giovedì 8 dicembre 2022

Discorso pubblico e falsa retorica, i casi Nordio e Soumahoro

 


Che cosa significa affrontare seriamente, e in pubblico, le questioni politiche? Vuol dire andare oltre certa falsa retorica giudiziario-avvocatesca, quindi superficiale. In che modo? Affrontando le questioni per quello che sono e non per quello che dovrebbero essere secondo i desiderata ideologici. Quindi discutendole in profondità.

Facciamo un esempio. “Il Fatto” oggi attacca Nordio, Ministro della Giustizia, sulla riforma delle intercettazioni, e più in generale sulla riforma della magistratura. Quale argomento usa? Il più banale ed erroneo: l’argumentum ad hominem. Che rinvia a una delle principali forme di fallacia argomentativa: si prendono furbamente le distanze dal cuore della questione, mettendo in discussione non quanto asserisce l’interlocutore, quindi ciò che dice, ma l’interlocutore stesso, ciò che egli è: o meglio ciò che si presume che sia come avversario ideologico (*).

Si proclama che Nordio da giudice intercettava a manetta, e che perciò quando propone la limitazione delle intercettazioni si contraddice o comunque mente o commette un “peccato” di reticenza sul suo passato di “intercettatore”. Di qui la conclusione del “Fatto”, più o meno implicita, da arringa finale: quanto può valere, si lascia intendere, la “testimonianza di un bugiardo”? Tradotto: quanto può valere il progetto di riforma di un ex magistrato, bugiardo o reticente?

Insomma, invece, di ragionare sulle cose, nel caso il progetto di riforma, ciò che Nordio “dice”, analizzandolo in profondità, si scredita superficialmente la sua persona, “ciò che è” : un magistrato mentitore o reticente, ovviamente secondo il punto di vista del “ Fatto”.

Qui purtroppo si rivela la perversa forza della logica giudiziario-avvocatesca, ripetiamo, dell’argumentum ad hominem. Proprio come accade in tribunale quando un avvocato scredita un testimone di parte avversa, sventolando il suo pessimo certificato penale. Chi ha sbagliato una volta non può non sbagliare sempre…

Attenzione però: la stampa di destra (“Libero”, “La Verità, eccetera) usa lo stesso metro. Si pensi alle foto osè di “Lady Soumahoro” date in pasto ai lettori per screditare – ecco di nuovo l’argumentum ad hominem – il compagno. Infatti, come si lascia intendere, da chiunque viva, mettiamo, con una “cubista”, ci si può aspettare di tutto. Non sia mai… Godi popolo…

Aboubakar Soumahoro è di sinistra, Carlo Nordio di destra, ma l’argumentum ad hominem non cambia. Si screditano “compagnie” e comportamenti, per screditare “l’uomo” Soumahoro e l’ “uomo” Nordio. E di riflesso le idee. Chi ha sbagliato una volta non può non sbagliare sempre…

Purtroppo il dramma del discorso pubblico, non solo italiano, è questo: l’abuso nel ricorso all’argumentum ad hominem, che privilegia la sintesi superficiale rispetto all’analisi in profondità. Si pensi solo ai talk show politici e alle varie “piazze televisive”. Per non parlare dei social.

Per farla breve : al credito si preferisce il discredito.

Carlo Gambescia

(*) Ai lettori di buona volontà, per approfondire, consigliamo Irving Copi, Introduzione alla logica, il Mulino 1964. In particolare la prima parte (“Linguaggio”), sezione tre (Fallacie informali), pp. 69-72 (“Argumentum ad hominem”). Un volume che ci riporta ai nostri verdi anni, gli anni Settanta”, quando da giovani universitari ci confrontammo per la prima volta con le grandi questioni logiche, per scoprire che sono alla base di ogni forma di corretta argomentazione, anche in politica.

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