giovedì 28 luglio 2022

Ucraina, servono armi pesanti e controffensiva

 



Il sociologo russo Lev Gudkov, autore con Victor  Zaslavsky di un testo molto interessante sull’involuzione russa dopo le speranze, per quanto tenui, degli anni Novanta (*), si mostra pessimista sulla capacità di reazione alla guerra in Ucraina del popolo russo.

Ma lasciamo la parola a Gudkov, che dirige il più rinomato istituto demoscopico indipendente del Paese, il Centro Levada. Ovviamente boicottato dal governo. E non ancora  intervistato, qui in Italia, da Lucia Annunziata. Almeno a far tempo dall’inizio dell’invasione russa. Quando si dice il caso...

«I russi si sono “rassegnati” alla guerra in Ucraina e continuano a sostenere il presidente Vladimir Putin in una forma di “complicità passiva”, che affonda le sue radici nell’atteggiamento del cittadino sovietico col potere (…)”Se i sondaggi dei giorni subito successivi all’invio dell’esercito, il 24 febbraio, mostravano un’approvazione del 68% per le azioni di Putin, il dato è arrivato all’81% a marzo per poi stabilizzarsi, tra aprile e giugno, intorno al 74-77%”. Non si tratta, spiega Gudkov, di un'”euforia” collettiva come era stato per l’annessione della Crimea, nel 2014, ma piuttosto di “mancanza di resistenza morale”. Rispetto a otto anni fa, questo consolidarsi del consenso avviene in circostanze molto diverse: prima di tutto, quella di un “totale isolamento mediatico”. “Dal 24 febbraio”, ricorda il vicedirettore del Levada, “si stima siano stati vietati 2-3mila siti internet e chiuse circa 180 testate, di cui alcune molto autorevoli come Novaya Gazeta e la radio Eco di Mosca; senza contare che i blogger vengono multati, che si rischia il carcere per l’accusa di fake news e che anche Facebook è stato bloccato. Il sociologo lo definisce “sostegno a bassa intensità”, un sentimento a suo modo contraddittorio: “Da una parte si registrano soddisfazione e orgoglio tra gli intervistati (51%), dall’altra quasi lo stesso numero (il 47%) ammette di sentirsi ‘inquieto’ per la morte sia dei civili ucraini che dei soldati russi”. L’appoggio alla guerra, inoltre, non va di pari passo con la disponibilità a combattere per la propria patria – solo il 2-3% si dice disposto a farlo – né con un senso di responsabilità per le morti civili. “La maggior parte degli intervistati non capisce nemmeno la domanda sulle responsabilità come popolo per quanto sta accadendo”, riferisce il sociologo, “in media solo il 10% avverte un problema di coscienza: è il tradizionale atteggiamento sovietico di esprimere un’approvazione semplicemente dimostrativa verso il potere, senza poi volerne rispondere o partecipare. È il comportamento caratteristico di una società in condizioni di regime totalitario, una complicità passiva coi crimini dello Stato”. Pertanto, conclude Gudkov, “nonostante il calo del tenore di vita, l’inflazione, le sanzioni, la carenza di alcuni prodotti come i medicinali, il livello di soddisfazione generale è aumentato in modo molto evidente e registriamo tutti i segni di un consolidamento di massa del consenso nei confronti del potere” » (**).

Grazie alla passività della popolazione russa, soprattutto se Europa e Stati Uniti, continueranno a inviare armi con il contagocce all’Ucraina, la guerra rischia di durare a lungo. Il prossimo anno potremmo essere ancora a qui a parlare delle stesse cose.

In Occidente ci si illude che la Russia possa fare un passo indietro. Ma non si capisce come e perché dovrebbe farlo, se dispone: a) di armi sufficienti per condurre una guerra, anche a bassa intensità; b) del controllo totale della pubblica opinione interna.

Le guerre si vincono in relazione agli obiettivi prefissati solo se si dispone di forze superiori a quelle del nemico.

Ora, in Occidente, l’unico obiettivo chiaramente prefissato, è quello di non estendere la guerra. Ma anche quello, crediamo, di non voler respingere le truppe russe oltre i confini dell’Ucraina. Cioè non viene preso in considerazione neppure l’obiettivo minimo o se si preferisce quello più realistico.

Di qui l’illusorio ricorso alle sanzioni economiche e l’invio di armi con il contagocce.Insomma  l' Occidente  spera  di cavarsela a buon mercato.

Però quanto afferma Gudkov indica che le sanzioni sui russi sembrano essere ininfluenti. Per contro in Europa, forse più che negli Stati Uniti,  l’opinione pubblica sembra essere  molto divisa sull’invio di armi, in particolare quelle pesanti. Come pure sulle sanzioni economiche: si teme possano incidere sul tenore di vita. Sicché con l’arrivo dell’inverno e di una salatissima bolletta energetica le azioni della Russia rischiano di salire ancora di più.

In Italia, dalle prossime elezioni, tra poco meno di due mesi, potrebbe addirittura uscire vincitore un governo filorusso. Si parla già per l’Italia di “modello Orbán”.

Di qui l’importanza dell’invio di armi pesanti e di una controffensiva ucraina, del resto implorata da Kiev da più di due mesi.  Ma gli Stati Uniti cincischiano e l’ Europa non è da meno. Inoltre in Italia, come osserva il politologo americano Ian Bremmer, presidente di Eurasia Group,

«il terreno è più fertile che altrove in Ue, dove l’opinione pubblica (per ragioni storiche e alla luce dei legami economici) è stata più altalenante. Questo Paese dopotutto non ha memoria di cosa sia un’invasione russa e il sentimento anti-Nato scorre sotterraneo sotto le estreme dell’arco politico» (***).

Se controffensiva deve essere, ora che siamo in  estate è il momento  propizio. Non a ottobre.

Insomma, ogni giorno è prezioso. Però come recita l’adagio, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.

Carlo Gambescia

(*) Lev Gudkov e Victor Zaslavsky,  La Russia da Gorbaciov a Putin, il Mulino 2010.
(**) Qui l’intera intervista: https://www.agi.it/estero/news/2022-07-26/gudkov-consenso-russi-putin-consolida-17563085/ .
(***) Qui: https://formiche.net/2022/07/draghi-oltre-draghi-bremmer-spiega-come-fermare-lopa-russa/ .

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