lunedì 27 dicembre 2021

“Pandemia” e rischio assolutistico

 


Nella Francia dell’assolutismo politico di Luigi XIV esisteva il problema di verificare se le misure prese andassero a effetto. Se i francesi, insomma, ubbidissero. Di qui una serie di controlli, in particolare di intendenza, che però andavano a scontrarsi, con i poteri locali dell’aristocrazia e del clero, che attraverso i parlamenti e gli organismi sinodali, si opponevano a provvedimenti che ne limitassero la libertà. Insomma l’assolutismo politico, non era così assoluto.

Nella Russia sovietica, l’intera società era sottoposta al potere del partito, spesso nelle mani di un uomo solo. Tuttavia, addirittura sotto Stalin, si consentiva ai contadini comandati in strutture collettivizzate di coltivare micro-apprezzamenti per i bisogni personali. E spesso si chiudeva un occhio sul piccolo commercio di prodotti agricoli di consumo. Insomma, il totalitarismo sovietico, non era così assoluto.

A prima vista qualsiasi paragone con le nostre società libere può apparire improponibile. Anche perché, proprio perché tali, qualsiasi misura restrittiva della libertà viene subito ritenuta lesiva.

Però, in realtà, e qui si pensi all’attuale normativa antiepidemica, pardon antipandemica, i dispositivi tecnologici consentono, almeno in linea di principio, forme di controllo, sconosciute nella Francia di Luigi XIV come nella Russia di Stalin.

Sicché, quanto più il potere fa uso di raffinate tecnologie di controllo, tanto più cresce il rischio di una involuzione totalitaria o assolutistica della società. Una involuzione – qui forse la differenza con il passato – che però viene facilitata dai livelli crescenti di consenso diffuso tipici delle società democratiche. 

Non si tratta di obbedienza passiva ma della persuasione (che può esprimersi, per l’appunto, in forme democratiche) che il potere stia facendo il bene del cittadino. Di qui un’obbedienza collettiva frutto di una individuale razionalità rispetto al valore (“Il nostro bene collettivo”), che ovviamente nel tempo, può assumere  i contenuti del  comportamento emulativo (“Si fa così perché si è sempre fatto così”).

Pertanto nella costruzione dello stato assoluto o totalitario, si possono distinguere quattro fasi: a) quella della paura (la Francia e la Russia, avevano dietro di sé la guerra religiosa e civile); b) quella della forza (l’introduzione delle misure accentratrici restrittive); c) della persuasione ( “della razionalità rispetto al valore); d) del conformismo emulativo (del “si è fatto sempre così”, eccetera).

Il lettore perciò può comprendere come l’attuale situazione epidemica, pardon pandemica, sia molto rischiosa dal punto di vista della costruzione sociale del potere assoluto. Il fatto che la gente comune sia d’accordo con il potere, rappresenta per chiunque abbia letto Tocqueville,  un fattore sociologico addirittura aggravante. Come del resto il fattore paura: legato non più alla guerra civile e religiosa ma a quella al virus, che non è altro che la prosecuzione dei due tipi guerra appena ricordati.

Di qui, il consenso, come dicevamo, la stabilizzazione conformistica, eccetera, eccetera. La cui portata politica negativa, in prospettiva, sembra addirittura superiore a quella legata ai nomi di Luigi XIV e Stalin.

Carlo Gambescia

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