martedì 10 maggio 2016

Il silenzio dell’intelligenza liberale
Gli intellettuali borghesi sono sempre quelli di una volta...



I borghesi devono fare i borghesi i proletari i proletari. Così Pareto, rimproverando i liberali del suo tempo, privi di nerbo.  Naturalmente l’Italia in cui visse il grande sociologo era  diversa da quella di oggi. C’erano le classi, ed erano ben definite.  Però, più di cento anni dopo, la borghesia italiana, intellettuale e liberale, anche per professione ( avvocati, professori, giornalisti, ingegneri eccetera), come ceto, è sempre lì in cattedra. E continua come sempre a eccellere in due attività:  o  curare  il  proprio orticello  o  lasciarsi   “andare verso il popolo”.   Talvolta, è talmente "brava" da riuscire a fare le due cose insieme. 
Questi due atteggiamenti, grettezza e populismo,  dopo la Prima Guerra Mondiale promossero e animarono trasversalmente il fascismo e l’antifascismo. Due “regimi” che fecero strame della tradizione liberale ottocentesca, dai cui rigogliosi rami discendeva la  borghesia intellettuale ( una autentica minoranza) che  era riuscita a unificare l’Italia. Per  poi smarrirsi, probabilmente a causa dello sforzo colossale.  Nel Secondo Dopoguerra, la cappa cattolica e social-comunista scesa sulla cultura politica italiana farà il resto. 
Oggi, come un secolo fa,  viviamo nel conformismo politico generale, pochi si dichiarano apertamente liberali. E quei pochi non sono d’accordo su nulla. E qui penso ai variopinti liberalismi dei professori.
Ad esempio, alcuni giorni fa, come gli amici lettori sanno, ho rivendicato il valore del diritto di proprietà  con toni forti: da borghese fiero del proprio ruolo e del nesso tra  proprietà e libertà.  Potrei dire, in modo autoironico, da Pareto spiegato al popolo (*). E dopo cosa è successo? Che -  procedo per larghe sintesi -   un parte della borghesia, quella umanitarista, quella che continua a volare,  anzi direi addirittura in picchiata verso il popolo,  mi ha attaccato secondo modalità  sulle quali preferisco sorvolare,  per contro a mia difesa si sono  levati  numerosi “intellettuali borghesi”, anche fuori d’Italia, in modo coraggioso: uno in particolare, l’amico Alessandro Litta Modignani, liberale autentico.  Ma, ecco  il punto: si è sguainata la spada in mia difesa per rivendicare il metodo liberale (si può  non essere d’accordo con Gambescia, ma…), non la sostanza  del liberalismo (la difesa del diritto di proprietà quale  primaria  fonte  di indipendenza personale dinanzi al potere politico).
Certo,  non tutto il liberalismo è schierato in modo chiaro  dalla parte del diritto di proprietà.  I liberali macro-archici e archici  sono favorevoli al suo  ridimensionamento  pubblico, al contrario, micro-archici e an-archici  lo  difendono a spada tratta.
Però, il mio articolo poteva essere occasione per discutere della questione "almeno" tra liberali, anche dalle “tendenze" differenti.  E invece, come ho detto,  ho ricevuto  consenso sul metodo  - che ho apprezzato ovviamente -  e dosi massicce di   agnosticismo sul merito.  Naturalmente,  mi riferisco all’ intelligenza che si riconosce e dichiara liberale.  Il silenzio dei nipotini del fascismo  era ed è   scontato.  Come del resto quello dei tardi epigoni dell’antifascismo. Parlo delle sue  frange moderate (almeno apparentemente).
Come concludere? Che gli intellettuali borghesi, sono sempre quelli di una volta...

Carlo Gambescia                   

  

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