domenica 9 novembre 2025

Dall’eroe al sopravvissuto: la pubblicità Enel e l’Italia della rassegnazione morale

 


La canzone “Eroi” di Fiorella Mannoia, uscita il 3 ottobre scorso (*), è stata scelta da Enel come colonna sonora per la campagna “L’energia delle emozioni”, creando un curioso connubio tra voce e portafoglio: Mannoia mette la musica, Enel mette l’energia. La melodia e il testo evocano il coraggio e la solidarietà dei piccoli gesti quotidiani, trasformando lo spot in un racconto di eroismo ordinario.

Ma dietro la melodia accattivante si cela la smidollata retorica dell’Italia che sopravvive, che si commuove della propria fragilità invece di reagire.

Non è la prima volta che Enel, come conglomerato, cerca di rifarsi il trucco con spot istituzionali  tipo  Mulino Bianco. In realtà, il gigante dell’energia — controllato per metà dallo stato, ma quotato in Borsa e mosso da logiche privatistiche — resta un colosso da oltre 60 mila dipendenti nel mondo, presente in più di quaranta paesi.

Dietro la retorica dell’“energia che unisce”, però, ci sono anche ombre pesanti. Solo di recente l’Autorità Antitrust ha richiamato Enel Energia, società del gruppo, per aumenti unilaterali delle bollette, spesso non comunicati chiaramente ai clienti. Il gruppo ha poi accettato di risarcire oltre 40 mila utenti, per un totale di circa 5 milioni di euro, dopo mesi di proteste e segnalazioni. Una vicenda che racconta bene la doppia anima dell’Enel: impresa “pubblica” solo quando conviene, privatissima quando si tratta di profitti.



L’Enel è un esempio di capitalismo di stato che ama proclamare la sua — dice — vocazione etica. In realtà siamo davanti a un potere pubblico che si ammanta di paroloni sulla missione sociale e sul bene comune. Retorica da quattro soldi.

Incredibile! A quattro secoli dalla critica distruttiva ma ragionata di un grandissimo liberale senza saperlo, Locke, contro il patriarcato politico teorizzato dal Filmer, lo "Stato" continua a raccontarsi come padre benevolo, capace di "illuminare" i cittadini, purché restino docili pagatori.

Di conseguenza la Mannoia, figura che ama qualificarsi come “antagonista”, diventa così la voce ufficiale del consenso emotivo: il dissenso trasformato in colonna sonora istituzionale.

Attenzione però. La Mannoia è di sinistra, ma l’Enel è nelle mani della destra al governo. Destra e sinistra condividono lo stesso approccio statalista. Si chieda a Giorgia Meloni di uscire dall’Enel. Vi risponderà in romanesco: “Cor quasi”.

Dietro la favoletta della Mannoia “enelizzata” c’è un cambiamento storico: la sostituzione dell’ideale liberale, forte, dei corsari, degli inventori, dei capitani d’industria — la Cavalleria economica di Alfred Marshall, autore dei Principles — con l’ideologia della fragilità.



Per secoli la rivoluzione liberale, spesso silenziosa ma inesorabile, ha educato individui e popoli all’autonomia, alla responsabilità, alla forza dell’iniziativa. L’uomo libero era colui che agiva, non che si lamentava.

Ma dalla seconda metà del Novecento, con la progressiva welfarizzazione delle società europee, il cittadino ha imparato a identificarsi nella propria debolezza: il “diritto” sostituisce il dovere, la protezione sostituisce la libertà. Non per niente si parla di individualismo protetto. Protetto dallo stato.

E, dulcis in fundo, il coraggio lascia il posto alla resilienza: altra parola magica, di radice latina e fortuna psicologica, trasformata nell’ultimo decennio da concetto terapeutico a parola d’ordine morale e politica. Un termine che, più che invitare a reagire, chiede di adattarsi: di “riprendere la forma” dopo lo shock. In sostanza, di subire invece di cambiare le condizioni che opprimono.

Il concetto di resilienza è parte della retorica dell’antieroe — l’uomo o la donna che “resistono ogni giorno” — e ne è il frutto culturale. È la celebrazione della sopravvivenza come virtù civile.

Dimenticando che, almeno dall’Illuminismo in poi, l’uomo aveva finalmente preso il controllo della propria vita dopo millenni di sottomissione. Certo, non tutti riescono a contrastare gli eventi; la perfezione non è di questo mondo. Ma nel complesso l’umanità è progredita come mai prima. Ecco ciò che conta.


 

A chi ha un sogno tra i denti e il cuore in gola”, canta la Mannoia, e già qui è chiaro l’orizzonte emotivo: la tenerezza della fatica quotidiana che diventa valore in sé. E ancora: “Chi affronta da solo la propria battaglia / con una spada di latta ed un elmo di carta” — la metafora perfetta della fragilità elevata a simbolo morale.

L’eroe non è più colui che cambia il mondo, ma chi si adatta a esso. La fragilità diventa stile, quasi un diritto estetico.

Ma cosa accadrebbe se questa società della fragilità fosse messa davvero alla prova? Quanto resisterebbe l’Italia delle Mannoia a un’aggressione come quella subita dall’Ucraina?

Difficile immaginarla mobilitata in nome della libertà. La sua energia è morale solo finché resta pubblicità.

Come recita un altro verso del brano, “e vede orizzonti anche ad occhi chiusi”: la speranza sostituisce l’azione, la contemplazione prende il posto del rischio. È quietismo travestito da coraggio.

 


Un popolo di eroi domestici non costruisce una società liberale, fiera dei suoi diritti di libertà e pronta a difenderli. Un popolo di sopravvissuti, invece, costruisce solo una rassegnazione virtuosa.

La pubblicità Enel, nel suo pseudo-moralismo estetico, ne è il manifesto perfetto: un Paese che non crede più nella libertà, ma solo nella sopravvivenza.

E neppure così decorosa.

Carlo Gambescia

 

(*) Per il testo qui: https://www.juloo.it/musica/nuove-canzoni/fiorella-mannoia-eroi-un-inno-alla-forza-silenziosa-delle-persone-comuni/?utm_source=chatgpt.com#google_vignette . Il dipinto (sopra) è opera di Renato Boi (2005): “Rassegnazione. Figure”.

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