venerdì 19 gennaio 2018

Gene Gnocchi, Claretta Petacci e il fascismo immaginario

Esiste un immaginario, cioè un insieme di pregiudizi collettivi sulla realtà,  senza  un nemico da odiare?  Ovvero,  un immaginario privo di un capro espiatorio ? No. 
Nell’universo ideologico cristiano, e poi dell’Occidente, il pregiudizio  collettivo basico è costituito dal meccanismo  del peccato,  che designa  il capro espiatorio   nel Male, incarnato da Lucifero, rappresentato storicamente  nelle sue forme più disgustose e pericolose. Nel  Novecento, la società post-cristiana, quindi largamente secolarizzata, ma nelle venature inconsce ancora cristiana,  ha  sostituito a Lucifero il totalitarismo nazi-fascista e in subordine quello comunista.
Va sottolineato  che le radici sociali dell’immaginario cristiano, affondano nelle  persecuzioni romane, così come quelle   dell’immaginario novecentesco rinviano  alle persecuzioni poste in atto dai diversi totalitarismi. 
Che poi  l’antitotalitarismo novecentesco sia più sentito di quello antiromano è una questione di distanza storica: di regola,  per giungere a una ricomposizione e designazione di un nuovo capro espiatorio occorrono secoli e secoli. E qui rimandiamo  ai classici studi di Max Weber sui profondi rapporti tra etica, economia,  politica e  religioni storiche
Attenzione però, la nostra è una spiegazione sociologica, che non giustifica il male effettivo racchiuso nelle persecuzioni romane e totalitarie,  si limita a spiegarne radici ed effetti di ricaduta sull’immaginario. 
Sappiamo benissimo di essere partiti da lontano. E sospettiamo di aver giocato con la pazienza del lettore, che a causa del titolo, a questo punto,  riterrà  di essere vittima di un  inganno.  In realtà, se   non si riconduce  ogni evento dal micro al macro, dalla micro-sociologia alla  macro-sociologia, si rischia di fare solo confusione. 
Nell’immaginario di Gene Gnocchi, che in una delle sue satire  ha definito “scrofa”  Claretta Petacci, l’amante di Mussolini, il male è rappresentato dal totalitarismo fascista, in modo così naturale e spontaneo,  che il comico  neppure si è reso conto  dei contenuti  offensivi racchiusi  nel  suo dire.
Offensivi rispetto a  chi?  Al contro-immaginario fascista ( un tempo, il  pagano) che scorge, a sua volta,  nell’antifascista  (un tempo, il cristiano) il  nemico.  O detto altrimenti,  vi si  scorge  solo  ciò che si vuole vedere, in chiave pre-razionale.  Sicché,   i contenuti -   il fatto che la Petacci fosse o meno ciò che è al centro dello scontro tra gli opposti  immaginari -  non importano, sia dal punto di vista dell'agire collettivo, che al capire preferisce il credere,  sia da quello analitico, che punta al puro capire individuale dello studioso. Perché  ciò che conta, e che regolarmente prevale,  è la forma metapolitica dell’opposizione amico-nemico, come carattere distintivo di ogni immaginario collettivo.  Conta soltanto  la necessità  di attaccare, difendersi, contrattaccare con ogni mezzo lecito o meno.
Quindi soffermarsi sui contenuti, dal punto di vista analitico,  significa  confinarsi nell'ambito del contrasto di opinioni. Per dirla in termini alti, privilegiare la dòxa:  l'opinione al lògos scientifico.
Va però ammesso onestamente che il liberalismo, per metà antico (cristiano), per metà moderno (illuminista),  non dimentico  quindi  della ciclicità delle persecuzioni, da quella anticristiane  a quelle cristiane, ha tentato, in modo ammirevole e con sforzo  titanico, di erigere intorno all'immaginario un sistema di regole comportamentali, fondate sul rispetto reciproco,  per sublimare il nemico e attenuare l’intensità del conflitto in chiave procedurale. Purtroppo nel Novecento,  anche il liberalismo,  vistosi aggredito dai totalitarismi,  non ha potuto non riplasmare il suo immaginario collettivo in chiave  spiccatamente  antitotalitaria,  sfiorando talvolta la panpoliticità.  Ciò spiega, al di là del momentaneo clamore mediatico, la comune tolleranza delle battute di Gene Gnocchi,  frutto di una convergenza  iperpolitica  in nome dell’antifascismo.
Il che però spiega pure come sia difficile esercitare l’arte della tolleranza e del rispetto:  sia da parte di chi fa le battute, sia da parte di chi le critica, sia da parte, infine, di chi desideri introdurre tolleranza e rispetto nelle relazioni umane.
Purtroppo,  esiste negli uomini   - ecco la lezione cognitiva -   un riflesso carnivoro, in chiave collettiva,  pre-razionale,  che necessita  di un nemico, e che sopravvive  allo scorrere dei secoli e dell'incivilimento.  Nel bene come nel male.  E dunque, ripetiamo,  a prescindere dai meriti o demeriti morali di Claretta Petacci. 

Carlo Gambescia                     

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