sabato 3 dicembre 2022

“Fascismo infinito”, un libro inutile

 


Francesco Borgonovo è un cultore, con modalità poligrafiche, del politicamente corretto di destra.

La nostra affermazione può sorprendere, perché Borgonovo è dipinto come un acerrimo nemico del politicamente corretto di sinistra. Quindi occorre fare un passo indietro.

Che cos’è il politicamente corretto di destra? Semplicissimo. Consiste nell’ accusare ogni governo di sinistra di aspirare all’instaurazione di un regime di tipo totalitario. Pertanto, qualsiasi cosa faccia la sinistra, viene automaticamente ricondotta a un progetto orwelliano contro la famiglia, contro la scuola, contro l’economia, contro la cultura, eccetera, eccetera. Ça va sans dire  che  il fantasma del fascismo agitato ritualmente  dalla sinistra  è liquidato  come  un’accusa strumentale  per impedire alla destra di governare. Così Borgonovo, quotidianamente, sulla “Verità”, di cui è vicedirettore.

Se il politicamente corretto di sinistra raccoglie una serie di prescrizioni, quindi ha un contenuto socialmente positivo, il politicamente corretto di destra, si può compendiare in una serie di netti rifiuti, quindi ha contenuto negativo. Ad esempio, no ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, no all’eutanasia e al suicidio assistito, no alla cultura di genere, no ai migranti e così via.

Il politicamente corretto di destra, per usare un gioco di parole reagisce non agisce. Per parlare difficile è apofatico: come se una bella signora da noi invitata a cena, davanti al menù, non dicesse ciò che le piace ma solo quello che non le piace.

Insomma, il politicamente corretto di destra non contiene una sola indicazione positiva, nel senso di risolvere problemi posti da inevitabili trasformazioni culturali e sociali che non possono essere ignorate.  O peggio ancora anatemizzate  –  qui massima attenzione – nei termini di un archeologico dio-patria-famiglia dato per scontato come “il” modello vincolante di buona vita. Una triade minacciata dal progetto “totalitario” di Letta e di Macron.

Proprio in questi giorni è uscito un altro libro di Borgonovo Fascismo infinito (Lindau), il quarto per quest’anno, il cui sottotitolo, L’ossessione per il pericolo nero che ci impedisce di vedere il nuovo regime, si annoda in modo perfetto al politicamente corretto di destra.

Ciò che è tragicomico in un volume del genere è che forse ingenuamente, forse per ignoranza (spesso a un certo punto l’intellettuale o presunto tale smette di studiare), si riportano alcune citazioni sull’uso dilatato del concetto di fascismo all’interno del politicamente corretto di sinistra, riprese da Alain de Benoist e Costanzo Preve (quest’ultimo scomparso nel 2013), che non sono mai stati amici del liberalismo. Due intellettuali, per bene e di pregio, che però reagiscono, magari in modo enciclopedico, ma non agiscono. Nel senso che nel loro pensiero, per parlare di nuovo difficile, la pars destruens prevale nettamente sulla pars construens.

Per capirsi, Borgonovo, Alain de Benoist, Preve (magari il primo, due o tre gradini sotto), hanno ragione quando parlano di uso strumentale dell’antifascismo da parte della sinistra, ma hanno torto quando oppongono al politicamente corretto di sinistra il politicamente corretto di destra, cioè o l’arretratissima triade dio-patria-famiglia (Borgonovo) o le dotte vaghezze di un comunitarismo, identitario o meno, al di là della destra e della sinistra ( Alain de Benoist e Preve).

Riassumendo: dietro il politicamente corretto di sinistra, c’è comunque la volontà di proporre soluzioni, che si possono condividere o meno. Dietro il politicamente corretto di destra si scorge o l’antiquata tesi del  blocco d’ordine o le fantasmagorie con ricaduta, volente o nolente,  rossobruna: sono idee che ogni vero liberale non può assolutamente condividere.

Pertanto l’accusa della destra alla sinistra di voler delegittimare la destra parlando di “fascismo infinito”, finisce per essere indebolita dalla delegittimazione apofatica della sinistra da parte della destra. Per dirla con un grande filosofo romano del Novecento, Franco Califano, “ammazza ammazza è tutta una razza”. Il che è tragicomico.

Insomma, Borgonovo e  il suo prefatore Buttafuoco  non sono onesti intellettualmente. Lo sarebbero se al politicamente corretto di sinistra si rispondesse valorizzando la causa del principi liberali, uscendo così dal circolo vizioso della delegittimazione apofatica e delle banalità reazionarie.

Perché non basta gridare al lupo totalitario, al “regime”, eccetera, occorre invece una visione liberale della politica e della società. Proprio ciò che manca a Borgonovo (e al suo prefatore). Ragion per cui Fascismo infinito è un libro inutile. E forse anche pericoloso, perché spiana politicamente la strada ai neo-missini di Fratelli d’Italia.

Un’area politica, quella missina, che in realtà non ha mai fatto conti con il fascismo, non quello “infinito” ma quello di Mussolini. Un mondo, fin dai suoi inizi postbellici, per dirla con un eccellente storico come Roberto Chiarini, che si è integrato passivamente nel sistema liberal-democratico, se non addirittura di controvoglia. E che quindi non ha  perso il riflesso carnivoro.

Carlo Gambescia

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