martedì 13 dicembre 2022

Liberalismo meloniano alla rovescia

 


Ieri Giorgia Meloni ha finalmente detto qualcosa di liberale? No. E spieghiamo perché.

La Meloni ha dichiarato che il governo non può intervenire sulle commissioni. 

Difesa del mercato? Neppure a parlarne. Infatti ha citato la Costituzione, (parliamo, detto per inciso, di una Carta semisocialista, quella “della Repubblica fondata sul lavoro"), asserendo che un servizio fornito (il pagamento digitale) deve essere retribuito (alla banca). Il che significa che la sua logica è di tipo lavorista non liberale.

In una società di mercato il prezzo e l’esistenza stessa delle commissioni è ancorato alle leggi della domanda dell’offerta. Punto. E comunque sia,  non è solo questione di retribuzione di un servizio: non parliamo di ticket e Asl.

Una concorrenza, che si rispetti, punta all’azzeramento dei costi e al conseguente abbassamento dei prezzi. Pertanto, ogni intervento governativo – ecco il punto fondamentale – turba la libera concorrenza. In realtà il mercato delle commissioni sulle transazioni digitali, a causa dei ripetuti interventi governativi, vincoli, tetti, obblighi al contante, è tutto eccetto che libero. Sicché la richiesta di abolire la commissione per legge non può che rappresentare la classica ciliegina sulla torta dello statalismo. O se si preferisce l’ennesima storiella interna a un stato padrone che decide di volta in volta ciò che è libero da non ciò non lo è. Cambiando idea continuamente.

Giorgia Meloni doveva parlare di concorrenza. Ma dal momento che la sua cultura non è liberale, non ha potuto non pontificare sulla Costituzione. Perciò su altri obblighi di legge, che incidono su altri obblighi, che correggono altre leggi, e così via. Statalismo applicato.

Ma questo limite culturale e politico si evince anche da un’altra asserzione sempre di ieri, di sapore ancora più socialista. Diciamo addirittura da manuale di quell’ ugualitarismo alla rovescia che sta mandando in rovina la selezione delle élite nelle nostre società.

A proposito del bonus cultura a tutti i diciottenni, Giorgia Meloni ha dichiarato, che “questi 500 euro al compimento dei 18 anni vengono riconosciuti a tutti, a prescindere dal reddito. Io penso che non ci sia ragione per la quale i figli di un milionario, di un parlamentare, mia figlia se domani compisse 18 anni, ne ha molti di meno. Penso potrei rinunciare ai 500 euro per comprarle dei libri o dei contenuti culturali. Credo che la stessa misura, concentrata su chi ha i redditi più bassi possa essere molto più impattante” (*).

Ora, un diritto o è  un diritto o non è più tale. Perché deve essere esteso a tutti, milionari o meno. Se lo si condiziona al reddito, come impone l’ugualitarismo alla rovescia del nostro tempo, siamo invece davanti a una visione classista della società, che è l’esatto contrario dell’uguaglianza dinanzi alla legge. Perché in questo modo un “ricco”, o comunque un soggetto ritenuto tale, in base tra l’altro a coefficienti reddituali di tipo socialista (quindi di parte), finisce per essere meno uguale, anche giuridicamente, degli altri. L’ugualitarismo alla rovescia è il nemico principale dell’uguaglianza davanti alla legge.

Può sembrare paradossale, ma le stupidaggini socialiste della Meloni riflettono l’idea distorta di un’uguaglianza che per essere realizzata impone che alcuni individui siano meno uguali degli altri. Una contraddizione in termini. Che indica l’enorme distanza che passa tra un socialista e un liberale.

In realtà, il problema nasce dall’invenzione socialista di alcuni diritti, i diritti “sociali” di terza generazione (dopo quelli politici ed economici), che inevitabilmente, per essere implementati, concretizzati insomma, devono togliere ad alcuni che meritano per dare ad altri che non meritano. In nome, ovviamente, della giustizia redistributiva di classe. In questo modo però – classico effetto perverso delle azioni sociali che si presumono buone – si va a colpire la selezione delle élite: perché i migliori si tirano fuori. Per quale motivo arrivare in alto se poi si viene additati come nemici di classe?.

Di conseguenza un Presidente del Consiglio che crede nell’ugualitarismo alla rovescia è tutto meno che liberale.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.agi.it/politica/news/2022-12-12/meloni-bonus-cultura-redditi-bassi-pos-19170676/ .

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