martedì 7 luglio 2020

La scomparsa del padre (musicale) del western spaghetti
Il successo di Ennio Morricone, una spiegazione

Che cos’è il successo?  Nella società di massa è “popolarità”, cioè notorietà  diffusa, nel senso che un artista è conosciuto capillarmente da tutti,  al di là quindi delle naturali barriere culturali e sociali.  Il "successo è democratico", si dice.
Ennio Morricone  godeva  di una grande popolarità, non solo in Italia,  per aver  legato la sua fortuna musicale al cinema, potentissimo  veicolo di notorietà diffusa. 
Si dirà, come mai lui e non altri?   Morricone, stando al giudizio degli specialisti, aveva il dono della facilità e versatilità   espressiva, che  gli consentiva di comporre musiche  capaci  - per capirsi - di essere fischiettate  da tutti.  Di qui, la sua fama, inizialmente legata, al  “ western spaghetti ”,  un genere popolarissimo che grazie a Sergio Leone finì  per riconquistare anche agli americani, i quali cominciarono a guardare con interesse a un compositore, che, con le sue colonne sonore   più che accompagnare sovrastava i film, come imponeva ( e impone)  il modello drammaturgico-musicale di Hollywood, storicamente sopra le righe. 
Per fare un esempio, in Italia, Nino Rota accompagnava, Morricone invece sovrastava, talvolta incidendo perfino sul parlato. La colonna sonora di Mission,  una specie di  western  retrodatato, quella alla quale  egli teneva di più,  resta un esempio di sovrabbondanza musicale dal  fondo tardo romantico, con venature arcaiche e naturalistiche riprodotte al sintetizzatore.  Un pastiche musicale, una specie di gigantesco panettone ripieno di troppi canditi e uvetta passita, per alcuni critici, indigeribile, e nel caso neppure così orecchiabile.  Eppure, Morricone con quel film  non vinse l’Oscar per un soffio,  che invece  fece suo  nel 2016 con un altro panettone western di Tarantino, ridondante in tutto, dalle musiche alla sceneggiatura (l’altro Oscar fu alla Carriera, onorario, nel 2007).

Per compendiare  il senso dell'  opera di Morricone  ( e della conseguente popolarità)  è come se gli  fosse riuscito di comporre per quattrocento volte, la colonna sonora del  Ponte sul fiume Kwai , in particolare la  “Colonel Bogey March”, scritta invece da altri, pezzo  musicalmente  mediocre, da dopolavoro,  ma ancora oggi molto fischiettato.  
Quando si sente, come ieri,  la gente comune giulivamente ripetere che Morricone  rappresenta una specie di  colonna sonora esistenziale, ciò prova  per un verso la popolarità del Maestro, per l'altro  la natura dozzinale, priva di finezza  della sua musica,  o se si preferisce la natura "democratica"  del suo successo... Tuttavia la democrazia con l'arte, la  vera arte, non c'entra nulla.   
Insomma, Morricone con Bach,  Mozart e Beethoven non ha nulla in comune,   come invece vuole far credere la televisione pubblica italiana nelle mani di  sovranisti e populisti.   Queste cose vanno dette, tacendo si permette alla "gente", vezzeggiata da critici altrettanto impreparati e interessati, di  continuare  a  crogiolarsi nella crassa ignoranza musicale.     
Per carità, Morricone,  un bravo artigiano,  ci mancherà.  Ma la sua,  resta musica da cinema. Popolare, democratica, tutto quello si vuole... Ma, sta di fatto, che l’arte è una cosa, il western spaghetti un'altra.

Carlo Gambescia