mercoledì 29 dicembre 2021

Code in farmacia e inerzia sociale...

 


A volte alcuni lettori chiedono di spiegare meglio come si manifesti ciò che in sociologia si può chiamare forza inerziale del fatto sociale. Qualcosa che sembra ricordare la verdiana “forza del destino”…

Anche se tirare in ballo Verdi non crediamo aiuti. Quanto alla sociologia, certi paroloni non sono di facile comprensione per tutti.

Comunque sia, ci proviamo. Si prenda questo titolo:

«Quanto è difficile fare un tampone a Roma durante i giorni di festa » (*)

Esemplare anche il sommario o catenaccio:
 

«Le code ai drive-in e fuori dalle farmacie, registrate tra la vigilia e soprattutto a Santo Stefano, raccontano di una corsa al test che ha messo a dura prova il sistema della Capitale».

L’epidemia, pardon la pandemia, ossia il fatto sociale, è dato per scontato, come fare un pieno all’ autovettura, fare la spesa, andare dal tabaccaio, eccetera, eccetera.

Si fa lo spesa-test come qualsiasi altro giro al centro commerciale. Qualcosa che si fa per forza d’abitudine. Qualcosa che si deve fare perché “si fa così”, prescindendo da qualsiasi riflessione sul perché si faccia il pieno, la spesa, e così via.

Un atto sociale che, ovviamente, si trasforma, in un problema, quindi meritevole di riflessione autonoma, solo nel caso di file, code, eccetera. Cioè di qualcosa ma, all' interno del fenomeno,  che prolunghi i tempi dell’inerzialità. Di qui, la richiesta di intervenire, sui tempi, ma non sul perché delle abitudini, dell’inerzialità.

Cosa vogliamo dire? Che, quando un fatto sociale, si trasforma in fenomeno inerziale, cessa ogni riflessione, sui fini, ossia sul suo “perché”,  per ragionare, eventualmente, solo di mezzi, ad esempio sul  "come" evitare le attese. In sintesi, il "come" prevale sul "perchè".

Sicché chiunque si proponga di ragionare di fini, viene considerato, fuori luogo, fuori posto, quindi escluso in qualche misura dal dibattito sui mezzi. Che si trasforma nell’unico destino della società. Di qui, in nostro iniziale accenno, all’omonima opera verdiana, accenno forse sociologicamente improprio, ma efficace.

Per farla breve, chiunque osi ancora interrogarsi sulla natura dell’epidemia, pardon pandemia, sui fini insomma, è automaticamente giudicato come il portatore di un messaggio estraneo. Uno straniero, un migrante dell’intelletto. Al quale interdire l’ingresso.

E per oggi, crediamo basti così. Il lettore però rifletta.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.agi.it/cronaca/news/2021-12-29/tamponi-roma-caos-15053114/ .

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