venerdì 10 luglio 2020

La Lega,  il Pd  e  l’eredità di Berlinguer
Un caso di infantilismo politico



Si leggano prima i contenuti di una polemica, che sembra di scarso interesse, ma che in realtà riassume bene l’infantilismo politico che purtroppo contraddistingue  ciò che resta del discorso pubblico italiano.

«"I valori di una certa sinistra che fu, quella di Berlinguer, del lavoro, degli artigiani, sono stati raccolti dalla Lega: se il Pd chiude Botteghe oscure e la Lega riapre io sono contento, è un bel segnale". Così Matteo Salvini, parlando all''Aria che tira' su La7, a proposito della nuova sede della Lega a Roma, in via delle Botteghe Oscure, di fronte alla ex sede del Pci.  Parole, quelle del leader della Lega, che provocano la reazione del Pd, a cominciare dal segretario, Nicola Zingaretti.  "Mi dicono che Salvini si sia paragonato a Berlinguer. Che pena... #chiamateil118"., scrive su Facebook. Il post su Fb di Zingaretti. "Non sono mai stato un militante del Pci ma pensare che Salvini paragoni la Lega al partito di Berlinguer mi fa indignare", scrive su Twitter il presidente dei senatori dem, Andrea Marcucci.  "È la seconda volta in pochi mesi che Salvini parla del Pci e di Berlinguer. Questa volta addirittura ipotizza un passaggio di testimone alla Lega. Lasci perdere. Non conosce i valori, non conosce la storia e il senso delle istituzioni di Berlinguer se lo sogna", scrive su Twitter la senatrice del Pd, Anna RossomandoAttacca anche Leu: "A Matteo Salvini il caldo dà alla testa. Paragonarsi a Berlinguer e accostare la sua Lega, un partito xenofobo e infarcito di ex fascisti e riciclati al PCI è semplicemente ridicolo", afferma il portavoce nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni. "Oltre che offensivo - prosegue l'esponente di Leu - nei confronti della storia e della memoria di questo Paese. Torni al Papeete a bersi un moijto- conclude Fratoianni - e lasci in pace Berlinguer"».



Qual è il succo ?  Un partito che si dichiara liberale, o comunque anticomunista,  come la Lega,  contende al Pd, partito post comunista, l’eredità politica di Enrico Berlinguer: uno scandaloso  lascito ideologico che  rimanda, nella migliore delle ipotesi, a una visione, che oggi si potrebbe chiamare cinese, segnata  da  un illiberale  capitalismo di stato.  
Da notare, infatti,  come i dirigenti del Pd, non entrino nel merito: le  repliche,  al di là del richiamo impolitico all’onestà, sono generiche. Per quale ragione?  Perché  Berlinguer non aveva mai fatto pace con il capitalismo, o se si vuole con la società aperta. Un sistema iniquo, così lo vedeva,  che a suo avviso doveva essere superato attraverso una serie di riforme di struttura   che gradualmente  avrebbero sostituito al capitalismo privato il capitalismo di  stato, via espansione del settore pubblico e delle imprese controllate, al quale sarebbe seguito il socialismo di stato, che infine  avrebbe lasciato il posto al comunismo vero e proprio. Un  programmino politico non proprio hayekiano...  
Berlinguer, evitò sempre, e accuratamente,  la trasformazione del Pci in  partito socialdemocratico. Egli rimase fieramente anticapitalista per tutta la sua esistenza: libero mercato e liberi consumi non erano nelle sue corde.  L’austerità, scaturita dalla crisi petrolifera degli anni Settanta  per Berlinguer doveva rappresentare la  splendida occasione per introdurre elementi di socialismo in Italia, addirittura secondo il modello sociale del Vietnam unificato sotto la bandiera rossa del comunismo (*).  

Ideali (per così dire), alla luce della storia,  indifendibili. Il che spiega il silenzio interessato, se non furbo,  dei dirigenti del Pd, tesi a tenere ben nascosti i famigerati scheletri ideologici nell'armadio. Salvo qualche puntatina sul santino di Berlinguer come Padre Pio.  
E invece Salvini sguazza nella cosa. Si atteggia  "a sociale", come non pochi fascisti di sinistra. E qui dovrebbe accendersi la spia rossa. E spieghiamo subito perché.    
Ora, che il leader di un partito, come la Lega, che si professa liberale e anticomunista, che vuole catturare i voti delle cosiddette partite Iva,  designi Berlinguer tra i suoi referenti ideologici è sicuramente indice  di assoluta  ignoranza politica, frutto di una mentalità politicamente infantile, distinta  da scarsa maturità intellettuale.  O comunque, cosa non meno preoccupante,  Salvini,  rivendicando l'eredità berlingueriana,    prova di  essere  prigioniero, più o meno consapevole,  di una visione arcaica della politica, non meno infantile,  segnata dal peggiore populismo criptofascista di caccia al voto del minus habens politico.    
Tutto chiaro? Pare di no.  Perché di questo si discute: della "preziosa" eredità del dinosauro politico Enrico Berlinguer.   E su questo ci si divide.  Che malinconia.
  
Carlo Gambescia