giovedì 3 novembre 2022

Bruti

 


Se Forza Italia, cosa che al momento riteniamo difficile (ancora abbiamo sotto gli occhi il volto tronfio di Tajani, domenica in tribuna d’onore), non deciderà di uscire da una maggioranza di bruti politici, allora tutto è possibile.

Parliamo di una maggioranza che per bocca della Meloni è addirittura fiera dello scempio della democrazia parlamentare, rappresentato dal decreto anti-rave che introduce pene sproporzionate senza consultare il parlamento. Ecco i veri bruti. Altro che i ragazzi dei rave… Un decreto al quale Mattarella ha apposto al sua firma. E anche questo è un segno dei tempi.

Il destino dell’ Italia rischia di diventare lo stesso di una seconda Ungheria, una seconda Polonia, e sempre più giù, scivolando verso la Turchia di Erdoğan e la Russia di Putin.

La sinistra ha la colpa di non aver interrotto la pericolosa china di governare per decreto che risale all’ultimo governo Belrusconi, caduto nel 2011. 

La sinistra ha accettato  il verdetto elettorale, lasciando che bruti, votati da milioni di altri bruti, si impadronissero dell’Italia. Se giustamente o meno  lo dirà la storia... Non sorprendano le nostre parole: gli uomini non imparano mai. La democrazia è una elegante confezione regalo a sorpresa: può racchiudere dolci deliziosi o cioccolatini avvelenati.

Se si giungerà, cosa possibilissima, all’introduzione del presidenzialismo, fortemente voluto dalla destra, il governo di questi bruti rischia di durare almeno due legislature. E in dieci anni può accadere di tutto… La destra può blindare una repubblica presidenziale modello Orbán-Erdoğan. L’Italia potrebbe così finire nell’orbita di Putin. Altro che modello autonomo.

Giorgia Meloni in Europa punta in alto, a parole ovviamente. Parla di confederalismo e difesa comune (tra l’altro due obiettivi contraddittori, almeno dall’epoca della Lega o Confederazione di Delo), solo per distruggere le istituzioni esistenti, indicando il miraggio di un' Europa delle nazioni. Che non è altro che un passo indietro.

Perché se passasse l’idea confederale non si avrebbe più bisogno di un parlamento europeo e probabilmente neppure di una moneta unica. Si razionalizzerebbe l’idea del governo dei governi: governi che a tavolino tratterebbero su ogni cosa. Come oggi in fondo, ma con una parlamento europeo svuotato delle sue potenzialità storiche e liberal-democratiche di costruzione dell’unità europea su base parlamentare, come avvenne nei processi di edificazione nazionale ottocenteschi (ieri Nation building, oggi Europe building).

Sicché, con il confederalismo, le élite criticate dalla destra, conterebbero più di prima. Con la differenza che sarebbero nazionaliste e non europeiste. L’Europa confederata della Meloni non è sicuramente l’Europa dei popoli né dei parlamenti. Si pensi ai caotici Stati Uniti prima della Guerra di Secessione o alla intricata Confederazione germanica prima dell’unificazione bismarckiana.

Ciò che infastidisce, perché veramente pericoloso, di questa donna brutale, brutale come la sua gente politica, è il disprezzo per l’avversario e per qualsiasi idea che contrasti con le sue. Qui si torna al grande tema della “tentazione fascista”. Che oggi ha il volto degli Erdoğan, degli Orbán, dei Putin eccetera.

Un disprezzo che sconfina nella menzogna. In uno sporco gioco al rialzo politico.

Ad esempio, la Meloni ha dichiarato, con scherno, che l’Unione Europea “si occupa di gender” e non di acquisizione comune dell’energia. Eppure dovrebbe sapere che l’acquisto comune di energia è reso difficile proprio dalle divisioni, che la stessa Meloni incoraggia, e che nell’Europa confederale, che vagheggia, sarebbe addirittura impossibile.

Il momento è  grave. Siamo nelle mani di bruti, bugiardi e pericolosi.

Carlo Gambescia

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