domenica 16 novembre 2025

Bagni d’oro in Ucraina e propaganda russa in prima pagina

 


C’è uno scandalo in Ucraina: vero, documentato, inchieste in corso, persone vicine a Zelensky coinvolte. E fin qui nulla di sorprendente: la corruzione non si cancella in una notte, soprattutto in un Paese che sta combattendo una guerra esistenziale e inquinato per più di settant’anni dal corrotto regime sovietico. L’indagine è condotta da un’autorità indipendente: il NABU. Così funziona la democrazia liberale. Buon segno.

Il problema però non è lo scandalo, Il problema è come viene raccontato in Italia.

Oggi "La Verità", diretta da Belpietro – che si definisce liberale – pubblica una prima pagina che è un esempio perfetto di distorsione: titoli urlati, indignazione selettiva, commenti velenosi. Quasi fosse Zelensky l’architetto dei famigerati bagni d’oro, solo perché vicino, per rapporti amichevoli, a chi è coinvolto nell’inchiesta ancora in corso (non siamo in tribunale). È la formula tipica della propaganda filorussa: partire da un fatto reale e torcerlo fino a trasformarlo in una farsa moralista, utile solo a screditare l’Ucraina e a servire gli interessi del Cremlino.

Perché “La Verità” fa puntualmente questo? Perché sugli imbrogli di Putin vola basso, ma su Zelensky improvvisamente emula Savonarola? Perché denuncia l’oro degli altri e dimentica l’oro dei suoi beniamini? A cominciare da Trump. Qui Belpietro ha preso una vera cotta.


 

Ci spieghiamo.

“La Verità” s’indigna per la placcatura d’oro in una villa privata in Ucraina, ma tace ad esempio sui fatto che il Qatar ha donato a Trump un Boeing 747-8 da 400 milioni di dollari, lussuoso “palazzo volante” con cabine private, bagni, salotti e finiture dorate. Il Pentagono ha ufficialmente accettato l’aereo come Air Force One temporaneo.

Come tace sulle dorature pacchiane della Casa Bianca versione Las Vegas imposte da Trump.

E, per chiudere il cerchio, che dire della favoletta del “Mussolini onestissimo” che quel giornale porta avanti da anni? Una narrazione che assolve il Duce e scarica ogni responsabilità sul suo entourage “marcio”. La storia del cadavere appeso senza un centesimo in tasca è ridicola. Basterebbe rileggersi Tasca (Nascita e avvento del fascismo): il futuro Duce, già nel 1919, si presentava incocconato in galleria a Milano, tra buone camicie, abiti eleganti e guance rubizze, lasciandosi occhi lucidi, magrezza e miseria alle spalle.

L’ipocrisia è così spessa che si può tagliare con il coltello  come un salame. Salame marca Belpietro.



Quando un quotidiano nazionale costruisce la sua prima pagina come una specie di organo di stampa del Cremlino, il danno non è solo informativo: è politico. È psicologico. È strategico. Alimenta la sfiducia nell’Ucraina, nel sostegno occidentale, nella democrazia liberale. Ed è esattamente questo che Mosca vuole.

Che lo si faccia per convinzione, per ideologia, per denaro o solo per mancanza di decenza giornalistica, questo, francamente, noi non sappiamo, né avanziamo alcuna ipotesi. Anche perché sono cose che può stabilire solo chi ha il potere di fare luce. Perciò è ora che qualcuno apra i cassetti. Che si guardino i bilanci. Che si seguano i flussi di denaro: finanziamenti, fondazioni, pubblicità, consulenze, associazioni che orbitano intorno a testate come “La Verità”, “Panorama” e affini.


 


Non si tratta di censura. Lungi da noi. Si tratta di autodifesa della società aperta. Perché un’informazione manipolata da interessi esterni — o anche solo sospettata di esserlo — è un pericolo per la libertà dei cittadini. Poi con la Russa di mezzo, noto regime liberale…

Magistratura, svegliati! Accendi la luce! Segui i soldi! E fai finalmente chiarezza sulla natura di queste campagne “morali”.

Perché i bagni d’oro passano. Ma la disinformazione resta, corrode, e lavora silenziosa come una muffa nelle fondamenta.

E prima o poi crolla tutto.

Carlo Gambescia

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