mercoledì 14 ottobre 2015

Il Senato dice sì  al ddl Boschi sulla riforma costituzionale
È la democrazia bellezza…


Vogliamo evitare di inseguire e  magari chiosare  a colpi di slogan  il  folclore parlamentare?  Che, per carità, tratteggia intorno  all’attività di deputati e senatori quell’alone romantico di drammatizzazione che fa tanto “Padri della Patria”…  Certo,  non si vive di solo pane.  E il teatro è sempre il teatro...  Senza, però, esagerare nella ricerca degli applausi.  Quindi proviamo a ragionare.
Ora,  a proposito del  disegno di legge sulla riforma  costituzionale, passato  ieri al Senato, possono essere dati, dal punto di vista dei controlli democratici, due tipi di giudizi: sui contenuti e  sull’iter
I contenuti vanno a semplificare, almeno sulla carta, il cammino delle leggi, che, con una sola Camera, sarà più snello. Su questo, come si dice, non ci piove.  Inoltre, sulla natura democratica  del monocameralismo, adottato in Danimarca, Finlandia, Grecia,Israele, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Portogallo, Svezia, Turchia,  esiste un’ampia letteratura scientifica alla quale rinviamo i lettori (si veda, in primis, Giovanni Sartori, Ingegneria costituzionale comparata, il Mulino, pp. 197-203).
Non piace  il monocameralismo? Perfetto.  Per nostra fortuna siamo in democrazia, e si può ancora cambiare. E qui veniamo all’iter conclusivo di approvazione del ddl,  che prevede il referendum confermativo, che si terrà quasi sicuramente visto l'improbabile conseguimento in  seconda lettura del quorum dei due terzi.  Inoltre, cosa importante, ai fini del voto referendario,  conterà non la maggioranza degli iscritti ma dei votanti. E qui,  crediamo sia sufficiente  ricordare la triste fine  della riforma costituzionale del centrodestra bocciata nel 2006 dagli elettori.  Di più,  un bel  paletto, introdotto dalla Riforma  stessa sulle leggi che regolano l'elezione dei parlamentariil testo approvato al Senato  prevede  un giudizio di legittimità da parte della Corte Costituzionale su ricorso  motivato di almeno un quarto dei componenti della Camera o almeno un terzo dei componenti del nuovo Senato entro 10 giorni dall’approvazione della norma.  Dopo di che, la Consulta si pronuncerà entro 30 giorni: in caso di dichiarazione di illegittimità la legge non sarà promulgata.  Il che rimane plausibile, soprattutto  se i giudici, a proposito del premio di maggioranza,  dovessero applicare all’Italicum, imposto da Renzi,  gli stessi criteri usati per la riforma  elettorale Calderoli.  
Insomma, viviamo in un Paese libero e democratico.  Qualcuno avvisi della cosa  i Vittorio Gassman pentastallati  e i teatranti del postcomunismo. E del postfascismo.
Buona giornata tutti!


  Carlo Gambescia 


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