venerdì 21 gennaio 2022

Quirinale e vischiosità politica

 


Oggi vorremmo concentrare la nostra attenzione su due nomi dati per papabili per il Quirinale: Draghi e Casini. Ma non solo sui nomi, dal momento che rinviano a un certo tipo di mentalità, anzi di vischiosità. Qui l’aspetto interessante, sociologicamente interessante.

Comunque sia, il primo è un tecnocrate pubblico, formatosi negli anni Novanta al Ministero del Tesoro, il secondo una riserva politica della democrazia cristiana della Prima Repubblica.

Due personaggi, per biografia sociale, diciamo così, di seconda mano, tra i sessanta e settant’anni (67 Casini, 74 Draghi). Figure che rinviano, per radici intellettuali e politiche, al vischioso mondo della Prima Repubblica.

Il che significa solo una cosa, che negli ultimi trent’anni ( o quasi) la Seconda Repubblica non è stata in grado di favorire alcun ricambio politico. E che soprattutto tra la Prima e la Seconda (che si può fare iniziare nel 1994) non è cambiata la vischiosa mentalità politica di fondo.

Di che cosa parliamo? Non abbiamo usato a caso il termine vischiosità. Dal punto di vista sociologico, con vischiosità si intende, in senso figurato, ciò che si oppone al cambiamento. Si pensi, per introdurre un parallelo con la chimica, a un fluido che oppone grande resistenza allo scorrimento.

Si immagini, allora, una specie di colla mentale, un mix di appiccicose idee stataliste, paternaliste, finto buoniste, impregnate di retorica socialistoide da quattro soldi, idee, che non scorrendo, interdicono il passaggio a ogni idea nuova.

Non solo questo però. Perché l’Italia è prigioniera di una mentalità vischiosa che allontana dalla politica gli uomini migliori. Quindi idee e uomini. Per dirla altrimenti, la moneta cattiva scaccia la buona.

E infatti, questa mattina, siamo qui, dopo trent’anni, a parlare delle candidature al Colle di Casini e Draghi…

E gli italiani? Il famoso “po-po-lo so-vra-no”? Restano a guardare indifferenti. Domenica scorsa, qui a Roma, in occasione di una suppletiva per la Camera, ha votato il dieci per cento degli iscritti.

Gli italiani sostanzialmente attendono ordini, fingendo di non attenderli. Perché credono, chiudendosi in un privatismo protetto, di poter fare a meno della partecipazione politica, ma non dello stato. Quindi, preferiscono vivere “di” e “nella” vischiosità, nella melassa buonista delle provvidenze e della retorica paternalista. Tanto qualche briciola cade sempre dalla tavola imbandita…

Quindi, alla fin fine, pur di ricevere quanto si crede dovuto, anche un dittatore andrebbe bene… Si noti, a proposito di partecipazione, che quando c’è, è sempre contro le istituzioni parlamentari e i partiti. In pratica, contro la liberal-democrazia. Quindi è disfunzionale.

Certo, se la liberal-democrazia è quella di Casini e Draghi…

E qui si ritorna al discorso della vischiosità. Che dall’alto ricade verso il basso e dal basso risale verso l’alto, chiudendo, per così dire, il cerchio. .

Fino a quando si potrà andare avanti così?

Carlo Gambescia

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