sabato 11 dicembre 2021

L’assolutismo del parametro

 


Esiste una disciplina che si chiama scienza dell’organizzazione. Ed è probabilmente una disciplina da maneggiare con cura, come la nitroglicerina.

Organizzare significa giudicare, giudicare significa gerarchizzare, gerarchizzare significa differenziare. Dove esiste organizzazione, esiste parametro. Ossia lo strumento che riassumendo in sé il giudicare e il gerarchizzare, consente a ogni organizzazione di funzionare, classificando ruoli, competenze, somministrazioni.

Ma sulla base di che cosa? Di un parametro: di un criterio di valutazione e di misurazione. Sicché il cerchio organizzativo si chiude su se stesso.

Il parametro, come sanno i matematici, è arbitrario, nel senso che rinvia a una convenzione, a un accordo sul significato da attribuire a determinati valori.

Dicevamo dei rischi racchiusi nella scienza dell’organizzazione. Per quale ragione? Perché è parametrica, fondata su convenzioni che riflettono giudizi relativi, mai assoluti. Che però, una volta recepiti dall’organizzazione, diventano assoluti per l’organizzazione stessa.

Per fare un esempio – non proprio a caso – i cosiddetti parametri, a cominciare dal numero dei posti letto disponibili nelle intensive che determinano il meccanismo dei colori, rinviano non ai bisogni dei cittadini ma a quelli dell’organizzazione sanitaria.

Si impongono limitazioni alla libertà dei singoli sulla base di parametri arbitrari che salvaguardano in realtà solo la libertà dell’organizzazione sanitaria pubblica. In altri termini, il momento collettivo prevale sul momento individuale. Il che, come insegna il destino del Titanic socialista, non è mai bene.

Ovviamente, come si sente ripetere, l’uso dei parametri non può che essere per il nostro bene… Nel senso, si dice, di poter essere curati meglio, eccetera, eccetera.

In realtà, si chiede, anzi si impone al cittadino, un atto di fede nei riguardi dei bisogni dell’organizzazione e nelle capacità di valutazione degli organizzatori. Chi ci assicura che saremo curati bene? L’organizzazione stessa. Per dirla con il caro amico Carlo Pompei: “Oste il vino com’è? Buonissimo”.

Attenzione, l’organizzazione non va confusa con la divisione del lavoro, che è un fatto spontaneo, un prodotto del libero gioco delle diverse capacità umane, frutto di diversità naturali.

L’organizzazione invece stabilisce, anzi decreta, le stesse diversità umane, introducendo parametri di valutazione, ossia sostituendo a ciò che è naturale ciò che è artificiale.

Pertanto una società più si organizza più perde la sua libertà. Sotto questo aspetto, come dicevamo, le tecniche organizzative vanno maneggiate con attenzione. Il parametro, e soprattutto il suo uso indiscriminato, può essere pericoloso come un pistola carica priva di sicura.

Naturalmente i cosiddetti statalisti celebrano l’organizzazione come l’ultimo ritrovato della scienza di governo. Si sentono onnipotenti, ritengono di sapere ciò che sia bene per tutti e per ciascuno, e procedono spediti come treni nell’opera di cancellazione della libertà individuale.

In realtà si tratta di una nuova forma di assolutismo. Assolutismo del parametro. Cioè di qualcosa che invece è convenzionale e che quindi dovrebbe avere valore relativo.

Lo stato, però, proprio perché tale, non può non assolutizzare il relativo. Deve funzionare, si dice, deve decidere, si ripete, quindi non può perdere tempo in dettagli inutili come la libertà dei singoli. Al massimo può organizzarla, puntando sui diritti sociali, ossia introducendo parametri, commissioni, adempimenti in quantità industriali. Che conseguono l’effetto contrario. Zero libertà.

Come uscirne? Si dovrebbe ridurre il ruolo dello stato. E di riflesso dell’organizzazione, quindi del parametro.

Un fenomeno – attenzione – che riguarda anche il settore privato: tanto più le dimensioni delle organizzazioni crescono, quanto più i rapporti tra le persone si fanno meno liberi.

Il che non significa che piccolo sia bello e che si debba tornare all’economia naturale. Significa solo che siamo sulla strada sbagliata. L’organizzazione è il problema non la soluzione.

Carlo Gambescia

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