da quel momento la sovranità
sta nel corpo del re e il sovrano è
tale in quanto è il titolare e colui che esercita la sovranità. Il re
fornisce il suo corpo al regno ed è nel suo corpo e nelle sue mani che i diritti e gli interessi dei sudditi e i
diritti e gli interessi dello stesso monarca riposano uniti. Il monarca fa corpo con il regno, fa tutt’uno con la sovranità. E tale assolutezza rimane
anche quando dovesse ritenere, per un qualsiasi motivo, di affidare ai suoi politiques il temporaneo e parziale
esercizio del governo. I sudditi, a dire il vero, sono assenti e possono
solamente assistere come spettatori passivi alla maestosa recita della
sovranità sulla nuova scena del mondo. Si ha qui la prima sequenza della
concezione moderna della Sovranità.
Nell’autunno della forma assoluta
della Sovranità, si apre la seconda sequenza di essa, quella impersonale. Ora, con la Rivoluzione Francese , viene proclamato titolare della sovranità
il popolo.
Il popolo è una sola cosa, “popolo in corpo”, ed è tutt’uno con la sovranità
che è legittimato ad esercitare. Solo
che, mentre sotto il monarca il rapporto
tra re e sudditi era diretto e trasparente, ora questo rapporto continua a
sussistere, ma notevolmente offuscato.
Il popolo,
in effetti, è solo un nome astratto, che non coincide né con il singolo
cittadino, né con la somma dei
cittadini, e neppure con i suoi rappresentanti politici, anzi supera la loro
concretezza esistenziale al punto tale che se tutti dovessero scomparire, sopra
questo vuoto continuerebbe ad aleggiare il popolo
e l’impersonalità della sua potenza. Definiti “cittadini” e non più
sudditi del re, gli uomini del popolo continuano tuttavia ad essere sudditi,
formalmente titolari della Sovranità, ma nei fatti aggregato passivo ristretto
nella gabbia di uno spettro giuridico-finanziario. Sostenere che il popolo
ubbidendo alle leggi ubbidisce a se stesso è un mero artifizio retorico.
Formalmente lo Stato traduce giuridicamente il popolo, ma quelli che
prevalgono, e governano, sono gruppi ristretti che, proclamandosi
“rappresentanti”del popolo impongono i loro vizi privati come pubbliche virtù.
Lo Stato, è vero che legittima il suo principio nel “popolo” e attraverso la
legge giustifica la sua autorità su di esso. Ma il corpo concreto mediante il
quale vive, se non è più quello del re, non è neppure quello dei cittadini. E’
piuttosto l’insieme degli apparati politici, giuridici, militari, finanziari a
fornire il tessuto reale nel quale si reifica l’entità astratta dello Stato.
Più ancora, la dimensione patrimoniale della sovranità del popolo è stata recisa dal foro pubblico e consegnata,
nei penetrali privati delle banche e delle borse, nelle mani di affaristi e finanzieri per
costituzione e per statuto indifferenti alla res publica.
Il vero sovrano è unicamente colui che decide. Se al posto dei Cittadini sono ben altri a decidere, è evidente che è solo una
letale mistificazione affermare che in “democrazia” sovrano è il popolo, perché
giustificherebbe un sistema che il popolo, invece, uccide.
Occorre puntare, pertanto, ad una
ulteriore sequenza della sovranità,
che la veda incarnata nei corpi
concreti dei singoli cittadini, che
si fanno metafora organica della Città
e dove il presupposto dell’esistenza
dello Stato risieda nell’essere comunità
personale e patrimoniale dei Cittadini.
Sarebbe sufficiente porre come punti fermi
che:
. la proprietà dei beni dello
Stato venisse attribuita ai Cittadini
. il reddito del capitale dello Stato,
mezzo con il quale si rende reale il godimento della proprietà comune, fosse distribuito ad ogni
cittadino come suo pieno diritto soggettivo
.
la moneta divenisse proprietà dei cittadini all’atto della sua emissione
. la cittadinanza fosse un privilegio
civico che si deve meritare attivamente
e continuamente e che non si può acquistare, una volta per tutte, come una
carta di credito, o come mera conseguenza automatica di un ius solis e neppure di un ius
sanguinis.
Giuliano Borghi
Giuliano Borghi, docente di filosofia politica nelle università di Roma e Teramo. Ha pubblicato studi su Evola, Platone, Nietzsche, il pensiero tragico e la filosofia della crisi. Si occupa in particolare dei rapporti tra pensiero politico ed economico dal punto di vista dell'antropologia filosofica.
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