venerdì 6 maggio 2016

Trump, Salvini, Grillo, il rischio del "Grande Semplificatore"
La liberal-democrazia e i dilemmi  del moltiplicatore mediatico



Per quale ragione negli Stati Uniti  rischia  di  vincere Trump?  E in  Italia  rischiamo  di  assistere all'ascesa elettorale di  Salvini e Grillo?  Perché dicono le stesse cose che dice la gente comune. O meglio, che vuole sentirsi dire la gente comune.  Cose semplici.  Trump semplifica la realtà: bianco o nero. Salvini e Grillo seguono  ruota. 
La semplificazione (rendere semplice ciò che è complesso per farlo capire a tutti) è  un  processo cognitivo che la democrazia, rivolta  all’ "uomo collettivo" ( sempre pronto, a differenza dell' "uomo individuale", a credere piuttosto che a capire),  amplifica,  favorita  in questo compito dalle semplificazioni mediatiche della società di  massa, che proprio perché tale (deve per forza parlare a tutti),  non può non rendere ogni messaggio collettivo il più semplice possibile. Tuttavia,  dal semplice al semplicistico, per il principio del minimo sforzo, il passo è breve.  Lo stesso relativismo culturale di cui si parla tanto, e criticamente, una volta filtrato dai meccanismi mediatici,  non diviene altro che un conflitto tra monoteismi irriducibili  e collettivi,   fondati ripetiamo, come ogni cognizione collettiva,  più sul credere che sul capire: sull'impulso del momento piuttosto che sulla riflessione. Per inciso,  il  cosiddetto politicamente corretto,  in tale ambito,  non è  altro che un tentativo, alquanto temerario, di  trattare i monoteismi  come relativismi collettivi: una contraddizione in termini, soprattutto  all'interno della società di massa e mediatizzata. Dal momento che  il relativismo culturale è un raffinato prodotto elitario: per l' "uomo individuale" non "collettivo", come del resto ogni forma di autentica cultura che parla agli uomini "difficili" ( una minoranza)  non ai "semplici" (la maggioranza). Ecco perché il multiculturalismo, come forma di relativismo istituzionalizzato, quando trasposto sul piano collettivo ( così  permeabile al  battage mediatico), non funziona.  Ma questa è un’altra storia.   
Tutto diviene più difficile nelle situazioni di emergenza economica  e di crisi politica e/o militare, come quella che il mondo occidentale sta attraversando. Alla richiesta dal basso di semplificazione (richiesta, come vedremo, fortemente mediatizzata), si continua invece a  rispondere  dall’alto con una "complessificazione"  frutto di  una tempistica decisionale, che se in tempi normali  può essere  giustamente rivolta alla decantazione e chiarificazione delle questioni in agenda,   in tempi non normali, rischia di provocare la  crescente disaffezione  verso le  stanze di compensazione istituzionali  (come Parlamenti e Governi) e di favorire l'ascesa dei  "Grandi Semplificatori" che parlano direttamente ai cittadini, promettendo miracolose (perché  semplici)  soluzioni,  come per l’appunto  Trump,  Salvini, Grillo.  
A voler essere più precisi: la discrasia di fondo  è tra i tempi  medio-lunghi delle istituzioni politiche di stampo liberal-democratico e i tempi brevi (se non brevissimi) delle istituzioni mediatiche. Le prime si muovono sulle basi di un prudente  arco temporale di mesi e  anni mentre i tempi delle seconde sono scanditi quotidianamente sulla travolgente tempistica dei "notiziari" e degli “approfondimenti”  Sicché le istituzioni politiche, a qualunque livello di centralizzazione si trovino, non possono reggere la sfida temporale lanciata, ogni giorno, dalle istituzioni mediatiche: di un moltiplicatore  mediatico del tempo decisionale che offre una realtà semplificata, pittoresca, inarrestabile, rappresentata  minuto per minuto con toni martellanti. Realtà  che inevitabilmente  va a interagire con  una cultura di massa, ancora più semplificata, basata  su un’ interazione collettiva, necessariamente di tipo mitologico. Sotto questo profilo i Social Network (Internet eccetera) rientrano, e in pieno, nei meccanismi del moltiplicatore mediatico del tempo decisionale: si pensi solo alla “forma appello” tipica del Web e più in generale  al mitema della "democrazia digitale".       
Si dirà, ma allora non esistono gli immigrati alle frontiere,  i massacri di civili in Siria, le guerre in Medio Oriente, gli attentati terroristici?  Certo, che esistono, ma il punto riguarda le soluzioni politiche,   i cui tempi decisionali  sono dettati  - dal momento che  viviamo a prescindere dal regime politico in società di massa  -   dal moltiplicatore mediatico.  Tempi che perciò non possono essere quelli delle istituzioni liberal-democratiche. Di qui, il crescente scontento  e, visto che siamo in democrazia,  la prevalenza del demagogo -  aspirante tiranno, secondo l’immortale  modello politico aristotelico -  o  come detto del “Grande Semplificatore”, che in genere conosce, e molto bene, i meccanismi  del moltiplicatore mediatico, come Trump, Salvini, Grillo (e in precedenza Berlusconi).
Insomma, la liberal-democrazia non può intervenire contro  i media,  perché andrebbe contro i principi che l' hanno resa grande: non sarebbe più tale. Del resto, mettere il bavaglio a una  civiltà di  massa, planetaria e  mediatizzata,  è  praticamente impossibile.  La liberal-democrazia  si vede così costretta a subire  gli effetti del moltiplicatore mediatico. Tuttavia se  “decidesse di   decidere” politicamente,  in tempi brevissimi, sull’onda delle emozioni quotidiane mediatizzate si “trumpizzerebbe”, “salvinizzerebbe”, "grillizzerebbe",  snaturando se stessa;  se invece continuasse a  decidere, seguendo i tempi propri, dunque privilegiando la lentezza,   ne  favorirebbe l’ascesa.
Come concludere?  Stallo, o quasi. Perché, gli unici a non poter restare fermi, e  per forza propria, sono i media.  Ma per andare dove?

Carlo Gambescia          
                                    

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