sabato 19 marzo 2022

Putin come Mussolini in Grecia. Intervista di Francesco Palmieri al generale Carlo Jean

 


Oggi cediamo con piacere la parola al generale Carlo Jean, intervistato da Francesco Palmieri.
Il colloquio (*) è di grande interesse, per due ragioni.

In primo luogo, Jean è tra i pochi studiosi italiani di geopolitica di assoluta serietà, privo di simpatie ideologiche, neutrale sul serio insomma. E soprattutto attento, come scrivevo ieri, agli interessi e ai valori, nonché, cosa non secondaria, agli aspetti psicologici della politica internazionale.

In secondo luogo, il quadro che il generale Jean traccia della traballante situazione sul campo dell’esercito russo è accurato e verosimile. Di conseguenza lascia ben sperare sull’evoluzione del conflitto e per l’indipendenza dell’Ucraina. Resta però aperta la “quaestio” Putin . Esistono, almeno credo, seri margini di imprevedibilità sulle reazioni del leader russo dinanzi al concretizzarsi della sconfitta, in particolare sull’uso di armi atomiche tattiche. Sul punto Jean sembra contare sulla quasi certa opposizione di alcuni membri dell’entourage di Putin, soprattutto militari. Non ne sono del tutto convinto. Però confido, anche per ragioni scaramantiche, sulle capacità di analisi del generale al riguardo.

Una nota personale. Jean mi fu presentato nei lontani anni Duemila, in occasione di un importante convegno romano su Raymond Aron. Persona straordinaria. Di lui, raccomando la lettura del manuale di geopolitica. Opera eccellente (**). Quanto all’intervistatore, Francesco Palmieri, si tratta di un vecchio amico, profondo conoscitore della politica internazionale e delle sue propaggini estremo-orientali, della cui cultura è attentissimo studioso. Di Palmieri ricordo con piacere un libro-intervista al professor Lanciotti sul futuro della Cina, che ebbi l’onore di ospitare in una collana da me diretta (***).

Buona lettura

Carlo Gambescia

 AGI – La guerra in Ucraina si va traducendo in una disfatta sul campo per le truppe russe: ne è convinto il generale Carlo Jean, esperto di strategia militare e presidente del Centro Studi di Geopolitica Economica. Secondo il generale Jean, “lo scacco militare per Vladimir Putin è comparabile a quello di Mussolini in Grecia nella Seconda guerra mondiale”.

“Putin deve ingoiare la pillola amara e convincersi al ritiro”, dice all’AGI, “per poi contribuire finanziariamente alla ricostruzione di quel che ha distrutto in Ucraina. Dirò di più: se non esisteva una nazione ucraina lui è riuscito a crearla. E se la Nato era in disfacimento, Putin l’ha ricostituita: dovrebbero dargli una medaglia d’onore…”.

Perché le forze armate russe si starebbero avviando alla sconfitta?

“I russi mancano di fanteria perché si sono ristrutturati per la guerra contro eserciti corazzati e meccanizzati come quelli della Nato. Pertanto i gruppi tattici di battaglione impiegati dai russi hanno meno di 200 fanti su mille uomini. E in una guerra poco convenzionale, i difensori che conoscono bene il terreno e si nascondono tra boschi e macerie finiscono per avere la meglio infliggendo perdite notevoli”.

Ma i bombardamenti russi stanno infliggendo pesanti danni all’Ucraina.

“Il bombardamento delle città è leggero, non tanto perchè i russi non vogliano distruggere i palazzi, ma perché non sono attrezzati: hanno pochi bombardieri. Sparano con artiglieria e lanciano missili, con cui più che altro si terrorizza la popolazione. Non è tanto una tattica voluta, quanto dettata dalla disperazione”.

Dove sono i bombardieri russi?

“Sono stati quasi tutti addetti al trasporto delle armi nucleari. E su 60-70 solo una decina sono moderni. Gli altri risalgono agli anni ’70. Nulla di comparabile ai B-52 americani”.

Qual è il motivo della carenza?

“La Russia non avendo soldi a sufficienza li ha investiti soprattutto in armi strategiche, come i sommergibili nucleari e i missili iperveloci. Inoltre la dottrina militare delle forze russe prevede l’impiego di armi nucleari tattiche in caso di escalation, ma la Russia nel caso dell’Ucraina non si può permettere di radere al suolo una città: buttare giù la cattedrale di Santa Sofia a Kiev sarebbe come se i francesi ci distruggessero San Pietro. Perciò si limitano all’artiglieria, anche se provoca perdite dolorose tra i civili come accaduto a Mariupol. Ma per conquistare le città, ripeto, i russi non hanno un esercito idoneo. Non hanno fanteria sufficiente e ciò spiega perchè intendano ricorrere ai volontari siriani”.

Da cosa dipende questa carenza?

“L’ordinamento di un esercito dipende molto dalla demografia di un popolo. Quando una donna ha dieci figli, come nella Prima guerra mondiale, due potevano essere lasciati alla patria, ma se ne ha uno o due, una perdita diventa sotto tutti i profili ben più grave. L’esercito russo voluto dal capo di stato maggiore Gerasimov e dal ministro della Difesa Shogu, dal 2015 accorda prevalenza assoluta alla potenza di fuoco rispetto alla fanteria. Si teorizzava persino una rivoluzione tecnico-militare che doveva portare a un esercito ‘senza soldatì”.

Pesano sul conflitto anche fattori collegati al territorio ucraino?

“Certamente. I carri armati russi si sono mossi peggio a causa del terreno più molle per il cambiamento di temperatura, e si sono rivelati anche meno resistenti di quanto si pensava. La fanteria ucraina li attacca sui fianchi provocando perdite pesanti. E poi, con l’estensione della guerra in profondità, si accentua il problema di proteggere le vie di rifornimento. Un convoglio di camion ha poche possibilità di raggiungere Kiev dal confine bielorusso se deve attraversare zone piene di guerriglieri forniti di armi controcarro modernissime”.
Cosa sta facendo Putin adesso?

“Su un totale di 225 gruppi tattici dell’esercito russo ripartiti in battaglioni, già 160 sono impegnati in Ucraina. Putin sta raschiando il fondo del barile recuperando altri gruppi tattici dall’Ossezia e dal Tagikistan, addirittura la 201esima divisione meccanizzata sarebbe in marcia verso l’Ucraina. Una situazione molto pesante. Può darsi che Putin non si renda ben conto di tutto, sempre più chiuso nel suo cerchio magico che si è ristretto, come accade ai dittatori, a chi gli è leale”.

La disperazione può portare all’impiego di armi nucleari?

“Ci sono prima altri sistemi, per esempio le bombe termobariche dalla potenza di 44 tonnellate di tritolo. Poi le armi chimiche e quelle biologiche. Tuttavia in questo caso la reazione mondiale sarebbe enorme, probabilmente anche quella del popolo russo. E poi conosco bene gli alti ufficiali russi: sono colti e intelligenti, e se Putin desse loro l’ordine di impiegare le armi nucleari probabilmente si rifiuterebbero di obbedire. Soprattutto se dovessero impiegarle su una città. Ne sono persuaso. In Russia c’è una tripla chiave: ce l’hanno Putin, Shoigu e Gerasimov”.

I cinesi potrebbero fornire armi ai russi?

“Le uniche cose che potrebbero dare sono i droni di cui i russi sono carenti, mentre quelli cinesi sono buoni, e le razioni di combattimento di lunga durata. Ma ci penseranno due volte. Le conseguenze commerciali sarebbero spropositate e la Cina è troppo vulnerabile sui collegamenti marittimi: non passerebbe più un mercantile a est o a ovest se le potenze occidentali decidessero un blocco”.
Putin come potrà mai giustificare un ritiro delle truppe?

“Lo ammanterà di propaganda, dirà che lo fa per salvare vite umane. Il controllo sull’opinione pubblica russa ce l’ha. E c’è da augurarsi che il regime non imploda perché una guerra civile, su un territorio con migliaia di armi nucleari, non è uno scenario su cui si può scherzare”.

(*) Dal sito Agi: https://www.agi.it/estero/news/2022-03-18/generale-jean-intervista-ucraina-guerra-putin-disfatta-16049086/ 
(**) Qui: https://www.laterza.it/scheda-libro/?isbn=9788842068709

(***) Qui: https://www.tuttocina.it/editoria/doveva_civcin.htm

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