Il silenzio dell’intelligenza liberale
Gli intellettuali borghesi sono sempre
quelli di una volta...
I
borghesi devono fare i borghesi i proletari i proletari. Così Pareto, rimproverando i liberali del suo tempo, privi di nerbo. Naturalmente l’Italia in cui visse il
grande sociologo era diversa da quella di oggi. C’erano le classi, ed erano
ben definite. Però, più di cento anni dopo, la borghesia italiana, intellettuale e
liberale, anche per professione ( avvocati, professori, giornalisti, ingegneri eccetera), come ceto, è sempre lì in cattedra. E continua come sempre a eccellere in due attività: o curare il proprio orticello o lasciarsi “andare verso il popolo”. Talvolta, è talmente "brava" da riuscire a fare le due cose insieme.
Questi
due atteggiamenti, grettezza e populismo, dopo la Prima Guerra Mondiale
promossero e animarono trasversalmente il fascismo e l’antifascismo. Due
“regimi” che fecero strame della tradizione liberale ottocentesca, dai cui rigogliosi rami discendeva la borghesia intellettuale ( una autentica minoranza) che era riuscita a unificare l’Italia.
Per poi smarrirsi, probabilmente a causa dello sforzo colossale. Nel Secondo Dopoguerra, la cappa
cattolica e social-comunista scesa sulla cultura politica italiana farà il resto.
Oggi,
come un secolo fa, viviamo nel
conformismo politico generale, pochi si dichiarano apertamente liberali. E quei
pochi non sono d’accordo su nulla. E qui penso ai variopinti liberalismi dei professori.
Ad
esempio, alcuni giorni fa, come gli amici lettori sanno, ho rivendicato il valore del diritto di
proprietà con toni forti: da borghese fiero del proprio ruolo e del nesso
tra proprietà e libertà. Potrei dire, in modo autoironico, da
Pareto spiegato al popolo (*). E dopo cosa è successo? Che - procedo per larghe sintesi - un parte della borghesia, quella
umanitarista, quella che continua a volare, anzi direi addirittura in picchiata verso il popolo, mi ha attaccato secondo modalità sulle quali preferisco sorvolare, per contro a mia difesa si sono levati
numerosi “intellettuali borghesi”, anche fuori d’Italia, in modo
coraggioso: uno in particolare, l’amico Alessandro Litta Modignani, liberale
autentico. Ma, ecco il punto: si è sguainata la spada in mia
difesa per rivendicare il metodo liberale (si può non essere d’accordo con Gambescia, ma…), non
la sostanza del liberalismo (la difesa
del diritto di proprietà quale primaria fonte di indipendenza personale dinanzi al potere
politico).
Certo, non tutto il liberalismo è schierato in modo
chiaro dalla parte del diritto di
proprietà. I liberali macro-archici e
archici sono favorevoli al suo ridimensionamento pubblico, al contrario, micro-archici e an-archici lo difendono a spada tratta.
Però,
il mio articolo poteva essere occasione per discutere della questione "almeno" tra
liberali, anche dalle “tendenze" differenti.
E invece, come ho detto, ho ricevuto consenso sul
metodo - che ho apprezzato ovviamente - e dosi massicce di agnosticismo sul merito. Naturalmente, mi riferisco all’
intelligenza che si riconosce e dichiara liberale.
Il silenzio dei nipotini del fascismo
era ed è scontato. Come del resto quello dei tardi epigoni
dell’antifascismo. Parlo delle sue frange moderate (almeno apparentemente).
Come
concludere? Che gli intellettuali borghesi, sono sempre quelli di una volta...
Carlo Gambescia
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