giovedì 30 luglio 2020

Dagli scostamenti di bilancio
ai carri armati


Gli scostamenti di  bilancio, sui quali tutti i partiti, di maggioranza e opposizione,  sembrano ora  trovarsi d’accordo, come prova il voto di ieri in Parlamento,  sono la classica strada per l’inferno  lastricata di buone intenzioni. 
Per ogni persona di buon senso il campanello d’allarme dovrebbe sempre  suonare dinanzi alla  promessa dei populisti, di sinistra come di destra, di  abbassare le tasse.  Cosa  nella  quale invece,   stando ai sondaggi,  molti  italiani  credono.  Ci si illude,   per dirla con Vilfredo Pareto e  Maffeo Pantaleoni,  che possano  “scemare le imposte” senza  “scemare le spese” .  Si crede, insomma,   che la moltiplicazione della spesa  pubblica favorisca  inevitabilmente   la moltiplicazione della spesa privata.   Come se il rapporto tra spesa pubblica e spesa privata  fosse  governato  dalla forza di gravità.  
Tutto può sembrare molto stupido, eppure è così.

In realtà,  quanto più aumenta la spesa pubblica, tanto più aumentano i tributi e quanto più aumentano i tributi tanto più un’economia rischia di  restare al palo di partenza.  Altro che  le promesse di vivere felici e contenti evocate da Conte, Gualtieri, Salvini, Meloni...  
Di solito, a queste critiche,  si risponde che se tutti pagassero le tasse, tutti pagherebbero  meno, eccetera, eccetera. Ma l’evasione fiscale, a parte  alcune eccezioni, non è altro che la riprova che il mercato dei tributi  non funziona perché i prezzi dei medesimi sono troppo elevati.  Di qui  la nascita di mercati paralleli, che vanno dalla bustarella all’evasione fiscale. Per fare un esempio semplicissimo: come si combatte il contrabbando di determinati beni? Abbassando i tributi che gravano su di essi, rendendoli  così competitivi con i prezzi dei beni acquistati sul mercato nero. Stesso discorso per le tasse, come ben spiega la  teoria dei paradisi fiscali.
Per farla breve: il mix  tra   spesa pubblica crescente  e tasse altrettanto  elevate distrugge ogni possibilità di crescita economica.
Ora che i populisti al governo e  all’opposizione, come del resto moltissimi  italiani,  credano nel miracolo dei pani  e dei pesci economici  resta un mistero. Fino a un certo punto però.  Con la spesa pubblica si comprano i  voti,  come del resto con la simultanea   promessa di abbassare le tasse: così  non si scontenta  nessuno.

Un gioco che però  può  riuscire solo  in un universo economico autarchico o semi-autarchico.  Per contro,  in un’economia aperta, dove la credibilità internazionale impone di  rispondere  di ogni centesimo, non è possibile procrastinare il gioco a lungo, tentando di turlupinare i partner economici privati (banche, imprese, fondi). Il che  spiega perché  i populisti,  di destra come di sinistra, siano così contrari alla libertà di mercato. Nel destino dei populisti, piaccia o meno,  c’è  il protezionismo, che non è altro che la versione economica del nazionalismo, oggi ribattezzato sovranismo.  L’idea che si possa fare da soli. Come  nella Russia sovietica, nell’ Italia fascista e nella Germania di Hitler…
Insomma, come dicevamo,  la strada per l’inferno è sempre lastricata di buone intenzioni:  si comincia con lo scostamento di bilancio  e si finisce con i carri armati Anche perché una volta raschiato il fondo del barile spesa pubblica-tributi, non resta che aggredire gli altri popoli per vivere alle loro spalle… Oppure  trovarsi un alleato forte - Mussolini docet -  che vinca le guerre per noi. Asservendoci però. 


Carlo Gambescia