Francesco Saverio Garofani, il consigliere di Mattarella, non ha letto Machiavelli. E con l’Ave Maria e il Padre Nostro non si fermerà l’ascesa di questa destra, cinica, feroce e restauratrice: quella del “Mussolini ha fatto cose buone”.
Negare e imbrogliare le acque: ecco quel che si doveva fare. Anche perché, in fondo, come sembra, si è trattato di parole in libertà in una delle tante cene romane. Garofani avrebbe auspicato lo “scossone” (per la destra ribaltone). Machiavelli sosteneva che i nemici andavano spenti, subito e nel silenzio, quando ovviamente era inutile continuare a blandirli.
La tragedia della sinistra – tra le tante – è il perfettismo morale, di cui Mattarella e consiglieri sono un perfetto esempio. Però purtroppo non si può fare la frittata senza rompere le uova. Il punto è che, sulla preparazione della frittata, va sempre tirata su una cortina di silenzio. Garofani, che probabilmente è vanitoso, ha parlato troppo nelle more di una cena succulenta, offrendo così il fianco a una destra che, storicamente parlando, entrava e usciva dagli uffici dei servizi segreti, guardando con favore al colpo di mano militare. Pensiamo all’area politico-militare-attivistica che ruotava intorno al Msi, partito che tra l’altro candidava generali golpisti.
Pertanto Meloni & Co si sanno muovere. Mattarella e i suoi no. Quando cadde Berlusconi, in larga parte defenestratosi, al Colle c’era Napolitano, sopravvissuto ai servizi segreti sovietici (quindi sapeva il fatto suo) e, inoltre, le destre, in particolare quelle di ascendenza missina e populista, non erano ancora così forti. Eppure il “colpo” – se era tale – riuscì.
Con Giorgia Meloni sarà molto più difficile: in primo luogo, perché lei è navigatrice di lungo corso, nonostante la giovane età; in secondo luogo, perché Mattarella non è Napolitano, e la qualità dei suoi consiglieri ne risente; in terzo luogo perché la sinistra si è radicalizzata sulla scia della destra. Insomma "populisteggia".
Purtroppo il tempo dei bravi tecnici di sinistra, a partire da Monti e Draghi, sembra finito. Con Schlein, Fratoianni, Conte, gente che sogna candidati alla Mandami, non si va da nessuna parte. Servirebbe una sinistra moderata, liberale, saldamente atlantista (non nel vigliacco senso di Trump), piena zeppa di tecnici, "del sottotraccia", in grado di gestire, cloroformizzandolo, l’elaborazione del lutto della destra silurata. Tipo acque che si richiudono sopra la nave affondata. E nessuno si è accorto di nulla.
Oggi “La Verità”, che ieri ha lanciato il sasso, si autocelebra perché Garofani avrebbe ammesso. Lo stesso giornale, sempre in prima pagina, inneggia alla scomparsa, cinquant’anni fa, di Franco.
Di chi è l’articolo? Del collabò Marcello Veneziani, che rispolvera la tesi degli storici franchisti del male minore o comunque necessario, nota a chiunque conosca la storiografia pro-Franco sulla guerra civile: da Ricardo de la Cierva a Pío Moa, passando per Payne (una specie di Renzo De Felice).
Si badi, la tesi dello “scudo” ( quella della dittatura per il “supremo interesse del Paese”), viene tuttora usata a scopi difensivi, sempre dalle destre nostalgiche, anche per la Vichy di Pétain e addirittura per la Repubblica di Mussolini, che avrebbe così evitato a Hitler di spadroneggiare… Razionalizzazioni di quart'ordine.
Capito ora, i legalitari di Belpietro, da che parte stanno?
Carlo Gambescia





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