domenica 4 dicembre 2022

Giorgia Meloni e il mito di Enrico Mattei

 


Il petrolio, sul quale si è abbattuta nella seconda metà del Novecento una specie di leggenda nera, piaccia o meno, rimanda a un mercato oligopolistico, fondato su grandissimi investimenti di capitale, come pure sulla necessità di garantire continuità sulle estrazioni, lo stoccaggio, eccetera.

Un processo economico che viene imposto dal vincolante rapporto tra dimensioni aziendali, produttive e redditività, che a sua volta rinvia inevitabilmente a imprese integrate verticalmente (dall’estrazione alla vendita), di grande estensione, quindi capaci di economie di scala, e di conseguenti tagli sui costi ( però alle condizioni di cui sopra: gigantismo e oligopolismo).

Per questa ragione, prettamente economica, entrare nel mercato petrolifero non è mai stato uno scherzo. E in termini oggettivi.

Sono questioni tecniche note economisti e storici dell’economia, ovviamente quando non contagiati dall’ anticapitalismo.

A questo pensavamo leggendo “ultima” di Giorgia Meloni, su un “Piano Mattei” per l’Africa.

Un passo indietro. Enrico Mattei, democristiano di sinistra, il primo dei grandi corruttori (per sua stessa ammissione: “Uso i partiti, come taxi, per i miei scopi, pago e scendo”), fu il classico megalomane, però con i soldi pubblici, quindi a carico dei contribuenti italiani. “Finanziò” tutti i partiti, non solo le varie correnti democristiane. Un mito e un esempio per tutti i tangentisti che sono venuti dopo.

Mattei, ingegnere ad honorem, cercò di entrare negli anni Cinquanta del secolo scorso, senza alcuna imponente struttura produttiva alle spalle, nel mercato internazionale del petrolio, allora nelle mani di olandesi, francesi, britannici, americani. Come? Acquistando petrolio a costi elevati per l’Italia nel mondo arabo, e non solo (anche in Persia ad esempio), promettendo ricche royalty e mazzette a emiri, dittatori, politici e funzionari corrotti. Perché, così si diceva, in questo modo si favoriva l’indipendenza energetica dell’Italia. Bel modo! Indebitandosi in Italia e all’Estero. E in che maniera poi…

In pratica, Mattei, commise due grandissimi errori: 1) quello di favorire in Italia, in chiave pseudo autarchica, l’estrazione di un petrolio, a costi elevatissimi e 2) quello di comprarlo all’estero a costi altrettanto elevati. Uno spendi e spandi, ripetiamo, a carico del contribuente italiano, a partire dalla pompa, perché i famosi tributi che tuttora gravano su un litro di benzina, rimandano in particolare al fascismo ma anche alla lista della spesa per gli emiri inventata da Enrico Mattei. Gli emiri, da anni si sono messi in proprio, ma le accise sono rimaste sul groppone degli italiani.

Ovviamente, un personaggio del genere ha sempre attirato le simpatie di tutti gli spostati politici, in particolare dei terzomondisti, degli anticapitalisti di vario colore, quindi anche dei neofascisti.

Nel Movimento Sociale – e qui veniamo alla Meloni – Mattei era una specie di mito, perché aveva salvato l’antieconomico baraccone fascista Agip, inclusi molti funzionari messi lì da Mussolini, metamorfizzandolo nell’Eni: una specie di multinazionale, però pubblica, esperta in liste della spesa a spese dei contribuenti, se ci si perdona il gioco di parole.

Il che spiega, perché Giorgia Meloni, fedele alla leggenda dell’indomito Mattei, una specie di Mussolini democristiano (l’uomo tra l’altro figlio di un carabiniere era autoritario), oggi parli di “piano Mattei” per l’Africa, in chiave ovviamente antimigranti. Tutto fa brodo.

Il punto è che Mattei forniva liste della spesa, non piani Marshall. Si noti, per inciso, come la Meloni si sia ben guardata dal denominarlo, più giustamente, in quest'ultimo modo. Perché? Forse per smarcarsi da Berlusconi (che qualche anno fa ne aveva proposto uno). Oppure, più semplicemente, per un riflesso antiamericano, favorito dalla leggenda che furono le “Sette Sorelle” a farlo fuori. Il che, se vero (cosa tuttora da provare), fu un errore: si doveva avere pazienza, perché un grande corruttore come Mattei prima o poi sarebbe entrato nel mirino della magistratura.

Il succo del nostro discorso qual è? Che i neo missini di Fratelli d’Italia sono tuttora legati a una cultura dell’autarchia, antioccidentale, anticapitalista e terzomondista. Della quale Mattei nel dopoguerra fu il mitico emblema, o almeno così lo videro e continuano a vederlo i nemici dell’Occidente.

Carlo Gambescia

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