I De Amicis della Cassazione: se l' homeless ruba per fame,
non è reato
Contro i ladri di mele
La
proprietà non è più sacra da un pezzo. Lo
stato, incarnazione del politico dei moderni, la calpesta da anni in nome dell’ ”utilità generale” o sociale, come del resto prova la nostra Costituzione (articoli 42-43) di stampo
catto-socialista: “utilità” che non è altro che una formula retorica usata dal
punto di visto redistributivo per puntellare,
attraverso l’acquisto del consenso, il potere di burocrazie
espropriatrici. Pertanto, in prospettiva, quando lo stato si propone finalità sociali, tutte le proprietà, anche quelle di fresca origine
redistributiva, finiscono per essere a rischio.
In
realtà, il diritto di proprietà impedisce al cittadino di offrirsi nudo allo
stato e perciò di implorare protezione economica. Dove c’è proprietà regnano responsabilità e
indipendenza politica. Siamo davanti a un diritto pre-politico di libertà. Gli abusi sono competenza del diritto
penale non di quello pubblico. Furto e
rapina, ad esempio, vanno puniti in modo esemplare e inesorabile. Dicesi, tra l'altro, certezza del diritto.
E invece no. Il famigerato ladro di mele, così caro ai nipotini di De Amicis, riesce sempre a farla franca. Leggere per credere.
"Il fatto non
costituisce reato": per questo motivo la Cassazione ha annullato
completamente la condanna per furto inflitta dalla Corte di Appello di Genova a
un giovane straniero senza fissa dimora, affermando che non è punibile chi,
spinto dal bisogno, ruba al supermercato piccole quantità di cibo per "far
fronte" alla "imprescindibile esigenza di alimentarsi". Con
questo verdetto la
Suprema Corte ha giudicato legittimo non punire un furto
per fame del valore di 4 euro per wurstel e formaggio.
Spinto dal bisogno? La Caritas non nega un piatto di minestra a nessuno. Nella nostra società il rischio di morire di fame è pari a zero. Se si ruba del cibo è solo per la pigrizia di fare alcuni isolati a
piedi. E l’ozio come recita un antico proverbio è il padre di tutti vizi… Sicché,
invece di premiare la virtù (l’operosità), la Cassazione ha premiato il vizio (la pigrizia). E
in qualche misura si sono premiati i nemici della proprietà privata e del senso di
responsabilità individuale: due fattori alla
base di ogni ordinato sistema sociale. Certo, se una persona ruba al supermercato
si tratta “solo” di un furto. Ma se a rubare cibo
fossero mille persone? Sarebbe un esproprio proletario. E se fossero un milione? Sarebbe una rivoluzione. Quindi il messaggio per i giudici, e veicolato dagli stessi, dovrebbe essere il seguente: mai incoraggiare i micro-comportamenti potenzialmente lesivi dell’ordine
sociale. E invece...
E se il proprietario del supermercato, per un personale senso di umanità, avesse chiuso un occhio? Buon per lui. Ma lo stesso proprietario avrebbe ugualmente chiuso un occhio se diecimila persone avessero assaltato il suo supermercato ?
E se il proprietario del supermercato, per un personale senso di umanità, avesse chiuso un occhio? Buon per lui. Ma lo stesso proprietario avrebbe ugualmente chiuso un occhio se diecimila persone avessero assaltato il suo supermercato ?
Una persona o un milione, il principio non cambia: dura lex, sed lex, se il furto secondo il diritto penale positivo è un reato, tale deve restare. E' vero che il Codice Penale (artt. 54 e 59, sulle circostanze del reato) prevede lo stato di necessità. Ma è dato squisitamente ideologico, interpretabile dal giudice. Quindi si ritorna da capo: il giudice nemico della proprietà privata concederà tutte le attenuanti del caso, magari invocando un qualche pseudo-diritto socialista alla vita minacciato dai proprietari dei supermercati...
Insomma, piaccia o meno, Tribunali e Cassazione, ogni volta che mandano assolto un ladro di mele, minano l'ordine sociale.
Insomma, piaccia o meno, Tribunali e Cassazione, ogni volta che mandano assolto un ladro di mele, minano l'ordine sociale.
Carlo Gambescia
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