Il Senato dice sì al ddl Boschi sulla riforma costituzionale
È la democrazia bellezza…
Vogliamo evitare di inseguire e magari chiosare a colpi di slogan il folclore parlamentare? Che,
per carità, tratteggia intorno all’attività
di deputati e senatori quell’alone romantico di drammatizzazione che fa tanto “Padri
della Patria”… Certo, non si vive di solo
pane. E il teatro è sempre il teatro... Senza, però, esagerare nella ricerca degli applausi. Quindi proviamo a ragionare.
Ora,
a proposito del disegno di legge sulla riforma costituzionale, passato ieri al Senato, possono essere dati, dal punto
di vista dei controlli democratici, due tipi di giudizi: sui contenuti e sull’iter
I
contenuti vanno a semplificare, almeno sulla carta, il cammino delle leggi,
che, con una sola Camera, sarà più snello. Su questo, come si dice, non ci
piove. Inoltre, sulla natura democratica del
monocameralismo, adottato in Danimarca, Finlandia, Grecia,Israele, Lussemburgo,
Nuova Zelanda, Portogallo, Svezia, Turchia, esiste un’ampia letteratura scientifica alla
quale rinviamo i lettori (si veda, in primis, Giovanni Sartori, Ingegneria
costituzionale comparata, il Mulino, pp. 197-203).
Non
piace il monocameralismo? Perfetto. Per nostra fortuna siamo in democrazia, e si
può ancora cambiare. E qui veniamo all’iter conclusivo di approvazione del ddl, che prevede il referendum confermativo, che si
terrà quasi sicuramente visto l'improbabile conseguimento in seconda lettura del quorum dei due terzi. Inoltre,
cosa importante, ai fini del voto referendario,
conterà non la maggioranza degli iscritti ma dei votanti. E qui, crediamo sia sufficiente ricordare la triste fine della riforma costituzionale del centrodestra
bocciata nel 2006 dagli elettori. Di più, un bel paletto, introdotto dalla Riforma stessa sulle leggi che regolano l'elezione dei parlamentari, il testo approvato al Senato prevede un giudizio di legittimità da parte della
Corte Costituzionale su ricorso motivato di almeno un quarto dei componenti della Camera o almeno un terzo dei componenti del nuovo Senato entro
10 giorni dall’approvazione della norma. Dopo di che, la Consulta si pronuncerà entro 30 giorni: in caso di
dichiarazione di illegittimità la legge non sarà promulgata. Il che rimane plausibile, soprattutto se i giudici, a proposito del premio di maggioranza, dovessero applicare all’Italicum, imposto da
Renzi, gli stessi criteri usati per la
riforma elettorale Calderoli.
Insomma, viviamo in un Paese libero e
democratico. Qualcuno avvisi della cosa i Vittorio Gassman
pentastallati e i teatranti del postcomunismo. E del postfascismo.
Buona giornata tutti!
Carlo Gambescia
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