Trump, Salvini, Grillo, il rischio del "Grande Semplificatore"
La liberal-democrazia e i dilemmi del moltiplicatore mediatico
Per
quale ragione negli Stati Uniti rischia di vincere Trump? E in Italia rischiamo di assistere all'ascesa elettorale di Salvini e Grillo? Perché dicono le
stesse cose che dice la gente comune. O meglio, che vuole sentirsi dire la
gente comune. Cose semplici. Trump semplifica la realtà: bianco o nero. Salvini e Grillo seguono ruota.
La
semplificazione (rendere semplice ciò che è complesso per farlo capire a
tutti) è un processo cognitivo che la democrazia, rivolta all’ "uomo collettivo" ( sempre pronto, a differenza dell' "uomo individuale", a credere piuttosto che a capire), amplifica, favorita in questo compito dalle semplificazioni
mediatiche della società di massa, che
proprio perché tale (deve per forza parlare a tutti), non può non rendere ogni
messaggio collettivo il più semplice possibile. Tuttavia, dal semplice al semplicistico, per il principio del minimo sforzo, il passo è breve. Lo stesso relativismo culturale di cui si
parla tanto, e criticamente, una volta filtrato dai meccanismi mediatici, non diviene altro che un conflitto tra monoteismi irriducibili e collettivi,
fondati ripetiamo, come ogni cognizione collettiva, più sul credere che sul capire: sull'impulso del momento piuttosto che sulla riflessione. Per inciso, il cosiddetto politicamente
corretto, in tale ambito, non è altro che un tentativo, alquanto temerario, di trattare i monoteismi come relativismi collettivi: una contraddizione in termini, soprattutto all'interno della società di massa e mediatizzata. Dal momento che il relativismo culturale è un raffinato prodotto
elitario: per l' "uomo individuale" non "collettivo", come del resto ogni forma di autentica cultura che parla agli uomini "difficili" ( una minoranza) non ai "semplici" (la maggioranza). Ecco perché il multiculturalismo, come forma di relativismo istituzionalizzato, quando trasposto sul piano collettivo ( così permeabile al battage mediatico), non funziona. Ma
questa è un’altra storia.
Tutto
diviene più difficile nelle situazioni di emergenza economica e di crisi politica e/o militare, come quella
che il mondo occidentale sta attraversando. Alla richiesta dal basso di semplificazione (richiesta, come vedremo, fortemente mediatizzata), si continua invece a rispondere dall’alto con
una "complessificazione" frutto di una tempistica
decisionale, che se in tempi normali può essere giustamente rivolta alla decantazione e chiarificazione delle questioni in
agenda, in tempi non normali, rischia di
provocare la crescente disaffezione verso le stanze di compensazione istituzionali (come Parlamenti e Governi) e di favorire l'ascesa dei "Grandi Semplificatori" che parlano direttamente ai cittadini, promettendo miracolose (perché semplici) soluzioni, come
per l’appunto Trump, Salvini, Grillo.
A
voler essere più precisi: la discrasia di fondo è tra i tempi
medio-lunghi delle istituzioni politiche di stampo liberal-democratico e
i tempi brevi (se non brevissimi) delle istituzioni mediatiche. Le prime si
muovono sulle basi di un prudente arco temporale di mesi e anni mentre i tempi delle
seconde sono scanditi quotidianamente sulla travolgente tempistica dei "notiziari" e degli “approfondimenti”
Sicché le istituzioni politiche, a
qualunque livello di centralizzazione si trovino, non possono reggere la sfida temporale lanciata, ogni giorno, dalle istituzioni mediatiche: di un moltiplicatore mediatico del tempo decisionale che offre una realtà
semplificata, pittoresca, inarrestabile, rappresentata minuto per minuto con toni martellanti. Realtà che inevitabilmente va a interagire con una cultura di massa, ancora più semplificata,
basata su un’ interazione collettiva, necessariamente di
tipo mitologico. Sotto questo profilo i Social Network (Internet eccetera) rientrano, e
in pieno, nei meccanismi del moltiplicatore mediatico del tempo decisionale: si pensi
solo alla “forma appello” tipica del Web e più in generale al mitema della "democrazia digitale".
Si
dirà, ma allora non esistono gli immigrati alle frontiere,
i massacri di civili in Siria, le guerre in Medio Oriente, gli attentati terroristici? Certo, che esistono, ma il punto riguarda le soluzioni politiche, i cui tempi decisionali sono dettati - dal momento che viviamo a
prescindere dal regime politico in società di massa - dal moltiplicatore mediatico. Tempi che perciò non possono essere quelli delle
istituzioni liberal-democratiche. Di qui, il crescente scontento e, visto che siamo in
democrazia, la prevalenza del demagogo - aspirante tiranno, secondo l’immortale modello politico aristotelico - o come detto del “Grande Semplificatore”,
che in genere conosce, e molto bene, i meccanismi del moltiplicatore mediatico, come Trump, Salvini, Grillo (e in precedenza Berlusconi).
Insomma,
la liberal-democrazia non può intervenire contro i media, perché andrebbe contro i principi che l' hanno
resa grande: non sarebbe più tale. Del resto, mettere il bavaglio a una civiltà di massa, planetaria e mediatizzata, è praticamente impossibile. La liberal-democrazia si vede così costretta a subire gli effetti del moltiplicatore mediatico. Tuttavia se “decidesse di decidere”
politicamente, in tempi brevissimi, sull’onda
delle emozioni quotidiane mediatizzate si “trumpizzerebbe”, “salvinizzerebbe”, "grillizzerebbe", snaturando se stessa; se invece
continuasse a decidere, seguendo i tempi
propri, dunque privilegiando la lentezza, ne favorirebbe l’ascesa.
Come concludere? Stallo, o quasi. Perché, gli unici a non poter restare fermi, e per forza propria, sono i media. Ma per andare dove?
Come concludere? Stallo, o quasi. Perché, gli unici a non poter restare fermi, e per forza propria, sono i media. Ma per andare dove?
Carlo Gambescia
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