sabato 4 luglio 2020

Luca  Zaia, l’indice Rt  e  la sindrome totalitaria

Oggi, nell’ anno di grazia 2020, quando si parla dei manicomi sovietici dove venivano rinchiusi gli oppositori, oppure si accenna all’ eugenetica hitleriana  sancita per legge, si   sorride. Cose, se vere,  si sente ripetere con condiscendenza,  che qui,  da noi,  in Italia,  non potrebbe mai  accadere perché siamo politicamente evoluti  e democratici.
È proprio così? No. L’epidemia  Covid sembra aver sconvolto tutte le regole che caratterizzano la liberal-democrazia. E cosa più grave fatto uscire allo scoperto  personaggi  dai pesanti risvolti  psico-politici,  hitleriani o staliniani (giudichi il lettore): dal disturbo bipolare al delirio di onnipotenza  fino  al culto della personalità.   Tra costoro c’è Luca Zaia, che meno di un mese fa  in poche ore  passò  da un atteggiamento  tipo  Veneto carcere di massima sicurezza al  libertarismo sul genere dei Tea Party…  
Questo novello "condottiere", come  Cangrande della Scala, valoroso conquistatore di Feltre, Belluno, Treviso, campagne militari di risonanza storica, ieri ha evocato il carcere e il trattamento sanitario obbligatorio nei riguardi dei positivi  che però, come insegna la scienza, di regola non sanno di essere tali… Quindi siamo dinanzi a  persone del tutto inconsapevoli, perché asintomatiche, quindi  innocenti,  per usare la terminologia penale, gradita al Presidente  della Regione Veneto. Certo, esistono anche i furbi.  Ma un politico, se liberale,  non deve mai governare come un patriarca o un dittatore, "cogliendo l'attimo" per  puntare  sulla paura e  calpestare la libertà dei cittadini. 
Ecco invece  il proclama di Zaia:   “Non esiste che un positivo vada in giro a prescindere. Io penso che a livello nazionale sia necessario prendere in mano questo dossier ma è fondamentale che ci sia un ricovero coatto, deve esserci un T.s.o., non possiamo stare lì a discutere con chi non si vuole farsi curare. Cosi andiamo allo schianto” (*).

Il tutto perché l’ indice Rt, che indica la trasmissibilità epidemica in presenza di sistemi di contenimento, sarebbe  passato in una manciata di giorni dallo 0,43% all’1,63%: da mezza persona contagiata a una persona e mezza… (**).  
In realtà, come il sociologo ben sa, un indice, di regola,  è frutto di  una manipolazione  statistica che  muta in funzione del campione scelto e delle variabili introdotte.  Cosa che, dal punto di vista della ricerca sociale, è accettabilissima, perché, attraverso il metodo del  tentativo ed errore (trial and error), si cambiano  o migliorano   campioni  e variabili  in base ai risultati ottenuti rispetto alle ipotesi di partenza.
La cosa non è invece accettabile, quando una manipolazione statistica, uscendo dai laboratori sociologici,  deve rispondere a imperativi di natura politica, spesso frutto di pulsioni totalitarie,  che implicano inevitabili e gravi effetti di ricaduta sulla popolazione. Come, per l’appunto, la perdita della libertà.

Il politico, a differenza dello scienziato, vede negli indici non valori ipotetici, ma   solo   risorse reali  per conservare il potere, di conseguenza un  leader  non  può andare troppo per il sottile come lo scienziato.  Il quale, a sua volta,  se troppo  vicino al potere, deve inchinarsi alla logica apicale della  politica e fornire seduta stante  indici utilizzabili politicamente. Indici, attenzione, che non sono falsi ma tendenziosi:  nel senso che lo spazio ipotetico dello scienziato rinvia sempre alle tendenze con ampi margini di prevedibilità. Margini però, che quando entra in gioco la politica,  finiscono  per essere labilmente  delimitati non più dalla scienza ma dalla politica stessa:  nel senso  che  le ipotesi prese in considerazione  devono  rispecchiare, a livello di tendenze, quel che si chiede ai ricercatori sul  piano   non più scientifico ma politico.  Per evitare tutto ciò, scienza e potere  dovrebbero sempre muoversi su piani indipendenti. Organismi ultrapoliticizzati  dai governi come l’OMS e il CSS sono veramente  pericolosi per la libertà dei cittadini.  
Ancora peggio accade, come stiamo osservando, quando il politico, come nel caso di Zaia, è affetto da sindrome totalitaria.  Per oggi, non crediamo  sia necessario aggiungere altro.
Carlo Gambescia