Donald Trump ha il dono di rendere obsoleti in poche ore i titoli dei giornali. Anche la Rete non riesce a stare al passo.
Ad esempio, questa mattina, la maggior parte dei giornali titola in apertura su Zelensky. Che, si legge, si sarebbe, “piegato” ai voleri di Trump. Roba già vecchia. Perché le agenzie comunicano che, poche ore fa, in un delirante clima da parlamento fascista, Trump ha annunciato al Congresso a sezioni riunite che si prenderà con le buone o le cattive la “Groenlandia” (*).
Non ne siamo sorpresi. Come già scritto, esiste probabilmente un patto segreto tra Russia e Stati Uniti per applicare il metodo Crimea alla Groenlandia e così scambiare l’Ucraina (ma a questo punto anche il Canada rischia…) con l’isola che appartiene alla Danimarca. Uno schiaffo a tutta l’ Europa (**).
Dopo il blaterare, durato più di un secolo, a destra e sinistra, sul tacito o meno imperialismo yankee, Trump snocciola pubblicamente, senza tanti giri di parole, un piano di conquista che riannoda idealmente il Maga alla guerra ispano-americana del 1898.
Un conflitto, rapido e veloce, che portò alla proditoria conquista da parte degli Stati Uniti di ciò che restava nel Pacifico dell’Impero spagnolo.
Una svolta in politica estera che da allora rimescolò le carte di una partita a poker che si chiama politica estera americana: si vuole parlare al mondo, senza essere del mondo, pur non rinunciando a mettere le mani sul mondo. Un rebus per gli Stati Uniti, una tragedia per gli alleati.
Il Maga sembra ignorare la lezione di due guerre mondiali, sui pericolosi limiti del nazionalismo, rinnega l’alleanza con l’Europa, disprezza i valori liberali e guarda all’autocrazia russa come modello politico e alleato per ridimensionare la Cina e magari spartirla con Mosca.
Il Maga, non è la continuazione del capitalismo con altri mezzi, ma il ritorno del nazionalismo con gli stessi mezzi. È un fatto politico non economico. I capitalisti che attorniano Trump sognano rendite non profitti. Il che spiega il protezionismo che invece è il primo nemico del capitalismo. La controrivoluzione di Trump non è capitalista ma nazionalista. Non lo si dimentichi mai.
Per riprendere la battuta tipica di certa sinistra paleocomunista che si crede spiritosa, ma che in realtà si rende complice dell’affossamento del sistema liberal-democratico sulla falsariga dei comunisti di Weimar, Trump non è un nazicapitalista. Eventualmente, un nazista…
Non ci si accusi di voli pindarici: Trump e Putin ragionano come quei monarchi, imperatori, presidenti, politicamente più aggressivi , che animarono la vita politica internazionale negli anni tra il Congresso di Berlino, (1878) e lo scoppio della Prima guerra mondiale (1914).
Un’età che gli storici definiscono tuttora come l’età dell’imperialismo. Tesi che condividiamo, a patto però di intendere l'imperialismo in chiave prima politico-militare, poi eventualmente economica. All'epoca, il mondo imprenditoriale, e non solo quello progressista, riteneva le colonie un sacrificio: incenso, piuttosto costoso, da bruciare sull'altare della politica.
A quel periodo si deve guardare, come categorie interpretative, non agli ultimi ottant’anni, età aurea del commerci, della libertà e della pace. Il mondo è cambiato, o comunque sta cambiando. Purtroppo.
Allora si puntò alla spartizione politica, armata se necessario, del pianeta. L' Africa, economicamente parlando ancora una sconosciuta, fu al centro degli appetiti politici e geostrategici.
Politique d'abord ("Politica anzitutto"). Proprio come oggi. Per Trump e Putin, tre superpotenze (Stati Uniti, Russia, Cina) sono di troppo. Si punta a due: Russia e Stati Uniti. Poi si vedrà…
Un progetto gigantesco, che, nonostante il ritmo veloce di attuazione a colpi di ordini esecutivi in stile ragtime, richiede tempo e che perciò per la pars americana impone importanti rivolgimenti costituzionali. Trump vuole le mani libere. Insomma, dopo due secoli e mezzo, la più antica costituzione liberale, e scritta, del mondo rischia di affondare.
Trump, come ogni leader carismatico e agitatore, si considera l’artefice di una grande missione affidatagli da dio in persona. Di qui l’inevitabile insorgenza della necessità “pratica” di prolungare la durata della presidenza.
Esageriamo? Come spiegare allora l’attivismo della nuova amministrazione? Nel “bonificare”, accentrare, allineare a Washington i vertici dell’esercito, dei servizi segreti, dell’organizzazione dello stato, anche giudiziaria fin dove possibile?
Certo, pubblicamente, si afferma che si tratta di un semplice programma di riduzione della spesa pubblica per il bene del cittadino.
In realtà il vero obiettivo è un altro: poter contare, al momento opportuno, su una specie di guardia pretoriana, di alto livello.
A
che scopo? Sovvertire la Costituzione imponendo come in Russia la
figura di un presidente a vita, finalmente libero di comandare a
bacchetta un Congresso addomesticato. E di decidere del suo successore.
Altro che confidare, come molti democratici e osservatori politici, nelle elezioni di midterm… Siamo invece davanti a una vera e propria controrivoluzione epocale che vuole cambiare il volto degli Stati Uniti e del mondo.
Si può perciò capire, come all’interno di un progetto di dominio globale, l’Europa e l’Ucraina, ridotte a pure appendici euroasiatiche, siano pedine da sacrificare alla Russia. Magari, proponendo una compartecipazione russo-americana al sistematico sfruttamento delle risorse europee. Il trattato sulle terre rare imposto a Zelensky non è che il primo passo.
Il progetto di riarmo rilanciato ieri da Ursula von der Leyen è importante sia come segnale verso “i volenterosi”, sia sotto il profilo degli investimenti iniziali. Ma rimane poca cosa rispetto alla posta globale, che vede in gioco, da un lato la galoppante irrilevanza militare europea, e dall’altro la necessità di immediati e congrui aiuti militari Kiev.
Ci si preoccupa – pensiamo ai pacifisti in buona o cattiva fede – del pericolo che l’Europa sia trascinata da Kiev in guerra contro la Russia.
Fantasie. L’Europa è finita. Purtroppo.
Carlo Gambescia
(**) Qui: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2025/02/nuuk-in-cambio-di-kiev.html .
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