Marco Damilano, commentando con una fin troppo indulgente Luciana Perina le uscite di Garofani a un evento romanista (probabilmente per romanisti di fascia alta), ha scelto la strada della minimizzazione. Capisco l’istinto: Perina la ricordo bene, direttrice brillante, rapida nel giudizio, sebbene allora un po’ sbilanciata verso il liberalismo di sinistra. Ma minimizzare oggi, come fanno lei, Damilano e perfino il Quirinale, significa non cogliere il punto.
Perché ogni volta che la politica si complica — e nelle democrazie liberali accade spesso — riaffiora una tentazione antica: sperare nello scandalo capace di ribaltare l’opinione pubblica e di far crollare chi governa. Lo “scossone provvidenziale”, per citare Belpietro (sembra infatti che Garofani non abbia usato quel termine) rinvia alla sinistra, che vi spera, e alla destra che vuole usare la rivelazione, come contro-scossone. E minimizzare non aiuta. Perché scossone e contro-scossone fanno parte – semplificando – del pacchetto liberale.
Il lettore non sobbalzi sulla sedia. Perché è proprio l’idea di “scossone”, provvidenziale o meno ( nel senso di un lavorio, di volta in volta a senso unico della procure), a provocare fraintendimenti: si continua a leggerla in chiave moralistica, come devianza o aberrazione, quando invece appartiene alla fisiologia stessa delle democrazie parlamentari.
E qui va chiarita una cosa fondamentale. Che spesso sfugge agli osservatori, soprattutto quando e se perfettisti, sebbene su sponde opposte, come “La Verità” e “Il Fatto quotidiano”.
Un passo indietro.
Già con Robert Walpole, tra gli anni Venti e Quaranta del Settecento, si intravedono le origini del futuro sistema Westminster: un capo di governo di fatto, la centralità del gabinetto e la necessità di governare tramite una maggioranza stabile alla Camera dei Comuni. Non è ancora un modello compiuto, certo, ma la pratica politica di Walpole fornisce l’impianto che nel secolo successivo verrà riconosciuto come struttura portante della democrazia parlamentare britannica.”
Ma va ricordato anche un quarto elemento: quello della corruzione. Walpole, Wight, fu sistematicamente attaccato dai Tory, e non a torto: Walpole teneva insieme la maggioranza con un uso spregiudicato del “patronage”: posti pubblici, pensioni segrete, favori e appalti distribuiti ai deputati o ai loro referenti locali. Proprio questa pratica, ambigua ma efficace, contribuì a definire il funzionamento precoce del modello Westminster.”
Pertanto, se, come affermò un nemico giurato della democrazia liberale, Charles Maurras, che il liberalismo si regge sul denaro e sul conseguente rischio di corruzione, lo scandalo, come “scossone”, e qui non importa se vero o falso, cioè se frutto di congiure o di autentica corruzione, rappresenta un momento della prosecuzione della democrazia liberale con altri mezzi. Discorso che ovviamente va esteso al contro-scossone.
Detto altrimenti: lo scossone – o scandalo – è qualcosa di fisiologico, non di patologico, come invece sostengono i perfettisti di destra e sinistra, di regola, nemici assoluti della moderna democrazia parlamentare.
Un tasso di corruzione caratterizza le democrazie parlamentari. Non esistendo più una aristocrazia per tradizione, ne esiste una per merito, e il denaro, ne è un perfetto marcatore. Ovviamente, non tutti gli uomini, ne sono degni, di qui la corruzione.
Quel che va compreso, è che resta impossibile tornare alle aristocrazie per tradizione e che di riflesso ci si deve accontare di élite basate sul merito, nelle quali si infiltra sempre il denaro e con esso la possibilità di corruzione, e di scossoni e contro-scossoni…
Va però ricordata un’altra cosa: la dicotomia tra fisiologico e patologico, non riguarda il contrasto assoluto tra un mondo politico perfetto e imperfetto, ma rinvia all’estensione del tasso di corruzione all’interno di un mondo imperfetto, nel senso in cui Churchill definì la democrazia (liberale) come il peggior sistema di governo, eccezion fatta per tutti gli altri sperimentati dagli uomini.
Insomma esistono dei limiti. La Terza Repubblica francese negli anni Trenta del secolo scorso, toccò il fondo. Scandalo Stavinsky docet. Poi la sconfitta del 1940 travolse tutto. Nella Spagna della Restaurazione, Cánovas e Sagasta costruirono il sistema del turnismo, alternandosi al potere grazie a un meccanismo controllato dall’alto. Il loro “patto” si reggeva su una rete di cacicchi locali, corruzione elettorale e manipolazione del voto. Che, una volta usciti di scena i due protagonisti, degenerò e favorì l’instaurazione della dittatura militare di Primo de Rivera.
L’Italia unita rimanda direttamente agli scandali del periodo crispino e in parte giolittiano, che per certi versi favorirono la critica fascista della democrazia liberale. Ma si pensi anche a Tangentopoli e al conseguente populismo di destra e sinistra. Per contro, il fascismo fu una dittatura corrotta alla radice, e di conseguenza non può essere citato come esempio.
Il punto è usare lo “scossone” con giudizio. È probabile che qualcuno di questa destra di governo prima o poi verrà sorpreso con le mani nel sacco. È fisiologico. Ma è anche fisiologico che venga punito dagli elettori. Non è fisiologico invece usare lo scossone – e non importa da chi – per abbattere la democrazia liberale.
Il vero problema, come ricordavamo ieri (*), è che la sinistra non sembra politicamente pronta. Quanto ai tecnici e ai professori, non sono più quelli di venti o trent’anni fa. Esiste quindi il rischio che a prevalere siano coloro che minacciano la democrazia liberale, sempre pronti a gettare discredito su tutto ciò che non rientra nelle loro categorie.
Insomma, se ogni sistema parlamentare porta con sé un tasso di
corruzione, il punto non è fingere che non esista — o minimizzare per
riflesso condizionato — ma capire come la politica e l’opinione pubblica
reagiscono quando lo “scossone” colpisce un governo. È lì che si
misura la qualità di una democrazia, non nell’illusione di
un’impossibile purezza.
Per questa ragione la destra al governo farà bene a non contare sulla copertura moralistica, e la sinistra a non illudersi che un inciampo avversario basti a riportarla in sella. Se domani scoppiasse uno scandalo serio, non è affatto detto che i progressisti avrebbero uomini, idee e classe dirigente pronti a raccoglierne gli effetti.
Le democrazie parlamentari sopravvivono non perché sono incontaminate, ma perché sanno metabolizzare i loro stessi vizi. Il vero limite, oggi, è che da noi questa capacità di metabolizzazione si sta assottigliando: troppe tifoserie, poca politica. E quando succede, lo scandalo smette di essere fisiologia e rischia di diventare necrosi.
Carlo Gambescia





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