mercoledì 14 dicembre 2022

Beata ignoranza

 


A volte invidiamo gli ignoranti, nel senso di coloro che non hanno alcuna cultura e istruzione. Perché chi non capisce nulla o pretende di capire tutto (questi i due poli dell’ignoranza: credulità e superficialità), in fondo vive meglio. Perché si ritiene in grado di dare una spiegazione o una risposta a tutto.

L’ignoranza conferisce la presunzione morale di fare sempre la cosa giusta. La conoscenza invece complica la vita. Anche perché quando si cerca di comunicarla, l’ignorante si risente, perché, come si legge in un capitolo di Pinocchio , il primo della classe fa sfigurare i somari. Che hanno una loro “dignità” da difendere…

In realtà, che la spiegazione e la risposta siano sbagliate non significa che non soddisfino di fatto, a prescindere dalla stupidità, un bisogno collettivo di sicurezza. Mai dimenticare, che l’uomo alla libertà preferisce sempre la sicurezza.

Facciamo un esempio interessante. Si pensi alla questione dei migranti. La destra, che sostiene la tesi dell’ “invasione”, ne ha fatto una battaglia. E di conseguenza, pur di avere la meglio, fa appello all’ignoranza della gente nelle due forme ricordate (credulità e superficialità). Si parla di “invasione” e “complotti” a proposito di un processo di tipo demografico ed economico, di natura oggettiva, che ha caratterizzato l’intera storia umana.

Se può essere individuata, e in meglio, una differenza storica e sociologica rispetto al passato, si può dire che se un tempo erano interi popoli a spostarsi, e spesso in forme non proprio amichevoli, oggi sono gli individui a scegliere “singolarmente”, di trasferirsi altrove. Cosa provata dalla varia composizione etnica dei migranti.

Pertanto non si capisce perché si continui a parlare di “invasioni” come si trattasse di Goti e Unni. Addirittura si evocano improbabili disegni segreti di uomini incappucciati che puntano a sostituire, semplificando, i bianchi con  i neri.

Sicché la gente comune, superficiale e credulona, dinanzi a un dissennato bombardamento mediatico quotidiano, finisce per “sentirsi sotto assedio”. E poiché la nostra è una democrazia, la gente inevitabilmente vota per chiunque dichiari di difenderla dall’ “invasione”.

Va precisato che sul punto anche la sinistra sembra peccare della stessa superficialità della destra. Dal momento che anch’essa considera un fenomeno storico oggettivo (come poi vedremo) alla stregua di un fenomeno emergenziale. Di qui un atteggiamento all’insegna di risposte più soft ma comunque sempre collocate, quasi con autolesionistico piacere, nell’apocalittico quadro delle calamità sociali. Il che non giova a quella visone laica della questione, che proprio la sinistra a parole rivendica sempre.

Comunque sia, come dicevamo beato l’ignorante perché ha subito la risposta, la più superficiale ovviamente: “Chiudiamoci tutti dentro casa e buttiamo la chiave”.

Invece il dramma di “color che sanno” è che scorgono i pericoli che gli altri, quelli che non sanno, che un atteggiamento del genere porta con sé: dalla diffusione del razzismo alla militarizzazione della società, che, come ripetono le destre, deve difendersi dagli “invasori”.

Il che significa, altra conseguenza, che la scelta che la stragrande maggioranza della gente ritiene sia quella giusta – “Chiudersi in casa e buttare la chiave” – rischia invece di causare effetti negativi di ritorno sull’intera società.

Semplificando: l’ignorante crede che si faccia il suo bene e invece si fa il suo male. Perché razzismo e militarizzazione rischiano di limitare la libertà di tutti: cittadini e migranti. La società rischia  l' imbarbarimento e di regredire allo stadio della feroce ricerca del capro espiatorio. Da affidare, ovviamente, a un capo carismatico, “duro ma giusto”.

Naturalmente, qui, la responsabilità appartiene a coloro che fondano le proprie fortune politiche sull’ignoranza della gente. Alla quale invece si dovrebbe spiegare per filo e per segno che proprio perché si tratta di migrazioni individualizzate (individui non popoli), il migrante rappresenta una sfida culturale nel senso che è molto più facile integrare un individuo che un intero popolo che emigra in massa. E che, comunque sia, come abbiamo già scritto un atteggiamento inclusivo è preferibile a un atteggiamento esclusivo (*).

Che poi inclusività ed esclusività siano fenomeni sociali che hanno attraversato e attraversano la storia, non significa che si debba prendere la distanze da entrambi. Storia e sociologia insegnano che l’inclusività, o comunque un atteggiamento basato sulla tolleranza, allunga la vita delle civiltà, si pensi, solo per fare due esempi, a Bisanzio e come prova contraria al Terzo Reich: un millennio contro poco più di dieci anni. Per inciso, di un Reich che Hitler, un ex imbianchino ignorante, vaticinava millenario.

Dicevamo all’inizio “beata ignoranza”. Però,  in realtà,  non è proprio così…

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/migranti-il-ritorno-dellesclusivismo/ .

 

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