lunedì 12 dicembre 2022

Come si può spiegare il rap a un ayatollah?

 


Mentre in Italia maggioranza e opposizione giocano al bonus cultura per i diciottenni a Teheran gli studenti vengono impiccati senza tanti complimenti.

Che malinconia questa giocosa stupidità dell’Occidente.

Del resto, per parlare di cose serie, è assai difficile prevedere gli sviluppi della crisi iraniana. Come abbiamo già scritto (*) il paese ha vissuto una quasi modernizzazione tra gli anni Venti e gli anni Settanta del Novecento, fino alla caduta dello scià, quando calò su Teheran la pesante cappa tradizionalista della teocrazia ayatollah.

Una cortina così spessa fino a oscurare il tessuto civile ed economico. Infatti il vero punto della crisi iraniana è che, ammesso e non concesso si riesca a far cadere il regime fondamentalista, non esistono le condizioni sociali per costruirne e alimentarne uno di tipo nuovo. Manca, studenti a parte, la materia prima: i ceti produttivi e illuminati. Detto in altri termini: il regime attuale potrà anche essere abbattuto, ma resta difficile individuare una classe dirigente ( politica, economica e culturale), in grado di sostituirlo. Insomma, capace di riprendere il processo di modernizzazione intrapreso dai Pahlavi.

Un passo indietro. I limiti sociologici, quindi oggettivi, dello Sciismo sono legati alla sua turbolenta condizione di minoranza (oggi, circa il 15 per cento), storicamente costretta, per restare a galla, a puntare o sulla forza bruta, o sulla mitologia fondamentalista, o su tutte e due le cose insieme.

Sotto questo profilo il tradizionalismo degli ayatollah rischia di assumere un aspetto tragicomico, perché parlare il linguaggio della teocrazia a folle di giovani studenti che credono nella secolarizzazione del costume politico e sociale, evidenzia la totale incomunicabilità.

Una situazione che ricorda, se ci si passa la metafora forse inopportuna, quella gag di Carlo Verdone, travestito da vigile, che a gesti cerca di spiegare al turista straniero come arrivare al Colosseo.

Anche quei giovani tentano di spiegare a gesti, a un pugno di teocrati incalliti, la strada verso la modernità culturale. Il che, se non fosse per i morti e i feriti, sarebbe addirittura comico. O meglio tragicomico.

Qui andrebbe fatta una riflessione sull’idea stessa di tradizione. Lo Sciismo, nel corso dei secoli, sia per differenziarsi dall’Islam Sunnita, maggioritario, sia per una carica interna di violento estremismo di fazione o setta (come si evince in arabo dalla stessa sua denominazione), ha accentuato, della tradizione, gli aspetti esteriori, istituzionali, concreti, polizieschi.

Come? Non riconoscendo, ma in chiave prettamente sostitutiva, alcun potere esterno, se non quello di ispirazione religiosa. In questo modo non si è potuto non attribuire a un fitto e inturbantato personale religioso (dalla “suprema guida” in giù), un potere assoluto. Parliamo di una struttura teocratica, che si basa su un “teopersonale” che sotto varie denominazioni, in primis i famigerati ayatollah (ossia “segno di Allah”), attua il volere di dio generando, in progressione, un fortissimo potere istituzionalizzato che ha sgominato tutti gli altri

Con questo non vogliamo dire che il Sunnismo sia pragmatico-democratico (il Wahhabismo ad esempio è una sorta di Sunnismo radicale), ma che purtroppo i giovani studenti iraniani devono vedersela con una vera e propria struttura istituzionale che ha fagocitato la società iraniana, e che, per sociologico esprit de corps, non sembra disposta a cedere.

Diciamo che lo Sciismo iraniano, gode di un surplus sociologico-istituzionale di tipo militare-poliziesco che rende tutto più difficile. Per capirsi, nel 1979, in Iran, iniziò una rivoluzione alla Atatürk , ma di segno contrario. Oggi l’Iran, che protende i suoi artigli controrivoluzionari anche sull’Iraq, è l’unico e autentico bastione politico-militare dello Sciismo nella geopolitica islamica. E deve esserne all’altezza come impone la logica della situazione. Ecco perché, detto per inciso, resta molto pericoloso, anche per gli stessi Sunniti, che l’Iran si doti di armi atomiche.

Perciò per quei ragazzi rischia di essere dura. Molto dura.

Del resto, e qualcuno ha tentato, si pensi al cantante persiano Sasy, come si può spiegare il rap a un ayatollah?

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/il-vicolo-cieco-iraniano/ .

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