mercoledì 27 luglio 2022

“Fascismo immaginario”, una risposta a Carlo Pompei

 


A proposito del mio articolo di ieri sul “fascismo immaginario” (*) ho ricevuto sulla mia pagina Fb un interessante commento dell’amico Carlo Pompei, uno dei suoi, quindi sempre stimolante (**) . Che va subito letto.

Buonasera.
Dico la mia, ovviamente, opinione.
Innanzitutto per leggere adeguatamente il fenomeno bisogna scinderlo in protofascismo (che va scisso a sua volta, ma è un’altra storia), neofascismo (anni ’50-80), neopostfascismo (anni ’90), neopostpseudofascismo (anni ’00-oggi).
Tralasciando simpatie (o “allopatie” trasversali) berlusconiane e leghiste più o meno di comodo (come dimenticare la stagione Bossi-Fini a confronto con la Turco-Napolitano a proposito di immigrazione?), conosciamo il trasformismo occasionale delle “quote rosa di destra”, dalle donzelle berlusconiane più o meno preparate fino alla “sorella della Garbatella”, come viene chiamata dai duri e puri extraparlamentari, perché, sì, i colonnelli ci sono, ma somigliano a quegli orrendi cagnolini da lunotto diffusi negli anni ’70, quelli che dicevano NO con la testa se percorrevi una curva e dicevano sì se prendevi una buca.
A buon intenditor…
Non sono convinto che il fascismo sia tutto ideologicamente da buttare.
Da buttare senza esito sono i metodi di sempre e la quasi totalità delle interpretazioni del dopoguerra e contemporanee.
Soprattutto le contemporanee, che, sempre secondo me (e secondo molti elettori di destra) con il protofascismo mussoliniano hanno poco o nulla a che fare, se non considerando un’estetica grottesca.

Carlo Pompei

Il commento va suddiviso in tre parti. La prima sulla periodizzazione. La seconda sul leaderismo. La terza sul fascismo “ideologicamente” non “tutto da buttare”, in particolare il protofascismo mussoliniano.

1) Sulle periodizzazioni concordo con l’intelligente proposta di Carlo Pompei. Da sviluppare, certamente. Fermo restando però, almeno dal mio punto di vista, quell’inevitabile meccanismo della “tentazione”, che attraversa, con varia intensità, le varie fasi, quindi la periodizzazione stessa, del fenomeno fascista.

2) Il leaderismo missino e post-missino rinvia al culto del capo, tipico di quel mondo. Quindi anch’esso è inevitabile. Certo, ora, “tocca” a una donna. I tempi sono cambiati ma il succo è lo stesso. Ovviamente al leaderismo si collega la questione del colonnellismo: un leader semi-militarizzato, com’è di regola in quell’ambiente, ha bisogno dei suoi colonnelli, come Napoleone aveva bisogno dei suoi generali.

3) Sul “non tutto da buttare”, va sottolineato che il fascismo è attraversato da certo anarchismo individualistico che rinvia a un’ interpretazione, di derivazione nicciano-dannunziana, dell’intellettuale come “profeta armato” che tenta di contrastare la decadenza. Un approccio che rientra nello schema della tentazione fascista. Va anche detto che l’ anarchismo è una forma, per quanto estrema, di libertarismo. Pertanto è comprensibile, che alcuni spiriti liberi – e Carlo Pompei è tra questi – siano attirati dalla vena libertaria del “protofascismo” che anima in parte il cosiddetto fenomeno del diciannovismo imperniato sul programma di piazza San Sepolcro, quello del “Fasci Italiani di Combattimento”.

Allora perché non parlare apertamente di repubblicanesimo e sindacalismo rivoluzionario? Difficile rispondere.

In realtà, ecco il punto, cosa ci può dire oggi l’anima repubblicana e sindacalista-rivoluzionaria del diciannovismo? Viviamo in una Repubblica, per quando imperfetta, e il sindacalismo non è mai stato libero come ora. A dire il vero, il sindacalismo rivoluzionario, proprio perché tale, non era riformista: sognava una specie di rivoluzione permanente gestita dai sindacati in chiave di socialismo autogestionario. È attuabile oggi? Sospendo il giudizio.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/sul-fascismo-immaginario/ .

(**) Qui: https://www.facebook.com/profile.php?id=100008324616777 .

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