sabato 8 novembre 2025

Pasolini ideologo: un fascista rosso contro la modernità

 


Può sembrare paradossale e provocatorio, ma non sono pochi i legami tra Pier Paolo Pasolini e certo spirito fascista: antiborghese, anticapitalista, permeato di valori strapaesani e di odio verso la città — per riprendere l’eco di una polemica interna alla cultura fascista, tra sostenitori della città e difensori della campagna.

A cinquant’anni dalla sua morte, il 2 novembre 1975, non si può non rimpiangere lo scrittore, il poeta e, probabilmente, nonostante l’ermetismo, anche il regista. Ma occorre prendere le distanze — soprattutto oggi, dinanzi all’onda nera dilagante del nuovo populismo di destra e di sinistra — dall’ideologia politica pasoliniana che, pur denunciando all’epoca un “fascismo cosmico”, resta nel fondo retriva e antimoderna, e culturalmente predisposta  alla captazione di  derive populiste.

Il grande problema di Pasolini resta la sua incomprensione della modernità, di cui seppe cogliere solo gli aspetti negativi: prima la nascita del tipo subproletario, come buon selvaggio, poi quella del piccolo borghese universale, omologato e omologante, come in fondo sostenevano Sombart e Jünger, molto prima della Scuola di Francoforte (per non andare ancora più indietro). Pasolini non vide invece i lati positivi: il miglioramento, lento ma reale, delle condizioni di vita di molti.



Quanto al suo comunismo, è qualcosa a metà strada tra la pulsione romantica e l’accettazione del materialismo storico: un comunismo sospeso tra razionalismo e irrazionalismo. 

Non vanno certo disconosciute le buone intenzioni di Pasolini, proiettate verso una sorta di “regno dei fini” in cui, quasi per miracolo (fattore irrazionale), avrebbe dovuto trionfare il comunismo (fattore razionale). In qualche misura, alla preistoria capitalista si sarebbe così sostituita la storia di una nuova civiltà comunista.

Ma questa visione rinvia a un manicheismo di fondo: nel presente Pasolini vedeva solo il male (da cui l’idea del “fascismo cosmico”), mentre nel futuro immaginava un uomo nuovo — antico nel cuore, moderno nello slancio romantico — capace di superare l’arida idea capitalista di progresso, inteso come pura crescita materiale, priva di sviluppo dei valori umani più elevati.



Dicevamo all’inizio dei possibili legami tra Pasolini e certo fascismo romantico. Ovviamente Pasolini non era un fascista, ma la sua antipatia verso il capitalismo borghese — e, di riflesso, verso il liberalismo, considerato una delle peggiori forme dell’individualismo moderno — rinvia alla polemica antiborghese e antiliberale del fascismo. E  come esempio   si pensi  - semplificando -  al fascismo rosso di un Robert Brasillach e di un Pierre Drieu La Rochelle. Fermo restando l'aspetto di una contiguità concettuale piuttosto che reale.

Di qui, sulla scia culturale di quella che fu chiamata la “Nuova Destra” degli anni Ottanta, in Francia e in Italia, la simpatia dei non conformisti di destra (come amavano definirsi...) per  il crepuscolare Pasolini, nemico del “Palazzo”. Non ultima, a influire, fu certa rilettura in chiave neo-tradizionalista di Pasolini da parte di Augusto Del Noce che piacque ai movimentisti di  Comunione  e Liberazione e di riflesso alla cosiddetta  "destra sociale".

Oggi, sicuramente, nei gretti ambienti meloniani Pasolini è rimasto un “frocio”. Ovviamente, conoscendo il furbo modo di procedere di Giorgia Meloni, ci si guarda bene dal dichiararlo in pubblico. Di qui il silenzio — o quasi — sui cinquant’anni dalla morte. È vero che Giuli al MdC ha parlato di iniziative sul Pasolini visionario. Ma a Giuli piace proprio il Pasolini antiborghese, dai tratti talvolta estetizzanti e populisti al tempo stesso, secondo il più classico ideario populista-fascista.



Quanto alla sinistra, siamo al piano dell’iconetta. C’è un Pasolini “di plastica”, costruito dalla sinistra populista e dalla cultura televisiva: un santino del “poeta perseguitato”, funzionale a piagnistei identitari e moralismi d’accatto. È il Pasolini ridotto a brand dell’indignazione e dell’auspicabile rivolta del popolo contro il Palazzo.

Concludendo, si leggano pure i suoi libri e le sue poesie, e si guardino i suoi film. Ma sul Pasolini ideologo meglio stendere un velo pietoso: un fascista rosso, in fondo.

Carlo Gambescia

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