lunedì 4 luglio 2022

Ius Scholae, una provocazione

 


L’ultima trovata, il cosiddetto ius scholae, è di una macchinosità da manuale del perfetto burocrate.

In base al testo all’esame di Montecitorio, "perché acquisisca la cittadinanza italiana, i genitori dell’interessato, un minore in possesso dei requisiti – purché siano entrambi residenti in Italia – dovranno rendere una 'dichiarazione di volontà' entro il compimento della maggiore età del ragazzo". Inoltre  “l’interessato [...] potrà rinunciare alla cittadinanza acquisita entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, purché in possesso di altra cittadinanza, e, viceversa, fare richiesta di acquisto della cittadinanza all’ufficiale di stato civile entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, ove i genitori non abbiano reso la dichiarazione di volontà. Una norma del testo specifica che il requisito della minore età si considera riferito al momento della presentazione dell’istanza o della richiesta da parte dei genitori” (*).

Roba pazzi, carte su carte.

In realtà, nostra modesta proposta, il diritto di cittadinanza andrebbe cancellato. Basterebbe una legge costituzionale capace di sostituire nella Carta – dove necessario – all’espressione “tutti i cittadini”, “tutti gli uomini e le donne”. Ubi bene, ibi patria. Punto.

Naturalmente, andrebbe del pari eliminata tutta la parte assistenzialistica della Costituzione. La ratio della misura, qui proposta, rimanda al seguente principio: chiunque può venire in Italia, per ragioni di piacere, di lavoro, di studio, eccetera, ma a sue spese. Nessun sussidio.

Ovviamente, si parla di una “regola” estesa a “tutti gli uomini e le donne”, già residenti e non: “italiani e non italiani”, per usare, chiedendo scusa, il becero linguaggio della destra.

Ciò significa, che la permanenza in Italia imporrebbe come unica condizione, tra l’altro sociologicamente implicita (nel senso di non dettata dal diritto positivo), la capacità di mantenimento in vita attraverso la legge, però economica, della domanda e dell’offerta di lavoro. Tecnicamente, si chiama anche equilibrio di mercato, roba da primo anno di economia.

Già ci sembra di sentire le critiche della destra e delle sinistra stataliste. Destra: “L’Italia sarebbe invasa da orde di stranieri!”. Sinistra: “Come si può far morire gli uomini e le donne privi di lavoro?”.

In realtà, il meccanismo della legge della domanda e dell’offerta sarebbe un potente regolatore, al di là del bene e del male, dei flussi migratori. L’impossibilità di trovare un lavoro, come pure la certezza di non trovare nessun aiuto, dissuaderebbe i cosiddetti “viaggi della speranza”. E viceversa, ovviamente.

Si badi però, non stiamo parlando dell’accoglienza dei rifugiati politici. Ci mancherebbe altro. Però, in quest’ultimo caso, per renderla autentica, andrebbe cambiato, sul piano dei principi, l’articolo 1 della Costituzione, in questo modo: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sulla libertà”. Non più sul lavoro, quindi. Perché quest’ultimo, come sa chiunque mastichi di economia, rinvia alla legge della domanda e dell’offerta. Di conseguenza, chi lo desideri – ecco il perché della “Repubblica democratica, fondata sulla libertà” – può decidere liberamente, se vi riesce, di vivere senza lavorare. Ma resta affar suo. Detto altrimenti, per usare lo slogan che piace tanto alla sinistra: ok, perfetto,  "tutti cittadini dell’umanità", ma non a spese dell’umanità. Come pure, ripetiamo, per lo stesso principio di libertà, non andrebbe mai negato l’ingresso a chiunque veda calpestata nel paese di origine la propria libertà individuale.

Sì,  lo ammettiamo, la nostra è una provocazione. Però, francamente, ai vergognosi muri della destra razzista e al costoso welfarismo della sinistra, preferiamo "il tana liberi tutti" della legge economica. Che, come il dio del Manzoni, “atterra e suscita”.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.ilsole24ore.com/art/cittadinanza-ecco-chi-puo-ottenerla-lo-ius-scholae-AEKDaEjB .

 

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