giovedì 14 ottobre 2021

Si può arrestare la decadenza?

Si può arrestare la decadenza? O addirittura invertire la tendenza al declino dell’ Europa e persino dell’intero Occidente? Intanto si può dire che la decadenza come processo sociale – cioè qualcosa che va dalla nascita alla morte di un’ impresa, di una famiglia, di un’ associazione, di uno stato – ha una dinamica interna, non facilmente arrestabile, proprio perché segnata dal conflitto. Infatti, gli individui, che sono parte del processo (genitori e figli, imprenditori e lavoratori, dirigenti e iscritti, governanti e governati), sono regolarmente divisi sugli interessi e sui valori da difendere o evocare. Facciamo un solo esempio di tipo politologico, su larga scala: per un democratico, il fascismo è una forma di decadenza politica, mentre per un fascista è stessa democrazia un effetto della decadenza politica. Due posizioni, come evidente, inconciliabili. Pertanto, per prima cosa si dovrebbe essere d’accordo su che cosa, in un determinato momento storico, è decadenza. Cosa, ripetiamo, sociologicamente non possibile. Pertanto, non si può arrestare ciò che non si conosce o si conosce solo parzialmente, perché, nell’ambito dell’intervento politico, principi diversi rinviano a mezzi diversi. Tuttavia, piaccia o meno, in ultima istanza, soprattutto sul piano della politica esterna in particolare, è la forza a decidere. Di qui, l’importanza del riconoscimento del nemico. Esistono allora fattori oggettivi, regolarità metapolitiche, che, al di là delle diverse finalità di parte politica, segnano i processi di decadenza politica? E che, quindi riconoscendoli, sia possibile prevenirli, o comunque contrastarli, politicamente? Si e no? Se la politica è riconoscimento di un nemico, che può essere affrontato, una volta riconosciuto, seguendo una scala di reazioni che non esclude la guerra, occorrono uomini politici in grado di riconoscerlo. Insomma capaci uomini di stato. Il contrario, per dire le cose come sono, di un Mario Draghi che ha sposato, quasi senza accorgersene, la causa delle “politiche tacite della decadenza” (*). Non si può “programmare” la nascita di un grande politico. Perché la nascita del grande uomo di stato è frutto del caso. E non è detto, inoltre, che grandezza e rispetto dei valori umani vadano sempre insieme. Ad esempio, nel Novecento, solo quattro uomini politici, o meglio di stato, si sono confrontati con il problema della decadenza. Il generale Charles de Gaulle, il grande leader conservatore Winston Churchill, e due dittatori come Hitler e Mussolini. Ovviamente per de Gaulle e Churchill il fascismo era una forma di decadenza, per Hitler e Mussolini lo era la democrazia. Di qui, due “soluzioni” opposte. In tutti e quattro, però, sussisteva la consapevolezza che solo la guerra avrebbe risolto il conflitto tra le due idee di decadenza. Ovviamente, abbiamo semplificato. E chi scrive, gioisce, come uomo, del fatto che il generale de Gaulle e Churchill, entrambi fermissimi nel loro antinazismo, abbiano avuto la meglio, consentendo così alla democrazia liberale di proseguire nel suo cammino, per quanto accidentato. Hitler e Mussolini avrebbero cancellato la democrazia, e dal loro punto di vista, con ragione (ragione, si fa per dire, ma dal punto di vista analitico, oggettivamente, le motivazioni degli uni, valgono come quelle degli altri…). Ora, il principale problema della decadenza europea e dell’Occidente, al di là di una serie di fattori demografici, economici, sociali, è rappresentato, dal ripiegamento pacifista, dal rifiuto del conflitto, nonché da un fatto, importantissimo: che oggi siamo privi di statisti all’altezza di Charles de Gaulle e Winston Churchill, capaci di giudicare la guerra, se e quando necessario, un proseguimento della politica con altri mezzi. Fortunatamente, per ora, all’orizzonte, non si scorgono, nuovi Mussolini e nuovi Hitler, armati fino ai denti, soprattutto come quest’ultimo. Se sorgessero, anche altrove, l’Europa sarebbe incapace di difendersi, perché, come detto, rifiuta la guerra, dal momento che respinge l’idea stessa di nemico. Infatti, sembra prevalere l’idea pedagogica, a sfondo psico-culturale, di poter convincere il nemico delle nostre buone intenzioni. In nome di che cosa? Della pace mondiale… Di una specie di miracolosa sintesi finale. Hegelismo allo stato puro, per dirla filosoficamente. Il sociologo serio sa invece che ciò non è possibile, perché l’idea di decadenza, in senso oggettivo, metapolitico, è racchiusa nella stessa natura sociale dell’uomo. Segnata, in modo costitutivo (i filosofi direbbero ontologico), dal conflitto tra valori e interessi. Ciò indica che per un verso il conflitto è molla di progresso, per l’altro di decadenza. Insomma, la natura conflittuale dell’uomo esclude qualsiasi sintesi finale. Che poi per alcuni sia una ispirazione è cosa nobilissima… Si chieda però ai pacifisti come si vuole perseguire la pace? Facendo la guerra ai “nemici della pace”… Piaccia o meno, ma il conflitto, per scopi egemonici, altra costante metapolitica genera progresso come decadenza. Ovviamente, non tutti i conflitti, sono di tipo militare, esistono fenomeni, come la competizione, l’opposizione, la disputa, la contesa, il dissidio, la divergenza, la contrapposizione. Il liberalismo archico (**), politico, ha giustamente teorizzato e praticato alcune utili forme di armistizio sociale, come il mercato, il parlamento, il governo delle leggi. Tuttavia, il processo sociale, di cui parlavamo all’inizio, indica, in senso più ampio, che imprese, famiglie, associazioni, partiti e stati, sono istituzioni, segnate da contrasti. E che spesso la cooperazione è in funzione del conflitto esterno, come pure talvolta serve a mascherare il conflitto interiore. E di questo, come della possibilità degli “armistizi sociali”, non si può non tenere conto. . Riassumendo, si può fermare la decadenza europea? Sì e no. Sì, ma servirebbero grandi politici all’altezza della situazione. No, perché, per ora, mancano. E comunque sia, ragionando per grandi numeri storici, non esistono le miracolose soluzioni definitive evocate dai pacifisti. Ci si deve rassegnare. Il conflitto, come detto, è fonte di progresso come di decadenza. Fa parte dell’ordine naturale delle cose sociali. Una verità metapolitica, scoperta, più di duemila anni fa, da quel sociologo ante litteram di nome Eraclito… (Carlo Gambescia) P.S. Ci scusiamo per la formattazione. Ma purtroppo per il momento meglio di così... *********************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************** (*) Qui: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/draghi-il-g20-e-le-politiche-tacite-della-decadenza/ (**) Si veda il nostro “Liberalismo triste”: https://www.ibs.it/liberalismo-triste-percorso-da-burke-libro-carlo-gambescia/e/9788876064005

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