mercoledì 10 gennaio 2018

 Campagna elettorale  2018
E  tu di che statalismo sei?






Non ne usciremo più. Il punto non è come  investire "bene" i soldi pubblici , come sostengono tutti i partiti in quella che si sta presentando come una delle campagne elettorali più disgraziate  della storia repubblicana.  E allora qual è il punto, si chiederà  il lettore? Non investirli affatto. Ci spieghiamo.
Innanzitutto,  che gli investimenti pubblici, se possono avere un senso storico  nel momento di passaggio da una economia tradizionale a un’economia di mercato, nelle fasi successive servono solo ad appesantire  il bilancio dello stato e cosa più grave, nei paesi a tradizione paternalista come l’Italia,  a creare aspettative impossibili da realizzare. Insistere sugli investimenti pubblici  in un’economia matura significa solo privilegiare  il paratissimo sociale.  Al contrario, andrebbero abbassate le tasse e favorite le privatizzazioni, costi quel che costi. 
Ma chi se la sente di dire agli elettori, ad esempio ai dipendenti  statali,  che rischiano di essere licenziati?  Oppure che il Welfare State  è sotto tiro?
Nessuno. Scoppierebbe la rivoluzione. E infatti,  per evitare questo, si promette tutto a tutti, per poi inevitabilmente scontentare tutti. Sicché si va avanti alla giornata, facendo  promesse da mercanti. Però   il benessere è diffuso,  gli stili di vita  non sono più quelli di sessanta-settant’anni fa:  il che fa ritenere erroneamente che siano state le politiche di interventismo pubblico, seppure costose, a cambiare  la vita degli italiani.
In realtà, la vita degli italiani è mutata grazie al gigantesco sviluppo economico degli anni Cinquanta, prodotto da un’economia privata uscita dall’autarchia.  Un'economia vivente, apertasi al mondo,  che nonostante le devastanti politiche di centrosinistra (anni Sessanta e Settanta),  ha  continuato  a crescere per tutti gli anni Ottanta e Novanta, per entrare in crisi  negli  anni Duemila , nel momento in cui sarebbe invece  servita  una  svolta liberale, puntando su bilanci in ordine e una moneta unica   come l’Euro.   
Si è capito tutto questo? Che è il mercato ad apportare  benessere e non le elemosine dello stato-padrone?  No.  Un solo esempio:  in una  campagna elettorale, all’insegna dello statalismo più sfrenato,  Renzi, Berlusconi, Di Maio, Grasso (che vuole pure abolire le tasse universitarie)  discutono di come introdurre il  reddito di cittadinanza, usando i nomi più diversi per definirlo.  Un provvedimento che se realizzato distruggerebbe l’economia italiana. 
Eppure di questo si parla. Che tristezza. Sì, non ne usciremo più.     


Carlo Gambescia