Populismo
Per una teoria pura
Definizione di populismo:
Concezione politica ultrademocratica che, integrando spirito e lettera, rivendica nel e al popolo la fonte e
l’esercizio diretto di qualsiasi potere. Il suo scopo è rimuovere o limitare attraverso la democrazia diretta, qualsiasi distinzione e/o mediazione tra governanti e governati.
Aree di studio:
Il populismo può essere studiato:
a) dal punto di vista della
storia delle idee politiche, quindi delle
teorizzazioni, e conseguenti genealogie culturali.
b) dal punto di vista degli
effettivi comportamenti collettivi, quindi sul piano politico e
sociologico.
c) dal punto di vista della sue
manifestazioni psicologiche, quale forma di mentalità collettiva (psicologia
sociale) che influisce, condiziona,
determina i comportamenti pubblici.
d) dal punto di vista delle
derivazioni in senso paretiano, quindi delle giustificazioni ideologiche di
una certa prassi politica.
Argomentazione dei punti a), b), c), d):
Il populismo:
- dal punto di vista a) può
essere ricondotto nell’alveo storico, da un lato delle teorizzazioni della
democrazia diretta, dall’altro delle
critiche rivolte alla democrazia rappresentativa da sinistra (teoria ultrademocratica) e da destra (teoria antidemocratica). Nel senso
che la critica della democrazia rappresentativa è comune - partendo canonicamente
dal 1789 - sia alla tradizione rivoluzionaria che antirivoluzionaria; tradizioni che però si dividono in merito al giudizio complessivo sulla democrazia. Sotto tale aspetto
esistono due populismi: uno di sinistra e uno destra. Diciamo che quello di sinistra è consequenziale, per quanto riguarda
l’argomentazione politica, rispetto alle
idee ultrademocratiche che propugna, mentre quello di destra, usa le idee democratiche, come una specie di Cavallo di Troia, per
penetrare nella cittadella democratica e distruggere sia la democrazia diretta
che quella rappresentativa. Il che significa che esiste un’area grigia sociale
e politica, iniziale per così dire,
nella quale i due populismi si toccano, uniti nella comune critica alla
democrazia rappresentativa.
- dal punto di vista b) occorre
giungere a una classificazione di tutte
le forme di azione sociale e politica
che rinviano al rifiuto della mediazione
politica e sociale in nome del purismo ultrademocratico, secondo una scala capace di valutare le diverse forme di exit,
distinguendo tra fisiologiche proteste anti-establishment e patologiche manifestazione anti-sistema. Ad esempio, un movimento populista che si
trasformi in partito, partecipando alle
elezioni e alla vita parlamentare, inevitabilmente tenderà a frazionarsi,
secondo scale interne, in impuri (anti-establishment) e puri (anti-sistema). Per contro, rifiutando, ogni contatto
con l’establishment e/o con il sistema,
un movimento populista rischia di
guadagnare in purezza quel che perde in consensi e di trasformarsi in forma-setta. In
qualche misura, se ci consente la metafora, i tratti politici e sociologici di un
movimento populista, man mano che esso trascorre dallo stato gassoso a quello
solido, divengono meno populisti in senso anti-sistemico, per acquisire caratteristiche
anti-establishment, via via però sempre
più generiche.
- dal punto di vista c) esistono difficoltà di
studio oggettive. Perché, le forme di mentalità collettiva, di un fenomeno
politico allo stato gassoso sono
difficilmente afferrabili perché sono pure reazioni contrarie, a livello di
stato d’animo, secondo una scala che va
dalla sofferenza al rifiuto. E anche qui
si può registrare una convergenza, al livello di area grigia, pre-politica, tra
soggetti che, per così dire, nella loro vita vigile, razionale, potrebbero
esprimere preferenze politiche opposte. Si
pensi a un atteggiamento (quindi pre-comportamentale)
come il rifiuto istintivo dell’arroganza. Come concettualizzarlo e misurarlo? Perciò si può parlare di
mentalità populista (e del suo studio) solo abbracciandola nel suo divenire (il che è
difficilissimo) lungo il passaggio
che va dal movimento all’istituzione: dallo stato gassoso a quello
solido, quando ovviamente avviene. Inoltre, i comportamenti collettivi, a differenza degli atteggiamenti, risentono
della struttura istituzionale, da cui dipendono - nel caso la
forma-partito-populista - in cui si
ripropone la scissione tra puri e
impuri, anche sul piano delle mentalità. Di qui la necessità, di determinare, anche
a tale livello, le differenze tra mentalità
populista anti-establishment e
anti-sistema. Ad esempio il rifiuto dell’arroganza, nel populista, per così dire, allo stato gassoso,
può implicare il rifiuto epidermico di qualsiasi autorità ( populismo anti-sistemico)
o solo dell’autorità in quel momento costituita (populismo anti-establishment),
in quello allo stato solido, pur permanendo tale dicotomia poiché, in qualche misura, il populista, proprio per mentalità ormai, appartiene all’universo delle autorità-istituzioni, tenderà a prevalere la tesi del ricambio dell' establishment e non quella del rifiuto del sistema.
- dal punto di vista d), delle
giustificazioni ideologiche, il populismo
è uno strumento politico: nessuna forza politica moderna (a far tempo almeno dal
1789) ha mai rinunciato all’appello al
popolo sovrano, ufficialmente perché detentore della legittimità delle
istituzioni, ufficiosamente, per mantenere il proprio potere con il consenso
del popolo. Ovviamente, secondo una scala di priorità, distinzioni, attenuazioni legate alle tradizioni politiche (liberali, democratiche,
socialiste, comuniste, anarchiche, confessionali). Sotto questo aspetto però il populismo, sia allo stato gassoso (perché
prende slancio da uno stato d’animo) sia solido (perché necessità, se vuole crescere
di una forma-partito), rivendica la sua
estraneità rispetto alle altre tradizioni, presentandosi come “la tradizione”
stessa della democrazia. In qualche modo esso conduce alle ultime conseguenze, mescolando
insieme ideali ( la democrazia) e interessi ( conquista e conservazione del potere)
la teoria democratica della sovranità popolare. Dicotomia che però tenderà, come abbiamo
accennato, a riproporsi nuovamente all’ interno della forma-partito populista nel conflitto tra puri e
impuri.
Conclusioni
Parliamo di una dicotomia che in
fondo rinvia, non solo alle contraddizioni interne al
democrazia moderna tra premesse ideali ed esiti reali, ma alla stessa condizione delle organizzazioni politiche umane, che inevitabilmente, come insegna la buona scienza
politica, non possono non dividersi in governanti (pochi) e
governati (molti). E la mancata comprensione
(e accettazione) di questa costante della politica, da parte non solo del
populismo ma di tutte le forze politiche ultrademocratiche, determina, al tempo stesso, la loro pericolosità
e debolezza.
Carlo Gambescia
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