sabato 16 luglio 2022

Salvare il "soldato" Draghi

 


Che Giuseppe Conte, oltre che mediocre avvocato e non brillante professore di diritto (altrimenti non si sarebbe tuffato in politica da un giorno all’altro), sia – diciamolo – un demagogo è un dato di fatto. Non si fa cadere un governo in mezzo a una crisi mondiale, militare ed economica.

Che Mario Draghi, non abbia senso politico, perché abituato, per professione – semplificando: direttore di banca, pubblica per giunta – a impartire stizzosi ordini ai sottoposti è un altro dato di fatto.

Che infine, la caduta di Draghi, possa portare alle elezioni anticipate, è un gran danno politico, perché rischia di vincere una destra, che non è assolutamente in grado di governare, incapace di andare oltre il “dio, patria e famiglia”. E questo è il terzo dato di fatto.

Che fare allora? Intanto va sottolineato che la sinistra, programmaticamente parlando, non è altrettanto capace di andare oltre il costoso individualismo protetto (quarto dato di fatto). Quindi una vittoria elettorale della sinistra, cosa comunque poco probabile al momento (stando almeno ai sondaggi),  sarebbe altrettanto dannosa sotto il profilo della spesa pubblica. Cosa che però, attenzione, vale anche per la destra.

Perciò è difficile rispondere. Perché è tardi per una riforma elettorale (poi in che senso? Proporzionale? Maggioritario? ). Come pure, resta difficile, ripetiamo, una virata economica in senso liberale. Destra e sinistra sono per l’assistenzialismo. Le polemiche sul cuneo fiscale – vecchio ronzino concettuale keynesiano – ricordano le polemiche tra sommelier sulla temperatura ideale alla quale bere lo stessa marca  di vino rosso.

Tuttavia, in questo stallo di idee e di programmi,  l’ unico aspetto da tenere d’occhio, veramente d’occhio, è quello internazionale. Di qualsiasi governo si parli, non dovrà assolutamente essere neutrale (in particolare nell’ambiguo vecchio senso socialista del “né aderire né sabotare”), o addirittura biecamente filorusso. Pertanto, sotto questo aspetto, un governo non vale l’altro. L’Italia deve restare ben radicata nello schieramento occidentale. Il posto dell’Italia è in Occidente. E quello dell’Occidente è di essere a fianco dell’Ucraina. Ecco ciò da cui non si dovrà mai deflettere.

Pertanto la preoccupazione di Washington e Bruxelles per la crisi di governo in corso rimanda al timore di una involuzione geopolitica. Di conseguenza, chiunque parli di interferenze degli Stati Uniti e dell’Unione Europea prova, una volta di più, di essere schierato con la Russia. Ripetiamo: l’Italia è l’Occidente e l’Occidente è l’Italia, perciò non vi è alcuna interferenza, dal momento che per tradizione storica, politica ed economica e sistemi di vita siamo per così dire un’unica famiglia.

Perciò il “soldato” Draghi andrebbe salvato perché buon amico dell’Occidente e dell’Ucraina. Come pure andrebbe favorita, in vista delle elezioni, un’ alleanza di centro-sinistra (quindi allargata al centro, Calenda e moderati di Forza Italia), non per i suoi programmi economici, disastrosi sul piano delle scelte liberali, ma perché occidentalista. Diciamo che, quando verrà il momento, l’elettore liberale dovrà turarsi il naso e votare lo schieramento che si oppone alla politica aggressiva di Mosca.

Ripetiamo, il “soldato” Draghi, per quanto non convinca politicamente, per ora, va salvato. Il governo deve andare avanti (con o senza pentastellati). Una vittoria elettorale, a breve, in piena guerra,  della destra sarebbe disastrosa. Oltre a Berlusconi e Salvini che non hanno mai nascosto le loro simpatie per Putin, non c’è da fidarsi di Giorgia Meloni, le cui radici missine, sempre vive, sono anticapitaliste e antioccidentali.

Purtroppo al peggio non vi è mai fine. Inoltre, quando si voterà, si spera il prossimo anno, la scelta non potrà che essere tra due schieramenti politici spendaccioni, cosa sulla quale si può chiudere provvisoriamente un occhio, ma con posizioni differenti verso Mosca.

E, piaccia o meno, non ci stancheremo mai di ripeterlo, il nostro posto, parliamo dell’Italia, è dentro l’Europa e dentro l’Occidente. A fianco di Kiev non di Mosca.

Carlo Gambescia

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