sabato 18 luglio 2020

Unione Europea, l’errore della mancata parlamentarizzazione
Perché si parla  solo di fondi?

Giuseppe  Conte non solo prova  di non avere alcuna cultura politica, quindi visione. Ma non riesce neppure a ragionare da avvocato civilista, capace di dare il giusto valore ai denari, soprattutto quando ricevuti in  prestito.  
Insomma, economicamente parlando, nessun  pasto è  gratis, quindi l’Italia, che tra l’altro ha sempre mostrato di sprecare i soldi pubblici non avrebbe, innanzitutto, alcun diritto morale a soldi extra. 
Cari lettori, prestereste  soldi a un parente che in  precedenza ha mostrato che con i denari ricevuti,  invece di pagare i creditori e  restituirli, si è concesso un bel  giro del mondo in ottanta giorni? Vantandosi, al ritorno, delle bellezze  ammirate a spese vostre?
Piaccia o meno, la situazione è questa. E Conte sembra non voler intendere... Tuttavia, il vero  punto è un altro. Storico. E rinvia alla mancata parlamentarizzazione delle istituzioni europee.  Nel 1979, l’Europa votò per il Parlamento: un’istituzione  vista  però all'epoca  come una specie di   ripiego.  O peggio ancora, come è avvenuto, una  cassa di risonanza dei periodici libretti dei sogni politico-sociali in chiave welfarista ed ecologista.   Il potere di veto, diciamo il potere finale su tutto,  rimase  agli stati.  Se l’Europa avesse seguito la grandissima lezione dell’Ottocento liberale, dei Guizot, dei Cavour, dei Peel, dei Gladstone, il Parlamento europeo sarebbe divenuto, come fu allora,  il fulcro di una magnifica  trasformazione politica,  certamente conflittuale,  non idolore,   ma, attenzione dentro un parlamento capace si esprimere partiti transnazionali.                                                                                                    
Ciò significa che la belva nazionalista, oggi risvegliatasi proprio in seno alle istituzione europee, sarebbe  stata addomesticata.
Di più:  il Governo europeo  - ora rappresentato da istituzioni come i due Consigli e la Commissione che ricordano come funzionamento la costituzione magnatizia polacca  -   sarebbe  invece divenuto espressione di maggioranze politiche, ovviamente, all’inizio segnate da divisioni regionali, superabili però con il tempo, come insegna l’interessante storia del parlamenti nazionali, oggi dimenticata persino dai  liberali, affascinati purtroppo da progetti centralisti o economicisti di stampo socialdemocratico o verde... 
A differenza di quel che accade  oggi intorno a noi,  avremmo avuto un  “centralismo” buono,  quello del Parlamento Europeo. Invece si scelse la strada, non tanto degli spontanei movimenti economici di mercato, ma di una  costruzione  dall’alto attraverso istituzioni giustamente  impolitiche come la Banca Centrale, che però  si sono ritrovate, loro malgrado, a svolgere un ruolo politico. E i risultati non proprio convincenti,  sono sotto gli occhi di tutti.  Attenzione,  in sé l’idea della moneta unica  resta ottima, ma doveva essere attuata, dopo la parlamentarizzazione o comunque in parallelo. Comunque sia,  la  "regola"  era ed è di cominciare prima  dalla politica, ma in chiave liberale secondo la grande tradizione europea, per  poi affrontare le questioni economiche. 

Un altro gravissimo errore è stato quello  di aprire alle nazioni dell’Est prive di solide tradizioni parlamentari e liberali. Di allargare l’Europa anzitempo ai nemici dell’idea della democrazia rappresentativa. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Oggi le prime pagine dei quotidiani italiani più importanti  si diffondono sul confronto tra  Italia e Olanda  circa il   ruolo della Commissione  in materia di fondi straordinari.  Cioè si continua  a  discutere non di politica ma di economia.  Come però?  Rispolverando, da un lato, i vecchi e pericolosi  luoghi comuni del nazionalismo, e dall’altro, evocando una solidarietà politica che avrebbe avuto senso solo nell’ambito di una Costituzione Europea  con al centro il Parlamento Europeo.  Purtroppo siamo davanti a un’idea ormai abbandonata. E cosa peggiore, lasciata andare  in nome di una democrazia diretta che ha ucciso, con i referendum confermativi, applauditi dalle belve nazionaliste, la democrazia rappresentativa.
Altra prova che la democrazia diretta non funziona  perché prigioniera dell’emotività xenofoba. I parlamenti sono le uniche sedi in cui popoli possono essere rappresentati. Anzi  vi “devono” essere rappresentati. E per il bene di tutti, a cominciare dai popoli stessi, spesso portatori  inconsapevoli  del tremendo virus della democrazia emotiva.
Siamo partiti troppo da lontano?  Diciamo pure che  discutere di bilanci e fondi  senza sapere perché si discuta solo di bilanci e fondi non aiuta a capire gli errori, in primis quello della mancata parlamentarizzazione,  di cui è costellata la storia della pseudo-unificazione europea.  E non usiamo il termine a caso.

Carlo Gambescia