Soprattutto in questi giorni, in cui piovono copiosamente bombe su Kiev, il disfattismo europeo ama dipingere il quadro di una Russia a un passo dalla vittoria. In realtà, la si lascia vincere.
Un primo elemento di riflessione. La Russia di Stalin, tra il 1941 e il 1945, riuscì ad annientare le armate di Hitler. La Russia di Putin, nello stesso arco temporale, non è stata capace di sconfiggere gli eserciti di Zelensky.
Ora, grazie a un presidente americano che tradisce i valori atlantici e alla disunione europea, Putin sembra vicino a una mezza vittoria. E questo è un secondo punto da considerare. I russi, da soli, senza l’aiuto americano, non avrebbero mai sconfitto la Germania nazista; né oggi, senza l’appoggio indiretto di Trump (dal momento che il magnate rema contro Zelensky), riuscirebbero a piegare Kiev.
La conclusione è semplice, e avremmo dovuto capirla fin dall’inizio della guerra di aggressione: la Russia, militarmente, nonostante le illusioni della Guerra fredda, resta una grande potenza di secondo piano. Se Stati Uniti, Europa e NATO avessero reagito subito e con fermezza, Mosca sarebbe stata respinta e costretta a rivedere i propri obiettivi.
Non è andata così. E oggi Putin, con l’aiuto di un presidente americano incline alle simpatie autoritarie, rischia di vincere la sua sporca guerra contro un Paese che guarda con sincero entusiasmo ai valori liberali dell’Occidente.
Questo non significa che la Russia manchi di ambizioni. La sproporzione tra fini e mezzi non la scoraggia: i desideri non invecchiano. E almeno da Pietro il Grande la Russia pensa solo ad espandersi: Baltico, Europa, Asia. Per questo resta un pericolo: punta meno sulla propria forza che sulla debolezza dell’Occidente.
Avrebbe bisogno di una lezione. Ma gli Stati Uniti, guidati da un presidente a tratti parafascista, e un’Europa in buona parte occupata da destre nazionaliste che considerano il liberalismo un nemico giurato (e così finiscono per spingersi verso Mosca), si guardano bene dal dargliela.
Si dice che non si vuole rischiare la guerra atomica, e che per il bene dell’umanità si tollera o addirittura si simpatizza con il Cremlino. In realtà, l’atomica è un comodo paravento dietro cui si nasconde un vecchio odio, di una parte degli americani e degli europei, per l’Occidente come idea di libertà.
Per capirsi: il “Dio, patria e famiglia” delle destre reazionarie occidentali collima perfettamente con il tradizionalismo fondamentalista russo. Il cemento ideologico tra il lato oscuro dell’Occidente e quello dell’Oriente è l’antiliberalismo.
Un odio che sta guadagnando terreno e che rischia di tradursi in un vero suicidio politico.
Carlo Gambescia




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