venerdì 12 gennaio 2018

Luigi Di Maio e la morte del congiuntivo 
 Il Sessantotto: quelli del“volessimo tutto”


La notizia del giorno sembra essere quella del congiuntivo sbagliato dell’ onorevole Di Maio. E non sarebbe la prima volta.  Il passo incriminato è:  “ Ho sempre detto che noi volessimo fare un referendum  sull’euro”,  invece di avremmo voluto o meglio potuto eccetera, ecceteraIl leaderino miracolato dal grillismo  ha usato il congiuntivo imperfetto invece del condizionale passato. Diciamo un  errore di consecutio.  "Ho sempre detto  che  (se si fossero verificate le condizioni),  noi (di Cinque Stelle) avremmo potuto  fare un referendum sull'euro".  
Quel che però stupisce è che tra i giornalisti, tutti scopertisi  all'improvviso  accaniti  difensori della lingua italiana, nessuno abbia corretto "l'Onorevole",  indicando l’esatta formulazione della  frase. Ciò significa una sola cosa:  che Di Maio si esprime come capita, ma chi dovrebbe correggerlo, probabilmente,  ne sa meno di lui. 
In questi giorni  i mass media  celebrano il  1968, inneggiando alla "svolta anti-autoritaria" di cinquant’anni fa. Si assiste, un giorno sì l'altro pure,   alle rituali interviste dei reduci, oggi con i capelli grigi, che, alla stregua dei  granatieri di Napoleone, esaltano  la gloriosa battaglia di Valle Giulia.   In realtà, il ’68,  condusse la sua battaglia più importante contro  qualsiasi forma di meritocrazia. E in particolare contro lo studio della lingua e della grammatica  italiana,  definite come superate  e  utili  solo  ai professori "fascisti" per bocciare.
Il congiuntivo la sua guerra la perse allora,  a causa di  una  generazione di professori laureatisi a Valle Giulia,  sul campo,  che, negli anni successivi, una volta in cattedra,  non sapendo un cazzo (pardon),   non  avrebbe insegnato un cazzo (aripardon) alle generazioni successive.
Di Maio e i suoi avversari, che ridono e  criticano sapendo  ancora meno di lui,  sono i nipotini del ’68:  quelli dell' "assalto al cielo"  e del “volessimo tutto”.


                                                                                                                             Carlo Gambescia