martedì 1 marzo 2022

L’antiamericanismo dei conigli mannari

 


C’è un tipo di reazione politica che si chiama riflesso antiamericano. Che viene sempre fuori nei momenti difficili e controversi.

In Italia ha radici lontane, le più differenti. In parte risalgono al tradizionalismo cattolico, nemico del protestantesimo, e per estensione diffidente verso gli Stati Uniti, giudicati come la terra d’elezione delle sette. In parte al fascismo, che scorgeva, in quello che poi destra e nuova destra avrebbero definito, con rara efficacia clinico-politica, “il male americano”.

In parte infine, al comunismo, quello prono a Mosca, con diramazioni socialiste, pronto a schierarsi contro l’imperialismo yankee, in nome di quella pace mondiale, si diceva, per cui si batteva l’Unione Sovietica. La sindrome, se ci si perdona l’accostamento, era quella del coniglio mannaro. Che sembra buono ma buono non è.

Negli ultimi anni postfascisti e postcomunisti – adesso si autoproclamano “sovranisti” – si sono schierati dalla parte della Russia putiniana, vedendo in essa una specie di baluardo, come talvolta si legge, “contro l’atlantismo” in difesa della pace mondiale. La pace vista secondo Putin…

Va detto che l’invasione dell’Ucraina, prevedibile, dopo la Crimea, ma fino a un certo punto, ha colto gli antiamericani italiani di sorpresa. Per scoprirlo basta dare un’occhiata alle pubblicazioni, per dirla giornalisticamente, rossobrune: non ci si schiera apertamente con Putin, ma si accusano gli statunitensi di averlo provocato, messo nell’angolo, costringendolo, contro la sua volontà, a difendersi, attaccando l’Ucraina. Agendo, in questo modo gli americani, con la servile complicità dell’Ue, avrebbero messo in pericolo la pace mondiale. Di cui invece Putin, sarebbe uno strenuo difensore.

Ovviamente, non può essere negato il fatto nudo crudo dell’ espansione dell’Occidente euro-americano verso Est all’ indomani della dissoluzione dell’Unione Sovietica. Un processo di egemonia politica, economica e militare verso Est, tuttora in atto.

Su quanto questo processo egemonico sia frutto del caso, della necessità, dell’intenzione resta cosa per ora impregiudicata. Chiunque studi la politica sa però che lo spazio politico non ammette vuoti di potere. Ciò significa che il processo, come detto, ancora in corso (poi vedremo come però), non poteva non svilupparsi.

Per ipotesi, se al posto degli Stati Uniti e dell’Ue, come nei primi secoli dell’età moderna, vi fosse stato l’Impero Ottomano, quello spazio vuoto, come del resto la storia prova, sarebbe ora occupato dalla Sublime Porta, come si diceva un tempo. O se ci perdona la battuta dal popolo conquistatore Mister X.

In questo senso, sempre per parlare chiaro, se venisse a crearsi un vuoto di potere in Europa occidentale, la Russia, ne approfitterebbe subito. Come dicevamo, la politica non ammette, per così dire, il vuoto a perdere…

Il problema, a proposito dello spazio vuoto a Est, è che gli Stati Uniti, come abbiamo scritto, sono un impero riluttante (1), mentre l’Europa occidentale resta, nella sua varietà di stati, seppure associati nell’Unione, un “impero” in declino, almeno a far tempo dal 1914.

Pertanto, se per un verso l’antiamericanismo, ideologicamente parlando, è un riflesso ancora vivo, per l’atlantismo, ideologia, dalle non salde radici sviluppatasi durante la Seconda guerra mondiale e la Guerra fredda, siamo davanti a un fenomeno quasi allo stato neurovegetativo.

Diciamo quasi. Perché, nonostante tutto, come una specie di eroe per caso (2), l’Occidente euro-americano, all’indomani della caduta dell’Unione sovietica e del disordine imperante, fu risucchiato, volente o nolente, dal vuoto di potere a Est.

Di qui il processo egemonico, condotto però con svogliatezza, tra divisioni e tentennamenti, interni ed esterni agli Stati Uniti e alleati, che ha favorito la reazione della Russia putiniana, impregnata, almeno a livello delle élite di comando (3), dell’antica ideologia panslavista, quindi sicura di poter avere la meglio in pochi giorni su nemici divisi (l’Occidente) e avversari deboli (l’Ucraina).

Sembra invece che le cose per Putin si stiano complicando. Di conseguenza, per tornare all’ atteggiamento di cautela delle correnti politiche antiamericane, se l’Ucraina continuerà a resistere agli attacchi russi gli antiamericani tenteranno di scaricare gli errori di calcolo del leader russo, in linea con la precedente tesi dell’aggressione dell’Occidente, sulle spalle degli americani e degli europei complici comunque di armare o solo sostenere economicamente gli ucraini. Che, a dire il vero, non hanno accolto i russi come liberatori e “fratelli spirituali”.

Quanto più l’offensiva putiniana si insabbierà, tanto più gli antiamericani indosseranno la candida pelliccia del coniglio mannaro, evocando le ragioni della pace, contro quelle del guerra, impersonate dal malvagio Occidente a stelle e strisce..

In realtà, se proprio si deve attribuire una colpa agli americani e agli europei, la si deve ravvisare nei continui tentennamenti verso un inevitabile processo di espansione egemonica a Est.

Pochi politici e analisti americani ed europei hanno avuto chiara coscienza di un fatto fondamentale: che dopo la caduta dell’Unione Sovietica il nuovo equilibrio politico europeo si sarebbe inevitabilmente spostato fino ai confini della Russia e forse oltre. E per una serie di ragioni: popolarità del sistema di vita occidentale, delusione verso la grande menzogna comunista, giusta ricerca di un nuova stabilità sociale capace di coniugare libertà politica ed economica.

Ora che l’Occidente euro-americano nonostante i suoi tentennamenti ed errori, in questi ultimi trent’anni sia riuscito a giungere ai confini  dell’Ucraina, quasi includendola,  è un vero miracolo politico. Che poi i russi e i nemici, anche interni, dell’Occidente euro-americano, non ne siano entusiasti è ovvio. Mentre è meno ovvio che Stati Uniti ed Europa Occidentale, tentennino ancora, accrescendo così le illusioni politiche della Russia, dei suoi sodali, come pure dei rossobruni europei: i conigli mannari, di cui sopra…

Esitazioni occidentali, cosa ancora più grave, che deludono i popoli dell’Est.

Si dirà che pecchiamo di irrealismo politico. In realtà, esistono due tipi di realismo politico: un realismo immerso nel presente, e uno che guarda al futuro (4).

Se nel 1940, Churchill avesse dato retta ad alcuni collaboratori, realisti, ma ripiegati sul presente, avrebbe dovuto arrendersi a Hitler, vincitore sul terreno, invece, rifiutò di farlo, guardando avanti, al futuro sempre con il realismo, di chi ancora disponeva di forze per resistere (l’aviazione era intatta, come le forze navali, in parte anche l’esercito). Accettò addirittura il rischio che l’America non intervenisse.

Altro esempio, forse improprio ma i lettori perdoneranno: secondo alcuni storici, una delle cause – una delle cause, attenzione – della caduta dell’Impero romano fu quella ai tempi di Augusto di abbandonare il confine dell’Elba ai barbari, che invece avrebbe aperto grandi spazi a Est, e chissà quali successive possibilità di acculturazione e sviluppo sociale, per il confine del Reno, più a Ovest.

Roma, non volle rischiare. Non abbandoniamo l’Ucraina a Putin, non commettiamo lo stesso errore.

Carlo Gambescia

(1) Qui: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/stati-uniti-un-impero-acefalo/

(2) Qui: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/occidente-eroe-per-caso/

(3) Qui: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/il-mein-kampf-di-putin/

(4) Sul punto abbiamo distinto tra realismo politico a quo, incentrato sul presente, come risultato della forze delle cose, e ad quem, che accetta il rischio e guarda al futuro. Si veda Carlo Gambescia, Il grattacielo e il formichiere. Sociologia del realismo politico, Edizioni Il Foglio 2019, pp. 23- 33 (https://www.ibs.it/grattacielo-formichiere-sociologia-del-realismo-libro-carlo-gambescia/e/9788876067853 )

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