lunedì 19 dicembre 2022

Nazionalismo, moralismo e società aperta

 


Come si può rovinare una bellissima finale mondiale di calcio, attaccando la Francia e Macron? Eppure, anche questa volta, “Libero”, quanto a imbecillità nazionalista, non sembra essere secondo a nessuno (*).

Come si può, invece di fare politica, autoflagellarsi sulla questione morale, evocando addirittura il polveroso fantasma di Berlinguer? Eppure il“Domani” sembra persistere in questo gioco al massacro che rischia di paralizzate la sinistra riformista in una oziosa ricerca della famosa isola che non esiste (**).

Il discorso pubblico italiano sembra fermo alla fine dell’Ottocento: a Crispi e Cavallotti. Il primo gallofobo e imperialista, riscoperto e venerato dai fascisti, il nonno dello stato autoritario e di “faccetta nera”. Il secondo un censore implacabile da un duello al giorno. Semplificando, una specie di Travaglio ante litteram, ma spadaccino vero. L’idolo di ogni democrazia giacobina.

È triste vedere come si ripropongano, tra gli applausi degli imbecilli e smemorati di destra come di sinistra, gli stereotipi politici del nazionalismo e del moralismo. In una parola: della militarizzazione della politica

Che la gente comune cada nel trabocchetto è cosa scontata. Non c’è nulla di più facile che fare i moralisti e i nazionalisti senza valutare le conseguenze. Il superficiale “uomo della strada” ignora due cose.

La prima, che il moralismo, una volta diventato risorsa politica, nel senso di infangare l’avversario a prescindere dalla fondatezza delle accuse, si tramuta regolarmente nel sassolino che annuncia e anticipa la valanga capace di distruggere la democrazia liberale. Come è capitato già una volta con il fascismo che fece del moralismo antiparlamentare un cavallo di battaglia contro la classe politica liberale, definita a prescindere inetta e corrotta. E purtroppo riuscì vincitore grazie alla violenza e soprattutto alla credulità dell'”uomo della strada”.

La seconda, che lo spirito di nazionalità, se si vuole il patriottismo, qualcosa di fisiologico, si tramuta in nazionalismo, fenomeno di natura patologica, quando si approfitta di qualsiasi occasione, anche la più stupida o innocua come una partita di calcio, per insultare l’ avversario, per offenderlo, per degradarlo a nemico assoluto, fino a sfiorare un ridicolo pronto però a tramutarsi in tragico. Il che significa, ad esempio, che anche lo sport che dovrebbe unire finisce invece per dividere. Diventa un fattore di potenza, come qualsiasi altro fattore militare. Hitler trasformò le Olimpiadi del 1936 in una specie di fin troppo teatrale apoteosi della militarizzata Germania nazista contro le inette democrazie liberali, come allora si diceva. Una mascherata, per alcuni, che però poi finì, come tutti sappiamo, in una tremenda guerra mondiale, scatenata dal dittatore tedesco

Esageriamo? In realtà, il pericolo di ripetere gli stessi errori esiste. La superficialità della gente comune è rimasta quella di sempre. Moralismo e nazionalismo facilitano, ieri come oggi, l’opera dei nemici della democrazia liberale che giocano sull’ignoranza collettiva. Gli insulti a Macron e il culto di un comunista preistorico come Berlinguer sono i gravi sintomi di una malattia totalitaria che può di nuovo aggredire le nostre democrazie.

È perciò dovere morale di ogni intellettuale opporsi alla militarizzazione della politica. Nazionalismo e moralismo sono i due nemici principali della società aperta, pacifica e civile.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.giornalone.it/prima-pagina-libero/  .
(**) Qui: https://www.giornalone.it/prima-pagina-domani/ .

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