L’aggressione subita da Zelensky, a tratti quasi fisica, da parte di due ottusi cowboy, Trump e Vance, in un saloon di Washington, deve far riflettere.
Non pensiamo ai cowboy idealizzati da Hollywood, ma a quelli veri: rozzi e violenti. Di più: quel che si visto in diretta è roba addirittura da The Sopranos.
Quattro le chiavi di riflessione: Stati Uniti, Ucraina, Europa, Occidente.
Stati Uniti.
In primo luogo gli Stati Uniti non sono quelli di Trump. Certo, sono anche quelli di Trump. E qui pensiamo all’America senza leggi del Far West, del pioniere predatore depredato, del cow boy, dell’avventuriero, del cappuccione del KKK, dei costruttori di ferrovie, dei cercatori d’oro e di petrolio e dei violenti mobster. Gente rozza che non vuole perdere tempo in chiacchiere, pronta a mettere mano alla pistola o al fucile (autodifesa sancita anche dalla Costituzione). E ieri a questo abbiamo assistito: un realistico e brutto film western in cui la Sala Ovale somigliava a un saloon di quart’ordine privo, nei protagonisti, dell’eleganza di James Stewart, dell’autoironia di John Wayne, della simpatia di Paul Newman e Robert Redford.
Poi ovviamente esiste l’America della Dichiarazione d’Indipendenza, dei Padri Fondatori, di Lincoln, dei grandi scrittori, storici e poeti, dei movimenti antischiavisti e dei diritti civili, dei generosi combattenti per la libertà come Wilson e Franklin Delano Roosevelt, e così via. Un’America, liberale e civile. Che si raccoglie intorno alla figura di Martin Luther King.
Tra queste due Americhe, c’è l’America vera e propria, di un ceto medio produttivo, che crede nel sistema della ricchezza prodotta onestamente attraverso la libertà: brave persone, spesso fin troppo ingenue, cadute vittima del mago della pioggia Trump: figura a metà strada tra il ciarlatano e lo sciamano. O se si preferisce un incrocio tra il Generale Custer e Cavallo Pazzo.
Che un avventuriero, privo di qualsiasi remora morale, sia riuscito a impadronirsi di questa America e della Casa Bianca è cosa pericolosa e spiegabile con le ricadute populiste. Del resto gli Stati Uniti sono la patria del revivalismo religioso e dei predicatori tonanti. Nella sua storia politica il populismo, un misto di nativismo, intolleranza, isolazionismo e odio per le élite di Washington, diffusosi a cominciare dal Presidente Jackson, passando per Theodore Roosevelt, per finire con Trump, ha sempre avuto il carattere di periodica (quasi) involuzione reazionaria rispetto alla politica liberale. E ora, con il secondo mandato di Trump, è tornato al potere. Capita di rado, ma quando capita…
Pertanto compito primario dell’America delle persone per bene (semplificando), con qualche cedimento populista ogni tanto, è di sfilarsi da Trump. Come però?
Ecco il primo motivo di riflessione.
Ucraina.
Innanzitutto, per le ragioni appena esposte, a giocare con la Terza guerra mondiale è Trump non Zelensky, e con Trump, Putin. Perché Zelensky, semplicemente si difende, non ha aggredito nessuno. Presentarlo come un aggressore, come fanno Trump e Putin, significa consentire che la logica della menzogna e della conquista militare debba avere la meglio sulla logica della verità e dei pacifici scambi di mercato. Ed è proprio questa mentalità aggressiva che può condurre alla Terza guerra mondiale, unitamente alla disgraziata decisione di Trump sui dazi. Le guerre commerciali non aiutano la causa della pace, anzi fanno sì che spesso si tramutino in guerre vere e proprie.
Pertanto chiunque abbia a cuore la causa della libertà non può non schierarsi con l’Ucraina, perché il nostro futuro dipende dalla causa ucraina. O meglio dalla lezione ucraina. Come fare però?
Ecco il secondo motivo di riflessione, che ci porta al terzo.
Europa.
Dal momento che gli Stati Uniti hanno fatto un gigantesco passo indietro, l’Europa, come soggetto collettivo, deve decidere cosa farà da grande. Perché l’aggressione all’ Ucraina, sorvolando sul fatto che Zelensky ceda o meno alle violente pressioni di Trump, resterà sul tappeto come lezione. Come opporsi ?
Armandosi fino ai denti per evitare di incappare in futuro nelle dannose conseguenze delle torsioni populiste. E cosa fondamentale, l'Europa non deve procedere in ordine sparso.
Purtroppo la politica dell’odio, come quella populista, impone, come reazione il ricorso a una famigerata regoletta: “A brigante, brigante e mezzo”. Piaccia o meno, ma populismo, nazionalismo, fascismo, eccetera, tirano fuori il lato peggiore dei popoli. Si cerchi almeno di volgerlo a opere di bene.
Riarmarsi. Cosa non semplice da attuare, perché in Europa, al di là delle questioni tecniche e organizzative, Trump e Putin hanno un potente alleato nell’estrema destra, addirittura al governo in alcuni paesi. Un consenso che potrebbe anche crescere. E proprio sulla base dello stesso ingenuo antielitarismo populista che ha favorito l’ascesa di Trump. Il che ci porta al quarto motivo di riflessione.
Occidente.
Infine si dice che l’idea di Occidente sia in profonda crisi, prossima a finire nel dimenticatoio della storia. Effettivamente non gode di buona salute. Però, dal momento che esiste un’America della gente per bene, come pure un’ Europa della stessa buona pasta, si deve fare in modo che questi due mondi politici e sociali continuino a comunicare, magari anche nelle catacombe, in attesa di tornare alla luce del sole. Mai separati.
L’idea di Occidente è una delle più potenti del mondo moderno, nasce con la Rivoluzione americana, che adotta idee europee, e prosegue con la Rivoluzione francese che recepisce idee americane. E così via fino al trionfo nella Seconda guerra mondiale dell’Occidente euro-americano sui nemici del sistema liberal-democratico.
Trump, Putin e gli altri autocrati per ora sembrano vincere, ma come osservava Croce, alla libertà spetta l’eterno. Il che era ed è giusto. Tuttavia, in alcuni frangenti, la libertà ha bisogno delle baionette.
E il periodo in cui stiamo vivendo è uno di quei momenti. Perciò riflettendo, riflettendo, la conclusione è sempre la stessa: riarmarsi. E fino ai denti.
Carlo Gambescia
E soprattutto: mirare bene, mirare meglio
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